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  • Cicatrice ( 4a storia della saga Cicatrice)- parte 2

    Posted by Anonymous on Aprile 16, 2016 at 8:49 am

    Capitolo 3

    LO SMISTAMENTO

    Nei giorni seguenti Hermione provvide a raccontare al resto del gruppo i sospetto di Harry su Silente. Tutti ovviamente presero la faccenda seriamente, ma nessuno riuscì a parlare con Harry di argomenti che non riguardassero le pulizie di casa.
    Persino Harry era talmente preoccupato per Tonks e Remus che trovò ancora una volta rincuorante l'idea di lavorare, fino a che questi non si presentarono l'ultimo venerdì pomeriggio prima della partenza.
    La prima cosa che notarono tutti era che Tonks era stata ferita a un fianco.
    “Siamo stati sorpresi” spiegò Remus, mentre la ragazza veniva trasferita nel soggiorno.
    Harry stava per andare dietro a Luna e Ginny, quando Remus gli fece segno di restare; frugò nella tasca dei pantaloni, e ne estrasse il mantello dell'invisibilità.
    “Credo che questo sia tuo” disse, mentre gli tendeva l'effetto. “E anche….”
    Gli mostrò l'astuccio per pozioni che Harry aveva visto con la professoressa Cooman, e il ragazzo non poté fare a meno di provare una stretta al cuore.
    Remus sembrava aver intuito i suoi sentimenti, perché lo guardò pieno di compassione.
    “Mi dispiace. Lei…”
    “Dove l'hai trovata?” chiese Harry brusco, con gli occhi fissi sull'oggetto.
    Remus esitò.
    “In una fossa accanto al lago. Le sirene l'hanno trascinata con loro, ma ci hanno lasciato questo, prima che….” E rivolse uno sguardo vago al salotto, chiaramente riferendosi alle condizioni di Tonks.
    “Capisco…Beh, grazie” disse Harry, mentre un misto di emozioni minacciavano di scoppiare dentro di lui. Lasciò Remus nell'ingresso e corse su per le scale, tirando un respiro di sollievo quando chiuse la porta nella camera che condivideva con Frank, John e Richard.
    La prima cosa che notò furono le sei fiale, posizionate in fila sul comò che separava il suo letto da quello di Frank. Automaticamente, Harry sfiorò con il pollice l'astuccio che Remus gli aveva riportato. Per evitare di scoppiare a piangere, decise di ficcare tutte le boccette nelle rispettive fessure, e in seguito lo chiuse con il filo di pelle.
    Proprio nel momento in cui arrotolava lo spago attorno all'astuccio, avvertì che delle sottili lacrime gli scivolavano incontrollate e calde lungo il viso magro. Cercò di ignorarle, anche se era quasi impossibile; mentre si lasciava sedere sul letto, non riusciva a scacciare i pensieri e i ricordi della Cooman, con cui non avrebbe mai potuto saldare il suo debito.
    Era talmente perso nei ricordi, che sussultò quando Louise s'affacciò dentro.
    “Allora sei qui! Ti stavamo cercando tutti….ma tu….” fece, come notò che Harry cercava d'asciugarsi inutilmente gli occhi. Senza dire una parola, si avvicinò e si sedette accanto a lui. Tra i due regnò un lungo silenzio, e poi Harry poggiò il capo sulla sua spalla, e non gli importò più nulla di chi fosse lì con lui, l'unica cosa che contava era che qualcuno lo confortasse.

    I giorni succcessivii furono piuttosto cupi; la notizia della morte della Cooman aveva toccato tutti e gli inquilini del numero dodici di Grimmauld Place sembravano aver preso la piega di Harry, ovvero quella di soffocare i loro dolori nelle pulizie. Harry notò comunque come i visi di Ginny e Ron si oscurassero nel momento in cui credevano di non essere visti, e Hermione si faceva sorprendere più volte da Harry sull'orlo delle lacrime.
    Luna era quella più serena.
    “Io so dov'è” confessò a Harry un mercoledì, mentre riordinavano i mobili in una delle stanze al primo piano “in un posto segreto nel cielo, oh sì, magari nascosta dietro qualche nuvola! Sono sicura che ci sta guardando e proteggendo, lassù, con i genitori di Neville. Secondo papà, quando le anime diventano stelle, non ci lasciano mai più”. Tutte le volte che glielo sentiva dire dentro di lui si rifaceva vivo quel senso di rimorso che indicava il grosso debito che avrebbe sempre avuto con la Cooman.
    Il giorno prima di partire, Harry e gli altri ragazzi tornarono nelle loro camere per rimettere in ordine i loro effetti dentro le valigie.
    “Secondo me dovresti berle” commentò Frank distrattamente, accorgendosi delle occhiate fugaci che l'amico mandava all'astuccio di pozioni mentre poneva fuori dalla valigia il suo mantello da viaggio e lo sostituiva con una camicia.
    “Non mi va” rispose secco Harry, mentre poneva la valigia aperta a terra e si sedeva sul letto, osservando Frank nei suoi movimenti aggraziati.
    “Lo so che non ti va” rispose quest'ultimo. “Ma Silente ti ha dato un compito, un compito che potrebbe salvarci tutti”.
    Harry scoccò un'altra occhiataccia all'astuccio marrone accanto a lui. “Ho passato le pene dell'inferno bevendo la prima della serie, tutto l'anno scorso. Ho detto persino a Louise che non esiste…”
    “Sì, ma quello era l'effetto della pozione, giusto? E poi, in quella realtà…insomma, noi davvero non esistiamo, o sbaglio?”
    “Già” convenne Harry, “e i miei genitori, sono….”
    Si bloccò; non aveva mai considerato la prospettiva di essere orfano, ed era davvero orribile.
    “Beh, se le cose stanno così mi domando dove possa essere mio padre” scrollò le spalle Frank “magari rinchiuso ad Azkaban, o qualcosa del genere…Perché è stato un Mangiamorte, ci credi?”
    La sua era solo una battuta, ma Harry rimase di sasso; qualcosa gli diceva che c'era andato molto vicino.
    “Può darsi” rise, deviando quei pensieri. “Ma sono anche svenuto, mi sentivo sempre male, sparavo cavolate senza controllo….insomma, credo che…”
    “Hai paura?” lo interruppe Frank, guardandolo per la prima volta e lui sostenne lo sguardo.
    “Credo di sì” ammise.

    “Frank ha ragione, Harry!” lo incitò severa Hermione. “Potrebbe essere fondamentale assumere le fiale! Anticipare il nemico! Impedire che la spia, chiunque sia, faccia quello che deve fare!”
    Nel salotto regnava il silenzio, ed era appena l'alba del giorno della partenza. Harry e Hermione erano gli unici a essersi svegliati così presto, lui perché perseguitato dagli incubi; riviveva continuamente la scena di Voldemort nella Sala Grande, che poi si trasformava in Piton e si duplicava in mille Mangiamorte che lo uccidevano.
    “Lo so, Hermione” convenne, mentre lei lo studiava con la fronte aggrottata e le labbra sottili.
    “E' difficile, credimi, io…” provò a dire la compagna, allungando una mano sulla sua, ma Harry la rifiutò.
    “Certo. Sempre le solite parole, Hermione. Quando è che ti renderai veramente conto di come mi sento?”
    “Io lo so come ti senti….” Provò a dire Hermione.
    “No che non lo sai. Nessuno lo sa. Neanche Silente, anche se ormai sono più che sicuro che mi legga nella mente….” Ribatté Harry, frustrato.
    Hermione tirò un sospiro. ” Immagino che ormai tu sia certo di questo, anche se secondo me Silente fa uso di una grande intuizione….resta il fatto che ti chiedono tanto, è vero. Lui ti chiede tanto. Ma tu ha anche detto di bere quelle boccette solo quando sarai pronto…”
    “Beh, non mi sentirò mai pronto! Quindi per quanto mi riguarda può anche riprendersele! Io…io non ci faccio niente!” sbraitò Harry, prima che Hermione si avvicinasse in modo un po' più intimo a lui.
    “Adesso calmati”.
    Harry la squadrò, poi si alzò e decise di tornare in camera sua e, stesosi con decisione sul letto, fissò il soffitto, finché non si riaddormentò.
    A mattino inoltrato, i ragazzi scesero giù nell'ingresso con i loro bagagli, diretti in corridoio.
    Ancora una volta, Remus prese Harry per Smaterializzarsi con lui, insieme a Luna.
    Dopo aver avvertito di nuovo quella fastidiosa sensazione di restringimento, Harry si ritrovò in un luogo che odorava di fresco, umido ed era molto piacevole; quando aprì gli occhi capì d essere in mezzo a un bosco.
    “Benvenuti nel cuore della Foresta Nera, ragazzi!” disse allegro James, che sottobraccio portava Hermione e Ron.
    “Venite” li esortò Remus e, precedendoli, lui e Thomas li guidarono addentrandosi sempre più nella Foresta, fino a giungere a una piccola tenda ridotta parecchio male.
    Hermione rivolse a Harry un'occhiata dubbiosa, e accostandosi gli mormorò:
    “Perché, se ci sono tutte quelle persone da nascondere, la tenda è così piccola?”
    Il ragazzo non le rispose, piuttosto continuarono a camminare, fino a che non giunsero tutti davanti alla soglia, dal cui interno proveniva un fitto mormorio di voci e di fracasso e un odorino niente male di colazione.
    A quel punto James si voltò verso di loro, esaminandoli uno per uno.
    “Bene, credo che dovremmo entrare una coppia alla volta. Sapete, non vorrei che risultassimo troppo…indiscreti.”
    Harry non sapeva cosa volesse intendere con indiscreti, poiché da quello che era riuscito a capire all'interno non v'era nulla di tutto ciò, ma seguì comunque i gemelli Weasley con Hermione senza commentare.
    “Ah, unica cosa” si ricordò all'ultimo suo padre, “attenti allo scal…”
    Troppo tardi. Harry era inciampato sui cinque gradini che portavano al centro della sala, così avevano fatto Ron e Hermione dietro di lui.
    Quando si rimise in piedi, piuttosto imbarazzato, vide però che, a parte qualche testa, nessuno aveva fatto troppo caso al piccolo incidente suo e dei suoi amici.
    Notò solo allora quanto fosse grande e ampio l'interno la tenda; aveva l'aria di un centro per rifugiati, e il forte odore di bacon e uova strapazzate aleggiava in maniera ancora più persistente di quanto si avvertisse al di fuori.
    Al centro della grande stanza, dominavano cinque lunghi tavoli dove erano seduti molti degli studenti sopravvissuti; l'idea non era dissimile da quella della Sala Grande. Proprio davanti a essi, esattamente alla sinistra di Harry, erano stati posti in fila diciotto calderoni che emanavano ognuno un vapore di colore diverso; da una parte all'altra dell'ambiente Harry scorse quattro stanze, i due dormitori per ragazzi e ragazze, un bagno piuttosto squallido e la cucina.
    Hermione si avvicinò a lui e le loro mani si sfiorarono.
    “Harry…Sono….tutti loro?”
    “Credo di sì” constatò lui, rivolgendosi agli studenti di Hogwarts, contandone un'ottantina. Nessuno aveva un bell'aspetto; avevano i capelli unti, il viso sporco e le divise della scuola logore. Qualcuno aveva ancora il cappello sul capo, sempre rovinato nonostante i riaggiustamenti malriusciti, e lo indossava coraggiosamente.
    Remus arrivò presso Harry e Hermione e mise loro una mano sulla spalla.
    “Ragazzi, che fate ancora in piedi? Andate a sedervi, forza!”
    I due si unirono a Louise, Ron, Frank e John nei pochi posti tenuti liberi dai gemelli e Richard.
    “Harry! Ron! Ragazzi!”
    Uno studente si sporse dall'altra parte del tavolo; era Dean Thomas, che come li vide si precipitò verso di loro, facendosi spazio fra un ragazzo e l'altro con euforia, tanto che uno di loro sbraitò e cadde a terra.
    “Stai attento, Thomas, o la prossima volta ti ritroverai da solo nella foresta e non saprai perché” inveì Malfoy minaccioso, emergendo dalla folla. Era quasi irriconoscibile; i capelli biondo quasi bianco erano più unti che mai, e quasi brillavano. I suoi occhi pallidi venivano evidenziati dal viso sporco e lanciavano fiamme, mentre la mano si stringeva sulla bacchetta.
    Dean non si scompose. “Oh sì certo, Malfoy, proprio come l'ultima volta. Ormai le sto contando tutte, sai? Ne inventi sempre una… Mi hai minacciato che mi avresti ridotto in poltiglia quando non ti ho dato la mia porzione di minestra, che avresti rubato il dentifricio a Melanie perché ti abbiamo mandato a raccogliere la legna, che avresti creato la fossa per Colin solo perché si era lamentato con la McGrannitt dei tuoi vermi dentro il suo zaino, che ti saresti vendicato evocando gli spiriti del bosco se ti avessimo mai chiesto di pulire i tavoli con gli altri…Ma per il momento, non sei riuscito a fare nessuna di queste cose”.
    E detto ciò si sedette accanto a Ron.
    Ma Harry aveva visto quello che Malfoy stava facendo; irrigidito in un'espressione offesa, aveva sguainato la bacchetta e stava attaccando vigliaccamente Dean alle spalle, quando qualche compagna seduta al tavolo dietro di lui, che Harry non conosceva, si voltò e, spintonando l'amico accanto a lei, mormorò un incantesimo in modo impercettibile con un velocissimo movimento di bacchetta, facendo fare una capriola all'indietro a Malfoy in modo che finisse seduto sul pavimento, la bacchetta che sfuggiva alla presa e volava via dalle mani, poco distante.
    Tutti coloro che avevano assistito alla scena si misero a ridere; così fece il gruppo, e Harry si unì a loro.
    Malfoy, rimessosi in piedi, si stirò la veste logora e, ripresa la bacchetta, profondamente offeso s'allontanò al tavolo più lontano, da solo.
    “Perché è qui? Non dovrebbe trovarsi con i suoi amichetti Mangiamorte?” chiese Ron rabbuiato, rivolto a Dean.
    Questo fece spallucce. “Non lo so con certezza; dicono che sia stato Silente a volerlo trattenere qui, quando l'hanno trovato con gli altri”.
    Harry sentì una fitta al cuore a sentire pronunciare quel nome….Silente….che cosa voleva da Malfoy?
    “Evidentemente i suoi genitori pensavano che corresse un pericolo maggiore se l'avessero tenuto con loro” osservò Fred ragionevole.
    “Probabilmente è così” convenne Neville guardando con gli occhi a fessura il punto dove Malfoy si era accomodato “anche se mi chiedo perché Silente l'abbia voluto con voi.”
    “Nessuno lo sa ” rispose subito Dean, con le sopracciglia aggrottate “ma da quando non ha i suoi amici con lui, non è una così gran minaccia”.
    “Già dove sono finiti i suoi gorilla a due ante?” chiese Frank, allungando il collo per guardare gli studenti degli altri tavoli.
    “Tiger è morto” rispose Dean, secco. “E Goyle è scomparso. Non si sa dove sia finito. Si pensa che suo padre lo abbia salvato durante tutta quella gran confusione al castello…se è a casa sua, non corre un gran pericolo, visto che da temere sono i Mangiamorte, giusto?”
    “Sicuramente per un cervello di gallina come il suo è sicuramente meglio” rispose un ragazzo due posti più in là. Era particolarmente maturo e muscoloso, ed era seduto accanto a una ragazza nera. Aveva un'aria familiare….
    “Oliver!” esclamarono Harry, Fred e George all'unisono. “E c'è anche Angelina!”
    Oliver e Angelina rivolsero loro un breve sorriso.
    “Spero proprio che non ci coinvolgerai ancora nei tuoi schemi di gioco, eh Oliver?” scherzò lugubre George, prima di sorseggiare un calice pieno di succo di zucca davanti a lui.
    Una luce malinconica attraversò gli occhi del loro capitano della squadra di Grifondoro.
    “Non credo che ce ne sarà la possibilità, al momento. Siamo piuttosto nei guai”.
    “Come sei finito qui?” chiese Harry impulsivamente.
    “Quando i Mangiamorte hanno attaccato Hogwarts, la professoressa McGrannitt ha radunato tutti gli studenti che erano abbastanza forti per combattere, facendo passare i restanti per una scorciatoia a Hogsmeade….che è andata distrutta durante la battaglia, un grande svantaggio, sbucava alla Testa di Porco. Per ciò molti hanno tentato di nascondersi nel castello, ma sono stati trovati e uccisi” continuò a spiegare Oliver con un nodo alla gola, ” anche molti di quelli che combattevano hanno fatto una brutta fine. Quando tutto sembrava perduto, il professor Piton ha radunato i sopravvissuti ed è riuscito a farci passare attraverso un quadro nella sala comune di Serpeverde, che a quanto pare portava proprio fuori il castello…ed eccoci qua”.
    “Immagino che Malfoy abbia combattuto tutto il tempo” bisbigliò Frank a Harry sarcasticamente.
    Harry però fissava Malfoy in modo sospetto; il ragazzo sorseggiava il suo calice con espressione scura sul volto, guardando in cagnesco chiunque gli si avvicinasse.
    Hermione seguì il suo sguardo, poi si rivolse a Harry con le labbra talmente serrate da formare un' unica linea sottile. “Lo so quello che stai pensando, Harry” gli mormorò frettolosamente, cercando di non farsi sentire dagli altri, “ma non può essere lui, sarebbe semplicemente stupido….”
    “Buongiorno a tutti voi!” esordì Silente, con la voce amplificata dalla bacchetta puntata alla gola; Harry preferì guardare la McGrannitt, dall'aria triste e logora, e suo padre, e Remus, piuttosto che provare quel fastidio che nasceva tutte le volte che i suoi occhi s'incontravano con il preside.
    “Finalmente tutti i sopravvissuti si sono riuniti e il gran giorno è arrivato; sarete collocati nelle diciotto scuole che vi proteggeranno fino a che la situazione non si sistemerà! Ora, direi di non perdere tempo: gli accompagnatori si facciano avanti!”
    Remus, James, Tonks, Kingsley, Malocchio Moody, Arthur Weasley, il mago con il solito cappellino a punta che Harry aveva scoperto si chiamava Dedalus Lux, seguito da Hestia Jones, l'altra strega che si era preoccupata per Luna a casa sua, Emmeline Vance, che non era una tipa particolarmente sveglia, Bill, il secondogenito dei figli Weasley e fratello maggiore dei gemelli e di Ron, un certo Sturgis Podmore che aveva visto al Quartier Generale solo un paio di volte, e altri membri dell'Ordine che Harry non riconobbe si fecero avanti e si posero ciascuno accanto a ciascun calderone. Alla fine c'era solo un posto vuoto; l'ultimo, in fondo.
    Anche Silente sembrò notarlo, e guardò gli altri membri seriamente. Quelli parevano però confusi più di lui.
    “Bene…credo che ci siamo…” commentò il preside, sistemandosi gli occhiali a mezzaluna sul naso adunco.
    All'improvviso la tenda s'aprì, e nel silenzio agghiacciante, il professor Piton fece il suo ingresso fra i tavoli, il mantello nero che gli svolazzava attorno donandogli la solita aria da pipistrello. Sotto gli occhi di studenti e accompagnatori, Piton raggiunse il suo paiolo in silenzio.
    “Beh, almeno non deve sentirsi in imbarazzo” bisbigliò Fred a George, “i capelli unti vanno di moda in questo posto”.
    Harry dovette limitarsi a sghignazzare; non era facile trovare Piton simpatico, anche se lavorava per l'Ordine della Fenice.
    Silente si riprese.
    ” Metterò i vostri nomi in ciascun calderone” illustrò, presentando con un gesto tutti i calderoni dietro di lui “e ognuno di essi rappresenta la scuola dove verrete smistati, per cui nel momento in cui sul fondo comparirà una lista di quattro o cinque nomi, tutti coloro che saranno chiamati dovranno venire qui e il rispettivo accompagnatore li porterà a destinazione… Ora, per favore, Minerva, potresti passarmi quella boccia accanto al ragazzo laggiù?”
    La professoressa McGrannitt annuì e corse a fare quanto ordinato, e tornò un attimo dopo con una boccia trasparente che conteneva un'infinità di bigliettini.
    Silente si soffermò a mirarla per qualche secondo, poi la stappò e versò tutti i foglietti in un primo calderone. Nel momento in cui sollevò il carico, quelli ricomparvero, esattamente dello stesso numero di prima.
    “Che…che magia è questa?” chiese Neville, incerto, a Hermione.
    “Non ne ho idea” rispose allarmata lei, le sopracciglia che quasi scomparivano dietro i folti capelli crespi.
    Neville si rivolse anche a Louise, ma anche quella sembrava non conoscere quel tipo d'incantesimo.
    Quando Silente ebbe finito il processo, richiuse la boccia e la poggiò a terra poco distante.
    Per un lungo momento, il silenzio regnò all'interno della tenda, e tutti gli sguardi puntavano ai calderoni, in attesa che accadesse qualcosa.
    E poi successe qualcosa al primo, dove stava Tonks; il vapore bluastro si contorse in un vortice che venne risucchiato dal fondo del paiolo, e che poi fuoriuscì nuovamente in forma di fiamma; poi si dissolse, e in aria comparve la scritta 'Beauxbatons'. Il preside s'avvinò con cautela e guardò il fondo. “Pronuncerò i nomi in ordine: Angelina Johnson, Luna Lovegood, Justin Finch-Fletchley, Michael Corner”.
    Luna si voltò dal tavolo a fianco verso i suoi amici con gli occhi lucidi; anche Harry si sentì dispiaciuto all'idea di separarsi da lei; dopotutto, avevano passato un mese insieme, e non era facile ora che erano così affezionati gli uni agli altri.
    “Oh, non vi preoccupate” li rassicurò lei, mentre abbracciava Frank, “sarà come una gita. E ci spediremo tanti gufo, e quando ci vedremo ci racconteremo come abbiamo vissuto!”
    “Ti scriverò tutti i giorni!” sorrise Ginny, ricambiando forte la stretta quando toccò a lei.
    Poi Luna si rivolse a Harry e a Hermione. Con loro non parlò, ma bastò uno sguardo per capirsi, e il ragazzo si sentì in qualche modo sollevato.
    Quando la ragazza si unì a Justin, Michael e Angelina, Tonks strinse tutti fra le sue braccia.
    “Prendetevi tutti per mano” ordinò dolcemente loro, “stiamo per fare un salto!”
    Dopo essersi scambiati un'occhiata stupita, i quattro ragazzi fecero quanto detto.
    “E uno….due….tre…Pronti, via!” disse la giovane Auror, e con un piccolo balzo Luna, Michael, Justin e Angelina scomparvero dentro il calderone.
    Il turno dopo toccò ai gemelli Weasley, che vennero invece mandati con Ernie Macmillan di Tassorosso e Asteria Grengrass di Serpeverde alla Magiskebjerge in Danimarca, accompagnati da Malocchio Moody.
    Louise si separò in modo doloroso dal resto del gruppo, diretta in Russia alla Pustynya .
    La tenda si svuotò sempre più, finché non rimasero solo lui, Hermione, Ron, Frank, Ginny, Neville, tre studenti di Tassorosso e quattro di Serpeverde, tutti in attesa di fronteggiare il proprio destino.
    Per l'ennesima volta, la scritta rossa del quinto calderone in fila rivelò la scuola di magia, questa volta Caselette. Stancamente, Silente si diresse verso il calderone, e lesse: “Frank Black, Neville Paciock, Ron Weasley, Padma Patil, Demelenza Robins”.
    Frank e Harry si guardarono; era chiaro che avrebbero preferito rimanere insieme. Soprattutto loro due, che erano stati da sempre molto uniti e avevano fatto tutto insieme fin dall'inizio. Quella separazione pesava a Harry più di qualsiasi altra cosa.
    Poi guardò tutti loro, dispiaciuti all'idea di dividersi; solo uno sembrava divertito, ed era quello che si stava avvicinando al calderone di Caselette*. E quello era Severus Piton.
    Gli occhi del professore brillarono di una luce avida come individuò Neville fra i tavoli, un sorriso sadico sul volto…e allora Harry capì. Non era Malfoy, ma lui la spia!
    “Non ti preoccupare” sentì Neville rincuorare lui e a Hermione, “ci terremmo continuamente in contatto. Non ci perderemo di vista”.
    “Assolutamente no” disse Hermione, un po' più sollevata. “Beh, ragazzi, allora…fate buon viaggio”.
    “Sicuro” disse Ron e, zaino in spalla, seguì Neville da Piton.
    Frank era l'ultimo della fila, doveva agire immediatamente. Prima che potesse allontanarsi, Harry lo bloccò per il braccio, costringendolo a voltarsi.
    “C'è una spia fra noi. Sospetto che sia Piton. Ti prego…tieni d'occhio Neville, d'accordo?”
    Frank lo studiò per un momento, soppesando le parole.
    “Va bene. Ci si sente, allora” disse, serio, prima di allontanarsi con gli altri ed essere risucchiato dal calderone.
    Dopodiché Harry, Hermione e Ginny, i pochi rimasti al tavolo, avanzarono di qualche posto con i loro zaini; Harry sentiva il cuore a mille. Ormai rimanevano solo due scuole dove essere selezionati.
    Il calderone di suo padre s'illuminò della fiamma viola, e dal suo paiolo uscì la scritta
    Steingjennomboret.
    Silente esitò, poi di nuovo s'affacciò dentro il calderone, e con aria stanca lesse: “Harry Potter, Ginny Weasley, Hermione Granger…e Draco Malfoy. Partite per la Norvegia”.
    Tutti e tre si guardarono; era meglio di quanto sperassero, finire insieme nella stessa scuola.
    Ma Draco Malfoy….
    “Venite, ragazzi, forza!” incitò loro James e Harry senza perdere tempo s'alzò e si diresse da lui, senza prima essersi perso l'espressione di Malfoy; questo seguì il gruppo con aria piuttosto riluttante.
    Quando tutti insieme fecero il salto, Harry provò una sensazione stranissima; per la prima volta si misurava con il vuoto sotto i piedi, il vento che gli andava sulla faccia, le orecchie che gli si tappavano, risparmiandogli così l'urlo acuto di qualcuno accanto a lui, ma era troppo impegnato a serrare gli occhi per avere la curiosità di vedere chi fosse.
    I cinque viaggiatori calavano velocissimamente sempre più verso il basso, finché Harry non avvertì la presenza di qualche ramo infilarglisi per il colletto e cadde a terra con un tonfo.
    Faceva piuttosto freddo, niente a che vedere con quello che dovevano misurarsi a Hogwarts nell'inverno.
    “Lily dovrebbe averti messo tutti i tuoi giacconi nella valigia” disse James rivolto a Harry, notando come sbatteva velocemente i denti.
    Harry aprì la valigia, e fu con mani tremanti che estrasse giaccone, cappello e guanti.
    Ginny, Hermione e Malfoy fecero lo stesso.
    “Molto bene” disse James, gioviale. “Seguitemi. La strada è per di qua”.
    Harry sentì borbottare odiosamente Malfoy per tutto il tragitto.
    Fu in silenzio che tutti concordarono nell'ignorarlo, accettandolo solo come un ronzio fastidioso.
    Harry tuttavia cominciò a non sopportarlo più; avevano appena oltrepassato un piccolo bosco, ed era già pronto a sfoderare la bacchetta quando James si fermò e si mise le mani sui fianchi, l'aria fiera.
    “Allora, ragazzi” disse, con aria tronfia e soddisfatta, “non vi sembra un posto stupendo?”
    Harry s'avvicinò al padre e scrutò l'orizzonte. Si trovavano all'inizio di un ripido sentiero che percorreva il fianco della montagna e che conduceva a un castello dalla forma curiosa; la facciata era fatta di specchi che riflettevano la luce del cielo e le immagini degli alberi, e il resto era conficcato dentro la montagna, che s'affacciava proprio su un stretto fiordo che strisciava fra le catene montuose.
    Anche i suoi compagni rimasero a bocca aperta quando videro il paesaggio, e quello spettacolo fu capace di zittire per qualche attimo anche la boccaccia di Malfoy.
    “Bello, no?” disse James tutto allegro, “questo posto è molto poco abitato; in ogni caso, le luci che vedete servono a mantenere lontani i ficcanaso”.
    “E' come un incantesimo Respingi- Babbano?” chiese Hermione, curiosa.
    James le sorrise. “Esatto. I più non si avventurano qui, ma se qualche scalatore senza paura ci dovesse mai capitare, aggirerà la scuola e non vedrà il sentiero”.
    “E' come è scritto nel Compendio dell'Istruzione Magica in Europa*, questo è solo uno dei mille modi per tenere segreta una scuola, spesso perché c'è rivalità fra le diverse nazioni!” intervenne Hermione, raggiante.
    James le lanciò un'occhiata fra il basito e l'incuriosito; era chiaro che non aveva mai sentito nominare quel titolo.
    “Ehm…già. Bene, ragazzi, si è fatta una cert'ora, non vorremmo farci aspettare, no?”
    Suo padre si avviò frettolosamente per il sentiero, come se volesse tenersi alle spalle Hermione il più possibile; lei gli rivolse uno sguardo un po' ferito per via della poca importanza che James aveva per le sue brillanti considerazioni, e cercò di trovare conforto fra le dita di Harry.
    Questo non ci fece quasi caso, tutto preso a decodificare inutilmente quello che borbottava Malfoy poco lontano.
    In certi punti il percorso si faceva scivoloso e ripido; James condusse loro fuori dalla strada tracciata, riprendendola solo nelle parti in cui si poteva camminare bene, e in fretta.
    Presto si trovarono davanti a quel grande castello; Harry rimase a bocca aperta per quanto fosse maestoso anche da vicino.
    James guardò loro tutti, poi bussò tre volte all'anello di ferro attaccato alla porta principale.
    Passarono tre minuti d'attesa…e poi le porte si spalancarono, emanando una ventata dal salone d'ingresso.
    Harry si scambiò delle occhiate ansiose con Hermione, Ginny e suo padre, emozionato quanto loro. Con un sospiro, tutti e cinque fecero il loro ingresso dentro il castello.

    * 1 Mi è venuto in mente perché ho letto che Caselette è stato il primo raduno di HP. Anche se io non ho mai partecipato a nessuna di queste iniziative, mi sembrava carino fare riferimento a questo mondo harrypotteriano.
    I nomi delle altre scuole le ho scelte nella loro lingua. Boh, mi piaceva come idea, e ogni nome da un' indicazione della loro posizione, specialmente la Steingjennomboret ( si pronuncia stainjennomboret perché a leggerlo sennò sembra lunghissimo) che significa in norvegese 'pietra bucata', proprio perché la scuola è costruita in parte nella montagna.

    *2 Compendio sull'Istruzione Magica in Europa appare nell'undicesimo capitolo di Harry Potter e il Calice di Fuoco, quando il trio parla sul treno di Hogwarts di Durmstrang.


    Post Unito in automatico!

    Capitolo 4

    STEINGJENNOMBORET SKOLE FOR HEKSERI OG TROLLDOM

    Harry sgranò gli occhi: si trovava al centro del Salone d'Ingresso, intorno a tutte le pareti della quale correva un lungo ballatoio su cui si affacciavano le porte delle aule del piano superiore cui non sapeva come accedere.
    “Siete voi gli stranieri?” chiese una donnona bionda coperta di un pesante mantello, affacciandosi dalla balconata in fondo alla sala.
    “Sissignora” rispose James con un sorriso. “Siamo gli inglesi che stavate aspettando”.
    “Molto bene, molto bene, giusto in tempo!” esclamò quella, muovendo i passi fuori dal balcone.
    All'inizio Harry pensò che fosse impazzita, invece con meraviglia scoprì che i gradini si materializzavano via via che la donna muoveva i propri passi sulle scale.
    Accanto a lui, Hermione trattenne ancora una volta il fiato, e udì Malfoy bisbigliarle: “Stupita, Granger? Beh, sicuramente questo posto è molto meglio della tua sporca casa Babbana”.
    Harry avrebbe voluto tirargli un pugno, ma prima che ci riuscisse si ritrovò a stringere la mano a quella grossa donnona.
    “Io sono la professoressa Dahl, la preside della scuola” si presentò. “Avete fatto un buon viaggio?”
    “Diciamo di sì” rispose mesto James, ” tutto secondo i piani”.
    La preside Dahl emise una risatina stridula. ” D'accordo, allora procediamo! Dunque vediamo…Dove ho messo quel foglietto…Eccolo qui! L'avevo giusto pronto in tasca, sapevo che sareste arrivati a quest'ora! Ginny Weasley, Draco Malfoy, Hermione Granger e Harry Potter, con accompagnatore James Potter, giusto?”
    “Proprio noi” rispose allegro James.
    “Non avevo dubbi. Adesso seguitemi tutti quanti, per favore”.
    Harry, Hermione e Ginny si scambiarono un piccolo sorriso, e nessuno fece caso a Malfoy, che invece emise un grugnito di superiorità.
    Harry non poté fare a meno di avvertire un misto di adrenalina e sorpresa quando salì i gradini della scala invisibile.
    Con maggiore tranquillità scese invece i gradini dall'altra parte, che conducevano in un chiostro circondato da colonne esili e bianche, che sorreggevano un lungo ballatoio simile a quello della sala precedente. Al centro c'era un'aiuola con una fontana.
    Percorsero tutto il porticato del chiostro, tenendo il medesimo lato anche lungo il giardino che si apriva dopo il chiostro e alla fine Hermione sembrò bloccarsi.
    “Stiamo entrando dentro la montagna” disse lei in un sussurro, rotto dall'emozione.
    Harry sapeva che aveva ragione, tuttavia quando uscirono dal passaggio nulla sembrava far pensare a prima vista all'interno di una montagna; anzi, sembrava di essere finiti in una piccola città estremamente calda.
    Davanti a loro c'era una piccola costruzione con scritto 'Informasjonspunkt for studenter';
    a sinistra vi era una torre, e dalla base di questa partiva un piccolo sentiero che portava a una costruzione al centro della grande piazza, che Harry intuì essere una specie di mensa.
    La professoressa Dahl continuò a camminare tenendosi sulla destra.
    Quando Hermione si voltò indietro, trattenne il fiato, attirando l'attenzione di Harry; nonostante non ci fossero insegne, all'interno di una sala che avevano appena superato si intravedeva un'enorme biblioteca.
    Passarono davanti a un'altra torre, di nome Vår, e Harry sentì propagarsi nell'ambiente un forte profumo di fiori.
    Camminarono ancora e Harry ebbe modo di vedere un piccolo giardino pieno di alberi di pesco; alle spalle di questo vi era un edificio a due piani. Quello inferiore era occupato da una serie di negozi, quello superiore da appartamenti alle cui finestre si affacciavano dei maghi.
    Immaginò si trattasse d insegnanti della scuola. All'improvviso una ventata di gelo gli penetrò fin dentro le ossa e si trovarono davanti a una torre, chiamata Vinter; Harry si strinse nella giacca. Faceva molto più freddo di fuori dal castello.
    “Professoressa Dahl, sa dirci che cosa sta succedendo?” chiese Hermione con timidezza, anche lei battendo i denti.
    “E' molto semplice cara” spiegò questa con gentilezza, ” la Città Accademica è divisa secondo le stagioni; appena entrati ci trovavamo nella zona dell'Estate e poi siamo passati davanti a quella della Primavera e dell'Inverno. E' proprio qui che sono i miei uffici”.
    Cingendo al petto i loro cappotti, Harry, Hermione, Ginny e Malfoy, scortati da James, si avviarono verso l'ufficio della preside, che era in realtà una piccola casa al centro di una piazzetta circondata da un locale e cinque negozi.
    Dai vetri delle finestre, Harry suppose che dovesse trattarsi di una casina accogliente, ma non ebbe modo di indagare oltre, perché la preside Dahl fece entrare loro dalla porta sul retro che accedeva direttamente nel suo ufficio; aveva l'aria di essere piuttosto accogliente, con un piccolo camino sulla destra scoppiettante e una poltrona bella larga dall'altra parte della scrivania, su cui giacevano scartoffie di ogni genere. La professoressa si aggiustò il mantello e cominciò a rovistare la mano fra le cose sul tavolo.
    “Vi avrei affidato al vicepreside Johansonn, ma santo cielo, è così distratto!” riferì, mentre estraeva da sotto un libro pesante una pergamena dalla punta arrotolata.
    “Dunque vediamo…allora…. I ragazzi vanno nell' Høst, la torre dell'Autunno proprio dopo questa se continuate a percorrere la città in maniera circolare…voi ragazze invece alloggerete nel Vinter, la torre d'Inverno. L'avete appena passata”.
    “Cosa?” esclamarono tutti e quattro i ragazzi all'unisono. Dahl lanciò loro un'occhiata stupita.
    “Professoressa…non sarebbe il caso di…stare uniti?” chiese Ginny, rivolta a Harry, Hermione e Malfoy.
    Harry e Malfoy si guardarono. Concordavano almeno su un punto; avrebbero evitato in tutti i modi di finire nello stesso dormitorio assieme.
    Dahl rivolse a Ginny un'occhiata sconvolta. “No, assolutamente no! I ragazzi e le ragazze non possono dormire nello stesso posto!”
    “Vuole dire che staremo sul serio separati?” esclamò Hermione, incredula. “Voglio dire, con i tempi che corrono….”
    “No” rispose di nuovo la preside, decisa. “Secondo il regolamento scolastico, non potete”.
    “Se la torre autunnale e quella d'inverno sono maschili e femminili, allora vuol dire che anche quella estiva e quella primaverile lo sono, giusto?” domandò in fretta Malfoy. “Se dobbiamo stare separati, possiamo almeno farlo per bene? Mi dica qual è l'altra torre maschile e…”
    “Mi dispiace deluderla signor…Malfoy” lo interruppe la professoressa, sempre più infastidita, dando un'occhiata alla lista, “ma mi è stato esplicitamente chiesto di mettervi comunque a coppie nella stessa torre. E anche se Sommer, la torre d'Estate, è dormitorio maschile, non credo che potrò esaudire il desiderio di nessuno di voi due. Quindi mi dispiace, ma la decisione è presa. Adesso, passando alle cose serie” e guardò tutti loro con cipiglio severo, “siete esentati dalle lezioni della scuola. Chi di voi due è la signorina Granger?”
    “Io” rispose Hermione, alzando la mano.
    “Bene, Silente mi ha detto che sei una tipa piuttosto sveglia e intelligente. Mi ha detto di riferirti che a te è affidata l'istruzione del gruppo”.
    Lanciò un'occhiata alla sala, poi si diresse dietro la poltrona e, dopo aver emesso un gemito, sollevò fra le braccia i pesanti i libri e li mise sulla scrivania.
    “Questi sono i volumi che Silente mi ha inviato subito dopo che siete stati selezionati per questa scuola”.
    Hermione annuì, radiosa; era evidente che non aspettava altro che possedere un libro fra le mani. Erano passate troppe ore senza che potesse sfogliarne nessuno.
    “Wingardium Leviosa” pronunciò, agitando la bacchetta sui volumi, e quelli svolazzarono nella sua direzione. La professoressa Dahl le rivolse un sorriso compiaciuto.
    “Potete andare. Ah, un'ultima cosa; i ragazzi non possono più accedere al dormitorio delle ragazze, e viceversa, senza l'invito ad entrare. James Potter” chiamò, perché questo stava seguendo Harry verso l'uscita, “devo farti alcune domande”.
    “Io…molto bene” disse James, incontrando gli occhi preoccupati figlio.
    “E' tutto a posto, Harry. sono solo domande di controllo. Vai pure con gli altri”.
    Fu con il cuore ansioso che Harry lasciò chiudere la porta dietro di sé.
    Hermione rivolse a tutti loro un'occhiata intensa.
    “Beh, credo che dovremmo andare nelle nostre torri, adesso…Che ne dite se ci vediamo più tardi?”
    “D'accordo” rispose subito Harry, ignorando volutamente i grugniti di Malfoy e gli occhi di Ginny, che lo fissavano ansiosamente.
    Hermione strinse le labbra per il nervoso, e poi, con un cenno, si allontanò con Ginny.
    Harry rimase a guardarle mentre entravano nella torre e scomparivano dietro la soglia.
    “Allora? Vogliamo muoverci o no, Potter?” lo risvegliò in modo antipatico Malfoy.
    “Sto morendo di freddo”.
    Harry non rispose, preferendo sistemarsi lo zaino in spalla e cominciare a dirigersi verso la torre Høst.
    “Ci mancava solo che fossi trattato come uno qualsiasi! Se mio padre sapesse dove sono finito e, oltretutto, conchi, credo che mi verrebbe a prendere subito!” continuò a lamentarsi Malfoy.
    “E invece con chi devo condividere la camera? Con Potter! Oltretutto scortato da quel…da suo padre….traditore del suo sangue….Ah, se solo…”
    “Sì, perché non chiami il tuo, eh, Malfoy? In effetti mi sono sempre chiesto perché fossi qui, invece di stare con paparino e mammina” commentò esasperato Harry, che non ne poteva davvero più dei suoi borbottii.
    Malfoy sorrise furbescamente, e i suoi occhi furono attraversati da una luce diabolica.
    “Oh, Potter, ma a casa ci tornerò molto prima di quanto credi, vedrai. Ammetto che avrei preferito partecipare, ma mia madre ci teneva alla mia sicurezza, mentre lavorano a grandi progetti”.
    Harry stava per chiedere se per 'grandi progetti' intendeva Voldemort, ma proprio in quel momento la porta della torre si aprì e un ragazzo biondo dalla tunica viola s'affacciò.
    “Er du to gutta som kommer fra England?”
    Harry e Malfoy sgranarono gli occhi, e si scambiarono un'occhiata confusa.
    ” Fra Hogwarts” tentò ancora lo studente.
    “Oh” fece Harry, che questa volta aveva capito. “Sì”.
    Il ragazzo alto e biondo annuì, poi si voltò dall'altra parte e gridò a qualcuno all'interno:
    ” Kom utelandske studenter! Astrid! Komme her!”
    Una ragazza dai capelli molto biondi e legati in due trecce si affacciò alla porta; questa indossava invece la tunica celeste, e uno stemma sul petto che invece l'altro non aveva.
    Il ragazzo le mormorò qualcosa e poi sparì. Questa li squadrò per bene; di certo non dovevano avere un bell'aspetto; Malfoy era ancora tutto sporco di fuliggine, e Harry invece aveva i vestiti stropicciati e il volto di chi non ha dormito per nulla.
    “Ehm…ciao, Io…mi chiamo Astrid. Venite, entrate. Benvenuti nel dormitorio maschile Host” si presentò lei.
    “Finalmente qualcuno che parla la nostra lingua!” esclamò sollevato Malfoy.
    Astrid si lasciò sfuggire una risatina. “Sì, beh…ho un amico di penna inglese”.
    I ragazzi entrarono, un po' intimoriti; salirono dei gradini e, varcata l'entrata ad arco, fecero il loro ingresso nella sala comune.
    Era molto ampia, più di quella di Grifondoro; aveva molte finestre e c'erano tanti spazi con divani e poltrone, con tavolini tondi.
    C'erano due camini, uno in fondo e l'altro esattamente alla parte opposta, e molti dei quadri che decoravano le pareti chiacchieravano allegramente con i ragazzi. Harry trovò quel luogo molto confortevole.
    Il brusìo che aveva dominato la sala comune fino a quel momento si spense, e gli sguardi degli studenti si concentrarono curiosi su di loro.
    ” Gutta, roling; er gutta som kommer til Hogwarts. Vet noen hva er ledige stillinger for disse to?” chiese Astrid in norvegese.
    Un ragazzo dalla testa rossa si sporse da qualche divano poco più in là.
    “I tredje etasje over den andre døren pÃ¥ høyre side” e indicò in alto.
    Fu rivolgendo lo sguardo all'insù che Harry s'accorse di quanto potesse essere alto e distante il soffitto di quella torre e, proprio sulle loro teste, vi erano un'infinità di piani e di porte.
    “Venite con me” disse Astrid, e Harry e Malfoy la seguirono senza fiatare fra i divani.
    Dopo aver superato un paio di scrivanie, vi era un passaggio che portava a una rampa di scale a chiocciola.
    Harry pensava che fosse stancante arrivare al terzo piano con tutti quei gradini da salire, invece si trovò a destinazione ancora in piene forze; probabilmente era uno degli incantesimi della scuola.
    Astrid li condusse fino alla seconda porta a destra.
    “Dovete mettere voi la mano sul pomello” spiegò con semplicità. “Siete voi i padroni della vostra camera…anche perché è l'unica disponibile!”
    Harry e Malfoy si guardarono; la situazione si faceva alquanto insopportabile.
    Fra i due, Malfoy sembrava quello più sofferente.
    “Ci hanno detto che dovevamo stare insieme nella torre, non che dovevamo addirittura dividere una stanza!”
    Harry alzò lo sguardo al cielo. In fondo condivideva l'idea di Malfoy, ma non avevano molta altra scelta; perciò afferrò con decisione il palmo del compagno, lo posò sul suo e spinse con forza sull'apertura.
    Il pomello s'illuminò, poi girò su se stesso, fino a che non tornò normale. La porta si spalancò, mostrando una stanza di medie dimensioni, con due letti e una scrivania.
    “Bene, credo che tornerò al mio dormitorio” annunciò Astrid. “Avete tutto quello che vi serve. Ci si vede a pranzo in Sala” e scese giù, lasciandoli lì.
    Harry e Malfoy si scambiarono l'ennesima occhiata odiosa.
    Harry si fermò qualche secondo sulla soglia, calcolando la possibilità di abbandonare il compagno e raggiungere Hermione e Ginny alla loro torre.
    “Bene, Potter, ormai il guaio è fatto” sentenziò drammaticamente Malfoy, tirando in su con il naso. “Tu hai il tuo letto, io il mio. Io farò finta che non esisti, tu farai finta che non esisto”.
    “Mi sta più che bene” assentì Harry.

    “E così è questo che si mangia qui ” commentò Ginny, osservando quello che si era materializzato sui tanti tavoli della grande Sala da Pranzo. Su tutti vi era una vasta scelta di piatti abbastanza semplici, la gran parte a base di quello che Harry indovinò essere pesce.
    “Sediamoci laggiù” suggerì Hermione, e condusse i due amici in fondo, per poi prendere posto.
    “Io ho fame, e voi?” disse, scegliendo una pietanza di tartine con sopra spalmato quello che aveva l'aria di un paté di pesce con qualche salsa.
    “Come fai ad andare così sul sicuro?” chiese Ginny, che la osservava a occhi sgranati mentre l'amica si abbuffava.
    “Ho semplicemente fame” rispose lei con la bocca piena, mentre prendeva un panino e ci metteva dentro del prosciutto.
    Indeciso, Harry prese anche lui un panino e lo riempì di quello che trovò sulla tavola; gamberetti, olive e prosciutto.
    “Passando ad altro” cambiando discorso Hermione, studiandolo incuriosita mentre riempiva le fette di pane di quello che riusciva a trovare, “come è andata con Malfoy?”
    “Come vuoi che sia andata?” le rispose lui, tutto intento a far centrare i gamberetti tra le due fette di pane. “Abbiamo deciso di evitarci. E questo è quello che penso sia meglio per entrambi, giusto per evitare di prenderci a pugni”.
    “Questa sì che è una decisione civile” convenne Ginny, mentre infilzava con la forchetta i suoi gamberetti, “se si fosse trattato di me, l'avrei lasciato dormire fuori tutte le notti. Non sopporto le persone così arroganti”.
    Harry intravide con la coda dell'occhio Hermione arrossire e abbassare leggermente lo sguardo; che, in fondo, avesse ancora una cotta per Malfoy?
    “Neanche io” affermò rivolto a Ginny, deciso a ignorare Hermione. Non voleva capire che cosa ci trovasse in lui.
    “A ogni modo” intervenne Hermione con tono forzato, “farai meglio a parlargli. La professoressa Dahl mi ha espressamente chiesto a nome di Silente di portare avanti la nostra istruzione, e credo che sia anche di suo interesse”.
    “Farò quello che posso” rispose Harry, anche se non gli andava per nulla di farlo.
    “E poi volevo chiederti” aggiunse lei, avvicinando il viso a quello suo e di Ginny, “hai assunto le pozioni?”
    “No” rispose stancamente Harry. “E non ricominciare con la solita solfa, Hermione”.
    “Ma Harry, è importante che tu lo faccia! Non vuoi capire che…”
    “Sai, improvvisamente mi è passata la fame” dichiarò lui e, abbandonando il panino quasi intero sul piatto, uscì dalla Sala da Pranzo, nervoso come non mai.

    Anonymous ha risposto 8 anni, 5 mesi fa 0 Mago · 0 Risposte
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