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Cicatrice ( 4a storia della saga Cicatrice)- parte 3
Capitolo 5
Strani Sogni e Brutti Scherzi
Harry sentiva il canto degli uccellini. Qualcuno lo chiamava; sentiva voci dappertutto, ma non riusciva a capire da dove venissero. Si sentì irrigidire le gambe, i muscoli in tensione; era tutto indolenzito.
“Harry….Harry…” sentì dei sussurri che gli fecero accapponare la pelle e si mise seduto di scatto, accorgendosi che la testa gli doleva parecchio.
“Harry…”
Intravide qualche ombra fra gli alberi.
“Chi c'è?” chiese ad alta voce, disorientato.
“Qui” disse qualcuno, e Lily Potter venne fuori da dietro un tronco.
Harry la guardò, confuso. “Mamma?”
Lily gli sorrise e gli si avvicinò; era già una bella donna, ma in quel momento era splendente, come se i suoi capelli emanassero un'aurea di luce.
Gli tese la mano e l'aiutò ad alzarsi; poi rise angelicamente e cominciò a togliergli il terriccio dai vestiti impolverati. “Sei tutto sporco!”
“Mamma…mamma, dove siamo?” chiese Harry, mentre si guardava intorno; gli pareva di aver visto altre persone, ma non ne era sicuro.
Sua madre smise subito di pulirgli i pantaloni e posò lo sguardò su di lui. “Devi venire con me”.
“Venire con te dove?” chiese Harry, un po' impaurito.
La madre continuò a fissarlo, poi gli tese lentamente la mano. “Te lo mostrerò” disse, “se la prenderai. È una tua scelta; se non lo farai, puoi tornare da dove sei venuto”.
Indicò un punto lontano oltre le spalle di Harry.
Il ragazzo si girò, ma ancora una volta non capì che cosa intendesse; vedeva solo tanti, tantissimi alberi. Dopo essersi voltato verso di lei, senza starci troppo a pensare posò la sua mano sopra quella di Lily, che lo prese e cominciò a trascinarlo addentrandosi nel cuore della foresta.
Durante il tragitto, Harry udiva il sussurrare di quelle presenze in modo sempre più netto; era come se qualcuno o qualcosa li stesse spiando mentre camminavano.
Era talmente tanto preso da queste voci, che non si accorse che sua madre non era più lì.
Si bloccò, la paura che cresceva. Si guardò intorno, il cuore pulsava, il respiro affannoso; si era perso.
“Mamma…mamma dove sei?”
Nessuno rispose. ” Mamma….mamma….”
Cominciò a correre; qualcuno rideva…Harry si sentiva sempre più sfinito, ma doveva andare avanti.. In qualche modo sapeva che doveva farlo….
E poi si trovò davanti a una casa di legno, costruita in mezzo alla foresta.
Stancamente, mosse i passi verso di essa. Le forze gli mancavano.
Chiunque ci abitasse, avrebbe dovuto accoglierlo, o sarebbe svenuto proprio lì sulla soglia.
“Scusatemi tanto…ma io…ho bisogno…di un rifugio. Per favore…”
Bussò più volte alla porta; alla fine s'affacciò alla finestra un ragazzo dal bel volto, gli occhi grigi e i capelli scuri. Era Cedric Diggory, il Cercatore di Quidditch della squadra di Tassorosso, e non sapeva perché fosse in quella casa; ad ogni modo, sperava con tutto il cuore che lo facesse entrare.
La porta si aprì, e si presentò suo padre James, cui gli occhi brillarono come se fosse passato moltissimo tempo da quando si erano visti l'ultima volta, che lo abbracciò stretto; quando Harry lo guardò, vide come anche lui emanasse quella specie di luce ultraterrena.
“Lily! Lily è arrivato!” gridò suo padre festoso, rivolto all'interno della casa.
La donna si mostrò nel corridoio dell'ingresso e sorrise amorevolmente a entrambi; anche lei aveva gli occhi lucidi.
“Finalmente hai trovato la strada, Harry! Entra, ti prego! James! Lasciagli il tempo di respirare, dai!”
Sempre più confuso, Harry seguì il padre dentro casa e poi nel salotto.
Qui trovò molte persone, più di quanto si aspettasse: Cedric Diggory era affacciato alla finestra, e gli rivolse uno sguardo di ringraziamento quando entrò; Sirius stava sorseggiando una tazza di the; Remus aveva l'aria annoiata, sprofondato su un divano vicino alla finestra; Tonks era accanto a lui e gli stringeva la mano, delle fasce sul grembo, apparentemente vuote. Un elfo domestico con un copriteiera in testa faceva avanti e indietro per il salotto; ognuno di loro aveva un'espressione serena, ed era più bello e splendente.
Poi tutti sembrarono notare Harry, e da lì nacque un gran baccano; se le persone erano sette, ora sembravano almeno il doppio. Tutti volevano abbracciare Harry, che invece era assonnato, confuso e aveva una grande necessità di sedersi.
“Niente da fare, ragazzi! Calmatevi su! Mio figlio deve riprendersi!” disse James, facendo spazio sul divano per far accomodare Harry accanto a Tonks; questa lo fissava con grande gioia negli occhi.
“Vuoi una tazza di the?” chiese Lily, sorridente.
“Ehm…no grazie” rispose Harry, un tantino imbarazzato.
“Harry Potter, signore! Sei proprio tu l'amico di Dobby, Harry Potter? Sapevo che saresti tornato a salvarci!”
“Non può ricordare, Dobby, o te lo sei dimenticato?” disse Sirius, sorseggiando lentamente il suo the.
“Ricordare?” chiese Harry, guardando tutti loro. “Dove sono?”
“Sei in un posto molto speciale” rispose Lily, posando sul tavolino davanti al divano un piatto di biscotti. “Devo ammettere che da qualunque posto tu venga, devi sempre prenderti carico della situazione, alla fine”.
“Prendermi carico?” chiese Harry. “Di cosa dovrei occuparmi?”
Suo padre James si mise in ginocchio davanti a lui, in modo che potesse guardarlo dritto negli occhi. “Harry, devi capire che….noi siamo morti”.
Harry provò una fitta di orrore, e passò in rassegna lo sguardo su tutti, che lo osservavano nello stesso modo splendente, anche se attraversato da un immenso dolore.
Per lo spavento Harry s'arrestò sullo schienale del divano. “Morti? M-ma com'è possibile…?”
“Siamo tutti morti a causa di Voldemort” spiegò Remus, volgendo lo sguardo dietro di sé per parlargli. “E non siamo solo noi, ma molti moltissimi altri. Noi siamo solo un piccolo gruppo che è stato inviato per farti presente il problema”.
“Siamo qui per aiutarti!” precisò Lily con enfasi.
“Ma se voi siete morti” ragionò Harry, “come mai allora io vi ho visti tutti – o quasi” e si rivolse a Dobby, “proprio l'altro giorno?”
I presenti si scambiarono un'occhiata seria.
“Perché siamo morti…ma nell'altra…vita” disse Lily.
“Nell'altra vita” ripeté lentamente Harry “intendete quella…quella che sogno la notte?”
Tutti annuirono.
“Oh” fece Harry, colpito. “Beh…allora che volete farmi?”
“Vogliamo esserti utili, ovvio” disse James. “Aiutarti a sconfiggere Voldemort”.
“Quello spetta a Neville, è lui il Prescelto, non sono io” scosse la testa Harry.
James si avvicinò e gli prese le mani, guardandolo dritto in faccia.
“Ma potresti guidarlo, giusto? Voglio dire, sei stato Prescelto una volta…Sei importantissimo per questa missione, Harry, e hai servito Neville come puoi, con le armi che avevi a disposizione”.
“Con la differenza che non puoi evitare di arrivarci da solo questa volta” lo spalleggiò Lily.
“E' per questo che hai bisogno di noi” disse Sirius. “Forse questo ti farà ricordare qualcosa”.
Tirò fuori un boccino d'oro e glielo mostrò.
Harry sentì una stretta allo stomaco, inumidirglisi gli occhi; ma proprio quando forse avrebbe potuto ricordare, Lily si allungò verso di Sirius e gli abbassò il braccio guardandolo in cagnesco. “No Sirius! Non ancora!”
Sirius si soffermò per qualche attimo sul suo viso, poi sorridendo sornione se lo rimise in tasca. “E va bene”.
“C'è un'altra cosa che dobbiamo mostrarti prima” disse Cedric, con quell'aurea radiosa.
“Remus, vai a prenderlo tu?”
“Non c'è problema” acconsentì quello, che si alzò e uscì dal salotto.
Harry si rivolse a Tonks. ” Fa male…morire?”
“E' più veloce che addormentarsi” rispose lei, sorridendo.
Remus tornò qualche attimo dopo, portando un piccolo scrigno fra le braccia e lo posò sul tavolino.
“Eccoci qui” disse Remus. “Dategli un'occhiata!”
James posò la mano sull'apertura e fissò Harry intensamente. “Sei pronto?”
“Io…non lo so” balbettò il ragazzo.
“E' l'unico modo per sconfiggere Voldemort, anche dove sei ora. Guarda qui dentro, Harry, e vincerete”.
Harry lanciò un'occhiata a tutti loro, che ricambiavano con sguardi di speranzosa attesa, come dei bambini che aspettano i regali di Natale.
“Va…va bene”.
James sollevò il coperchio, da cui provenne una luce che si espanse per tutta la stanza, tanto che Harry si serrò gli occhi con le braccia. Poi i raggi sembrarono assorbirsi all'interno dello scrigno…e Harry allora s'affacciò, incuriosito, quasi incitato da quei fantasmi attorno a lui… ma non riusciva a capire esattamente cosa contenesse…
Si svegliò di soprassalto; era ancora buio e lui era nel suo letto, alla scuola norvegese. Sentiva un grandissimo raschio alla gola, e la sua necessità primaria era bere.
Così si versò nel bicchiere un po' di acqua nella brocca.
Malfoy stava dormendo della grossa steso su un fianco, e gli dava le spalle. Chissà che cosa stava sognando….
Bere l'acqua non lo soddisfò, e così si versò un altro bicchiere, e poi un terzo e un quarto, ma la sete non gli passava. Forse sarebbe dovuto andare in infermeria?
Decise di non pensarci e si rimise a letto; tuttavia non riuscì a prendere sonno.Avrebbe voluto parlare con Hermione di quel sogno, ma era almeno una settimana che la ragazza si era rintanata in biblioteca per organizzare le loro lezioni.
Lui e Ginny la vedevano solo nell'ora dei pasti, maggiormente la mattina e a cena.
Oltretutto, per quanto il rapporto con Ginny si fosse intensificato – lei aveva una grande passione per il Quidditch, e spendevano le loro giornate a parlare solo di quello- Harry non si sentiva ancora totalmente sicuro di poterle confidare un segreto così grande.
Cosa ancora più fastidiosa, aveva sempre sete, e l'acqua non lo soddisfaceva più. Non capiva proprio di cosa avesse bisogno, e aveva paura che prima o poi sarebbe morto assiderato.
Il bisogno di bere era diventato con il passare del tempo sempre di più un vero e proprio mal di gola, e in forma piuttosto insolita: non aveva la voce roca, tuttavia la gola gli bruciava continuamente, ed era attenuata per qualche attimo solo dal succo di zucca.
Era anche andato in infermeria, sotto consiglio di Ginny; ma nessuna pozione era servita.
Un martedì mattina Harry e Ginny andarono in Sala da Pranzo, in attesa che Hermione si facesse viva per la colazione.
“Sai, stavo pensando” esordì Ginny, mentre versava sia a lei che a lui un po' di caffè, “sarebbe ora di scrivere agli altri. A Luna, a Louise e a Frank, intendo. Ron e Neville sono con lui, ci risponderebbero sicuramente, non trovi?”
“Già . Ma credi che…che anche se lo facessimo, se prendessimo un gufo e gli spedissimo la lettera, finirebbe nel posto giusto?” chiese Harry. Non che non ci avesse pensato a contattare Frank o Neville; ma il timore che Severus Piton fosse la spia di Voldemort gli aveva fermato la mano, ed era soltanto un'altra delle tante angosce che aveva in quel periodo, tra le immagini di quel sogno che lo tormentavano anche da sveglio e il continuo mal di gola.
” I gufi sanno sempre dove è il loro destinatario. E poi, tuo padre è tornato in Inghilterra, e tutti i membri dell'Ordine si tengono continuamente in contatto. Credo che se chiedessi a lui, saprebbe risponderti in ogni caso” rispose Ginny, scrollando le spalle.
Proprio in quel momento, accanto a loro passò un gruppo di quattro o cinque persone, da cui spiccava l' alta e strascicata voce di Draco Malfoy: “Sapete, mio padre è Membro Onorario del Ministero della Magia in Gran Bretagna, ed è amico intimo del Ministro…”
“Ah, la solita storia. Mi chiedo proprio quando lo scaricheranno” disse Ginny, annoiata.
“Non ne ho idea” commentò Harry atono.
Erano giorni ormai che Malfoy si era fatto nuovi amici, lodando ed esaltando i pregi della scuola e degli studenti e di se stesso; a Hogwarts c'era sempre un gruppo ristretto di Serpeverde che lo stava a sentire, ma Harry e Ginny sapevano che con tutti gli altri le sue chiacchiere non sarebbero durate a lungo.
“Malfoy continua a parlare male di noi?” chiese allegra Hermione, unendosi a loro.
“A quanto pare sì” rispose Ginny monotono, infilzando con la forchetta la sua uvetta e scoccando uno sguardo odioso alle risate sguaiate dei compagni norvegesi alla vista di un Malfoy che imitava Harry svenire in classe; dai gesti, Harry suppose che si trattasse del giorno del Molliccio.
“Oh, non farci caso, Harry, lo sai che prima o poi si ritroverà da solo” commentò Hermione, notando la sua espressione triste. “E poi, ci sono altre persone che ci danno retta! Ciao Astrid! Ciao Hansen!”
Astrid, la ragazza che aveva accolto lui e Malfoy nella Torre Autunnale, e il ragazzo biondo che aveva aperto loro la porta, ricambiarono il saluto da un tavolo poco lontano.
“Sono davvero delle brave persone, sapete! Mi hanno aiutato tanto a orientarmi nel castello” osservò Hermione, pimpante. Poi si ficcò una fetta biscottata in bocca e piegò il panino che si era fatta con un fazzoletto, alzandosi in fretta dalla tavola.
“Già te ne vai?” chiese Harry, sorpreso da tanta velocità .
“Sì” rispose Hermione “devo finire di studiare. Tra poco avrò terminato, e allora vi comunicherò quando inizieranno le lezioni. E mi raccomando, dobbiamo dirlo a Malfoy!” e fuggì via dalla Sala da Pranzo.
Ginny roteò gli occhi bruni. “Non abbiamo speranze, con lei”.
Dopo colazione, Harry decise che Ginny aveva ragione, e si recò al suo dormitorio per scrivere la lettera; chiese alla ragazza di farlo insieme, ma era molto stanca e lo accompagnò soltanto al negozio Penner og Magic Feathers, che vendeva pergamene profumate, inchiostri e tanto altro materiale nella Sezione Invernale accanto alla torre del suo dormitorio.
Così Harry tornò nella silenziosa sala comune e cominciò a scrivere la sua lettera.
Era proprio a metà quando l'inchiostro finì, e quindi dovette risalire in camera sua a prendere una nuova boccetta.
Stava giusto andando giù per le scale, che sentì qualche schiamazzo provenire dalla sala comune.
Con un brutto presentimento, scese in fretta di sott e vide che Malfoy aveva in mano la sua lettera con il ghigno sul volto, mentre i suoi amici norvegesi ridacchiavano divertiti.
“Allora, sono proprio curioso di sapere quello che c'è scritto qui sopra” commentò a voce alta e arrogante, mentre lisciava la pergamena con una mano.
“Caro Fra….”
“Molla subito la mia lettera, Malfoy!” gridò Harry, gettandosi su di lui; ma il compagno allargò il suo ghigno e tese il braccio verso l'alto. Purtroppo per Harry, Malfoy era più alto di lui.
“Non credo proprio Potter! Mi sto divertendo un mondo, sai? E adesso, fammi leggere quello che c'è scritto qui sopra…Caro Frank, come stai? Noi siamo in Norvegia, ma non puoi capire quanto manchi a me e… che cos'è, una dichiarazione d'amore al tuo amichetto, Potter?”
“Lasciala, è mia! Quello che scrivo ai miei amici sono affari miei! E adesso ho detto di darmela!”
Malfoy lo ignorò e continuò con la sua voce strascicata e canzonatoria:
” Non puoi capire quanto manchi a me e a Ginny e Hermione…io sono finito in camera con Malfoy, anche se non volevo… Oh, povero caro…Sai che ti dico, Potter, beni così preziosi non vanno sprecati…credo che la terrò per un po' io, così potrò leggerla a tutti molto meglio….”
“Basta!” esclamò Harry, tirando fuori la bacchetta dalla tasca e puntandogliela alla gola. “Molla quella lettera! Adesso!”
“Fai come dice!” lo aiutò Hermione, spuntando alle spalle di Malfoy; il ragazzo si irrigidì.”Due contro uno, Malfoy!”
I ragazzi norvegesi alle loro spalle restarono immobili, incapaci di reagire; forse non capivano neanche quello che stava succedendo.
Malfoy era sbiancato per un attimo, poi sul suo volto tornò il colore, e con un'espressione sfacciata tirò fuori la lettera dalla tasca e la posò nuovamente sul tavolo.
“Tanto troverò il modo di impicciarmi degli affari tuoi, Potter!” gli intimò in un sussurro.
“Se è per darmi fastidio, non credo proprio che ci riuscirai” ribatté Harry, sostenendo lo sguardo minaccioso di Malfoy.
Il ragazzo non rispose, e uscì dalla torre seguito in modo silenzioso dal suo corteo.
Harry e Hermione lo osservarono finché la porta di legno non sbatté dietro di loro.
“Quel ragazzo è odioso” commentò Hermione con disgusto. “Non so neanche come faceva a piacermi!”
Harry non rispose; sulle sue gote aveva intravisto un lieve rossore, ma decise di dare più credito alle sue parole che a quello che aveva visto.
“Non importa…devo finire di scrivere questa lettera…. Ma tu non dovresti essere in biblioteca?”
“Oh, beh…ho finito di fare il programma, volevo dirtelo…e poi volevo staccare un po'. Stavi scrivendo a Frank, giusto?”
Harry annuì.
“Bene, allora finiamola insieme e poi andiamo a spedirla in Guferia, che dici?” chiese lei.
“D'accordo”.
I due si misero a stendere la lettera, e poi, una volta finito, la rilessero:Caro Frank,
come stai? Noi siamo in Norvegia, e non puoi capire quanto manchi a me e a Ginny e Hermione.
Io divido la camera con Malfoy, anche se non volevo, e l'unica cosa che abbiamo in comune è che non lo voleva neanche lui. Purtroppo qui ci sono quattro torri con i nomi delle stagioni (e anche gli spazi intorno sembrano rifletterne la temperatura), che sono due dormitori maschili e due femminili, ma gli ambienti interni a queste non sono divisi in camerate come nella nostra scuola, ma in stanze da due, e la preside ci ha vietato di separarci.
Per il resto le nostre giornate scorrono, e Hermione ha avuto l'incarico di far procedere la nostra istruzione…non so proprio se riusciremo a convincere Malfoy a unirsi a noi e oltretutto non abbiamo voglia di farlo…
E a voi in Italia come va? Com'è la scuola lì? E soprattutto, come si è comportato Piton? E Neville, come sta? E Ron?
Un bacio,Harry, Hermione e Ginny
Sì, così andava più che bene. Arrotolarono la pergamena e si diressero fuori dalla Città Accademica, verso la zona delle lezioni (la parte costruita fuori dalla montagna) fino ad attraversare il Salone d'Ingresso e, salite delle scale a chiocciola, si ritrovarono in Guferia.
Notò, guardando da fuori le finestre della torre, quanto fosse strano che in quel momento all'esterno della scuola fosse buio.
“Qui funziona così” gli spiegò Hermione. “Noi non usciamo quasi mai dalla montagna, ma Astrid mi ha detto che durante i mesi invernali la luce si presenta solo un'ora al giorno”.
“Spero che risponda presto” disse Harry con un sospiro, legando alla zampa di uno dei gufi della scuola la loro lettera.
Mentre il gufo volava via nel cielo notturno, divenendo un profilo sempre più lontano, Hermione si schiarì la voce. “Senti, Harry…non so se hai sentito quello che succederà a Natale…”
“Veramente, no”.
“Beh, ecco, ci sarà un ballo, qui…lo fanno tutti gli anni. Gli studenti non vanno in vacanza con le famiglie durante il Natale, e se lo fanno è comunque molto raro. Ecco, mi chiedevo…ti andrebbe di andarci insieme?”
Harry la fissò, pensante; quell'informazione gli aveva provocato un brivido lungo la schiena.
E poi,ome funzionava un…ballo?
Hermione continuava a guardarlo speranzosa.
“Io…va bene” rispose, rassegnato. Ma scordati di ballare, pensò.
Passarono due giorni in attesa che Frank rispondesse, e più volte i ragazzi tornarono in Guferia per vedere se il gufo aveva fatto ritorno (“Devi tenere conto che l'Italia è molto a sud, soprattutto rispetto a qui” gli aveva fatto presente Hermione un sabato) e un lunedì mattina Harry, Ginny e Hermione decisero di salire in Guferia, speranzosi di aver ricevuto la lettera.
Ma nel momento in cui Hermione aveva avanzato la mano sulla maniglia, la porta della Guferia si spalancò e Malfoy apparve sulla soglia. Aveva un'espressione strana sul volto, quasi preoccupata.
La fronte era corrugata e sudaticcia, gli occhi erano lucidi, e si mordeva continuamente il labbro inferiore con crescente imbarazzo; probabilmente stava male.
Harry notò che stringeva una lettera in mano, in modo talmente tanto frenetico che era quasi stropicciata.
Non disse loro niente di offensivo, non fece battute; passò accanto a Harry, Ginny e Hermione senza dire una parola, allontanandosi in fretta giù per le scale a chiocciola.
Ancora nessuna risposta. Inizi tu?
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