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Beautiful Monster
Capitolo 1
In all my life, and the hereafter,
I’ve never seen someone like you
You’re a knife, sharp and deadly,
and its me, that you cut into
But I don’t mind, in fact I like it,
though I’m terrified,
I’m turned on but scared of you[Ne-yo – Beautiful Monster]
Si erano conosciuti ai tempi del liceo, lui era il secchione e lei la timida che se sta sempre da sola. Non avevano mai parlato più del dovuto, entrambi emarginati dal resto dei compagni di scuola, complice anche il fatto che erano in classi diverse, ma non si odiavano, semplicemente erano indifferenti l’un l’altro.
Dopo la scuola si erano persi di vista; lei era partita con i genitori per il nord e vi si era trasferita, lui era andato all’università di medicina e si era laureato col massimo dei voti, ma nel mondo del lavoro non era stato così fortunato: durante il giorno era commesso in un supermercato, la sera lavorava saltuariamente in un night come cameriere. E fu proprio in una di quelle sere che la rivide.
Lui era notevolmente cambiato, più maturo d’aspetto anche i suoi occhiali gli conferivano un’aria da uomo sicuro di sé, invece di quella da sfigato che mostrava da adolescente. I capelli gli si erano allungati e a lui piacevano così, mettevano in risalto il loro particolare colore anche se in quel locale si notava a malapena. Ma era lei quella che aveva avuto un cambiamento più evidente: i capelli corvini le arrivavano sotto al sedere, lisci come seta, la pelle ambrata era arrossata sulle gote da un leggero filo di trucco e gli occhi rendevano il suo sguardo profondo senza bisogno di trucchetti. Era impossibile non guardare quegli occhi senza chiedersi quale fosse il segreto che nascondevano.
Era talmente diversa che non la riconobbe subito. Aveva l’aria di chi era in viaggio da un po’ di tempo o meglio, lo si intuiva dal borsone che aveva con sé dato che non aveva addosso la stanchezza tipica di un viaggio. Entrò con passo leggero, accompagnata dallo scricchiolio di suole bagnate, e andò a sedersi al bancone.
― Serata tranquilla stasera. ― frase banale per rompere il ghiaccio, ma sembrava aver sortito il suo effetto, perchè lei alzò il suo sguardo dal bancone.
― L’avresti preferita più movimentata? ― e così lei sembrava aver accettato il gioco che lui aveva iniziato.
― No, affatto. In queste serate così è più facile servire al meglio tutti i clienti. E a questo proposito, cosa ti porto? ―
― Un caffè… lungo, per favore. ―
Lui si allontanò dal bancone per rispondere alla richiesta di lei. Il rumore della macchinetta del caffè fu attutito dalla musica di sottofondo del locale. Dopo poco la bevanda scura fu servita alla ragazza in un bicchierino di vetro trasparente.
― Grazie. ― rispose lei. Poi prese una bustina di zucchero dalla ciotola che le conteneva, ne versò il contenuto del caffè e lo mescolò con un cucchiaino.
― Sei nuova in città? ―
― Non proprio ― rispose lei ― sono appena tornata. Abitavo qui da piccola. ―
― Ah, davvero? ―
― Sì, sono stata via vari anni ma ho deciso di tornare. Sono molto affezionata questo posto. ―
― Sono scortese se chiedo il tuo nome? ―
― Un po’, ma non fa niente. ― sorrise ― Mi chiamo Vissia. ―
― Vissia… ― ripeté lui ― ma non sarai mica la stessa Vissia della C del liceo Ferranti? Sono io, Matteo… Matteo Serrani. ―
― Matteo… ― la ragazza cercò nei suoi ricordi il nome che lui le aveva dato.
― Ero due classi avanti a te, ricordi? ―
― Ah, sì. Ora mi ricordo di te. Certo che ne sono passati di anni, non ti avevo riconosciuto. ―
― Senti chi parla, ― rispose lui ― tu sei completamente diversa dalla ragazzina che eri alle superiori. Ma quanto tempo… ― aggiunse poi ― cosa mi racconti di bello? ―
A quelle parole Vissia si rabbuiò, persa in pensieri che solo lei sapeva. Matteo si accorse del cambio di umore della ragazza, così aggiunse:
― Io mi sono laureato, ma come puoi vedere da sola non sono riuscito a trovare un gran bel posto di lavoro. Non che mi lamenti, sia chiaro, ma con un 110 e lode in medicina devi ammettere che è naturale aspirare a qualcosa di più. ―
Il resto della serata trascorse così, ricordando con nostalgia i vecchi tempi della scuola. Vissia faceva un sacco di domande sugli ex-compagni e Matteo rispondeva come meglio poteva. Solo pochi rari clienti che entravano interrompevano la loro conversazione e in un lampo fu l’ora della chiusura.
― Grazie per la bella serata. ― disse lei con un sorriso.
― E di cosa? E’ stato bello ricordare quei tempi così spensierati. ― poi d’un tratto realizzò ― Ma hai già un posto dove passare la notte? ―
Lei storse la bocca:
― A dire il vero, no… pensavo di restare in macchina e domattina cercare un posto dove vivere. ―
― Ma che macchina, che dici? Se vuoi ti posso ospitare per questa notte, casa mia è grande. ― poi mettendosi una mano sul cuore a mò di giuramento, aggiunse ― Prometto che farò il bravo e non ti salterò addosso. ― e rise.
― Ma la tua ragazza non sarà gelosa? ― rispose lei.
― Vivo da solo e per tua informazione sono single. ― e rise di nuovo, stavolta accompagnato da lei.
― Daccordo… grazie mille dell’invito. ―
Mentre Matteo riceveva la paga della serata, Vissia lo aspettò fuori, appoggiata alla propria auto. L’ora era tarda, di certo non il momento ideale per una ragazza aggirarsi da sola in quel posto. La sua aria da “nuova in città” attirò l’attenzione di un gruppo di brutti ceffi.
― Ehi tu, bambolina. Che ne diresti di venire a fare un giro con noi? ―
Dal loro passo si intuiva che erano ubriachi.
― Che hai, sei sorda? ― fece il secondo. Vissia continuò a ignorarli, o almeno così sembrava a prima vista: le sue unghie iniziarono lentamente ad allungarsi e a scurirsi. L’ultimo dei tre fece l’errore di alzarle il viso per guardarla in faccia, ma subito si ritrasse impaurito. Il nero delle iridi si era propagato al resto dell’occhio e iniziava a invadere la sua rosea pelle, così come anche mani e piedi.
― Vi consiglio di andarvene. ― rispose lei con voce roca. Ma i tre non ebbero nemmeno il tempo di muovere un passo, che un’ombra scura fu su di loro e li fece a pezzi in meno di un secondo.
Vissia si rialzò in piedi dalla sua posizione accovacciata, i vestiti macchiati di sangue così come il vicolo dove giacevano resti umani irriconoscibili.
Non avrei dovuto farlo. pensò. Poi giunse le mani a mò di preghiera e pronunciando parole incomprensibili di una lingua sconosciuta, il vicolo e la sua persona tornarono intatte. Matteo uscì in quel momento.
― Allora, andiamo? ―
― Certo. ― rispose lei con un sorriso. Aveva già accantonato quello che era successo.
― Casa mia non è lontana, vengo sempre al lavoro a piedi. ―
― Sì, però adesso sali. Questa è la mia auto. ― e prese posto alla guida aspettando che il ragazzo entrasse. Poi inserì la chiave e con un rombo sordo partirono verso la loro meta.
She’s a monster, beautiful monster,
beautiful monster, but I don’t mind
And I need her, said I need her,
beautiful monster, but I don’t mind[Ne-yo – Beautiful Monster]
Ancora nessuna risposta. Inizi tu?
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