-
Cicatrice ( 4a storia della saga Cicatrice)- parte 8
CAPITOLO 10 – 2a parte
CICATRICE
Si allontanò un poco dal falò, con la scusa dell’ennesimo tentativo di parlare con Neville stando da solo; non voleva che corressero pericoli, ed erano certamente salvi nella foresta.
Si tastò la tasca della veste, e un sorriso gli sorse spontaneo quando trovò quello che cercava.
Estrasse il Mantello dell’Invisibilità, se lo mise addosso e cominciò a camminare a passo svelto verso il castello.
Harry scorse fra gli alberi la scuola di Hogwarts, e coprì la distanza che lo separava da essa a passo svelto, diretto ai cancelli.
Per fortuna erano solo accostati, e fu facile per Harry entrare; evidentemente i Mangiamorte non avevano pensato che un ragazzino di tredici anni potesse intrufolarsi per liberare il suo amico, pensò.
Velocemente percorse i gradini sulla scalinata e aprì le porte del Salone d’Ingresso.
Quello che gli si presentò davanti gli fece uno strano effetto: l’ambiente fiocamente illuminato era pulito, senza più i segni dell’assedio di tre mesi e mezzo prima. improvvise immagini della battaglia gli tornarono alla mente con grande dolore, quasi da farlo stringere il cuore: ricordava perfettamente le posizioni di ciascun corpo inerte durante lo scontro…. Il sangue disseminato sul pavimento…e soprattutto la Cooman, che era morta per salvarli.
La cosa ancora più strana era che non c’era nessuno in giro. Harry immaginava che ci dovesse essere qualcuno a fare da guardia all’entrata, o che comunque i Mangiamorte passeggiassero per i corridoi, e invece no.
Incerto, con la presa ben salda sulla bacchetta e l’altra mano che controllava che il Mantello fosse ben sistemato sulla sua testa, Harry mosse i primi passi nel Salone d’Ingresso. A ogni rumore si voltava, quando probabilmente era solo qualche animale o il rumore delle fiaccole appese alle mura.
Poi una domanda gli sorse spontanea: dove poteva essere tenuto Neville?
Fino a un momento aveva pensato solo a non essere visto; ma adesso che non c’era nessun segno di Mangiamorte o di Tu-Sai-Chi in giro, si rese conto per la prima vera volta di essere da solo davanti al rischio.
Lentamente si avvicinò alle porte della Sala Grande, e spiò nella fessura. Era buio pesto. Non si vedeva niente. Harry tese l’orecchio, ma non vi era neanche l’eco di un respiro affannato.
Disperato, si rimise eretto e si guardò intorno. Era incredibilmente teso, la bacchetta puntata davanti a sé come difesa, anche se sapeva che non avrebbero potuto vederlo in ogni caso.
Si accorse che tremava, ed era solo lui con il battito terribilmente veloce del suo cuore.
Poi sentì dei rumori e si voltò verso l’entrata dei sotterranei.
E allora capì che Neville doveva essere là sotto. Non aveva idea di dove l’avessero nascosto esattamente, ma era vero anche che i sotterranei portavano alle segrete del castello, ed era l’unico luogo ragionevole dove tenere un prigioniero.
Che stupido, pensò mentre correva verso l’entrata dei sotterranei, sono stato un’ora nel Salone d’Ingresso senza neanche minimamente calcolare questa possibilità!
Scese le scale a chiocciola senza neanche sentirle sotto i suoi piedi.
Una volta giunto nei sotterranei, Harry si rese conto che non si sarebbe dovuto abituare all’oscurità di quel luogo come al solito, visto che anche il Salone d’Ingresso era altrettanto tenebroso. Si guardò a destra e a sinistra; non c’era tempo da perdere.
Andò a controllare l’ufficio di Piton e l’aula di Pozioni, ma non v’era traccia di Neville; allora girò per il corridoio dove incontrò il quadro di Serpeverde – che ovviamente non lo vide- ma in nessuno dei locali vuoti vi era Neville. Un senso di frustrazione invase Harry; si era sbagliato. Aveva fallito, e ogni minuto che passava Neville avrebbe potuto essere prelevato da dove era tenuto e torturato….e lui invece era bloccato lì, come un idiota, con il senso di colpa che saliva alle stelle.
Sentì un rumore alle sue spalle e poi dei passi nel corridoio. Harry si girò lentamente dietro di sé, e vide la nuca di Draco Malfoy allontanarsi. Harry lo seguì cercando di non far rumore.
Da lontano notò che aveva un piatto in mano, coperto però da un telo. Harry non ebbe dubbi; lo stava portando a Neville. Con la conferma nel cuore Harry si sentì più leggero e fu quasi di buon umore che seguì Malfoy svoltare per un secondo corridoio, fino a che non si fermò davanti al muro. Harry lo osservò con curiosità mentre il compagno sollevava debolmente una mano e la tastava quasi con una sequenza ben definita sul muro.
Poi avvenne una cosa che Harry non aveva mai visto accadere a Hogwarts; vide la parete scomparire, al di là del quale vi era solo oscurità. Malfoy avanzò con passo deciso e oltrepassò la soglia, e Harry lo imitò senza tante indecisioni, finendo in lungo corridoio buio pesto che Harry non aveva mai visto.
“Lumos!” mormorò Malfoy a metà del corridoio, una volta sguainata la bacchetta.
Harry lo dovette ringraziare silenziosamente, perché probabilmente se non l’avesse fatto sarebbe inciampato, e poi non poteva di certo correre il rischio di lanciare lui quell’incantesimo; tuttavia per vedere bene dove andava fu costretto a stargli ancora più vicino.
Malfoy fece quasi cadere il piatto che aveva in una mano due volte, perché sobbalzava ad ogni piccolo rumore di qualche animale nei corridoi.
In poco tempo, i due arrivarono dinanzi ad una porta, che Malfoy spalancò senza problemi.
Harry gli stava dietro e corse dentro prima che la porta di legno si chiudesse automaticamente.
Il locale dove ora si trovavano era illuminato solo da una fiaccola appesa al muro, illuminando vagamente le forme misteriose di qualcuno per terra e un po’ di paglia da un lato, e Harry intravide appena che doveva essere un posto molto sporco.
Malfoy posò in maniera sdegnosa il piatto davanti a quella figura indistinguibile e l’osservò per qualche secondo, sofferente e impaurito; l’altro alzò il capo leggermente per vedere chi fosse, poi si riaccasciò a terra sconsolato.
Malfoy girò i tacchi verso la porta e con la stessa aria svogliata, lagnosa ed impaurita mormorò alla porta: “Purosangue” ed uscì.
La figura attese qualche secondo, e dopo che ebbe la sicurezza che si fosse allontanato abbastanza si sporse verso il piatto, sollevò il telo, sotto il quale si rivelò essere una pagnotta farcita e una coppa d’acqua e cominciò a mangiare come se non ci fosse stato nulla di più buono. Guardando il suo viso, Harry ebbe la conferma che fosse Neville, dalle sembianze sporche e smagrite.
Harry fu colto dall’indecisione, poi decise di sussurrare: “Neville! Neville sono io, Harry!”
Neville sollevò il capo e si guardò a destra e a sinistra, circospetto.
Aveva gli occhi sbarrati, illuminati dalle fiamme e dalla sorpresa. “Harry? Sei proprio tu?” disse con voce roca. “Ma dove sei?”
“Qui!” rispose Harry, togliendosi il Mantello e posandolo a terra.
Neville gli rivolse un sorriso debole e stanco, per poi lasciare spazio ad un volto sorpreso.
“Come sei arrivato?”
“Grazie a Louise, Luna, Hermione, Ron, Frank, Richard e John e Ginny” rispose Harry, mettendosi seduto sul pavimento davanti a Neville. “Ci siamo organizzati e siamo venuti qui a prenderti” finì di spiegare ad un Neville sempre più impaurito e colpito; forse non si aspettava che tutti loro si fossero sacrificati per lui.
“Ma…ma ora sono anche loro nella scuola?”
“No” rispose subito Harry, “sono venuto da solo, ho pensato…”
“Accidenti Harry!” lo interruppe acidamente Neville, “ti rendi conto del rischio che hai corso? Qualcuno avrebbe potuto vederti, ad esempio Malfoy!”
“Ma non è successo” disse Harry, guardandosi improvvisamente le spalle. “Muoviamoci, prima che arrivi qualcun altro!”
“Improbabile” scosse il capo Neville, “viene solo Malfoy, lui mi porta sempre da mangiare, e tra l’altro ne farebbe anche a meno se potesse…”
“Sì, va bene va bene” disse Harry, con una certa fretta, “meglio così. Ora però, alzati, forza, dobbiamo uscire di qui!”
Neville sembrò stupito da tutta quella fretta e guardò a lungo Harry come se fosse impazzito.
“Che…Che cosa?”
“Vieni” insisté Harry, sollevando il Mantello dell’Invisibiltà da terra e alzandosi.
Ma Neville rimase fermo dov’era e continuò a guardarlo allibito.
“Harry….non si può fare” spiegò.
“Certo che si può fare” protestò Harry, che cominciava a infuriarsi dell’espressione attonita dell’amico. “Senti, ho passato le pene dell’inferno per venire a prenderti…abbiamo passato le pene dell’inferno per salvarti, e di certo ora non mi sentirò dire che non vuoi fuggire!”
“Ma Harry, tu non capisci” incalzò Neville, sempre con quel tono odioso, “la vedi quella porta dietro di te? Beh, non posso fuggire. È un sistema d’identificazione: attraverso il rango del tuo sangue la porta decodifica tutta la tua genealogia e scopre chi sei. Malfoy è riuscito a passare perché la porta l’ha riconosciuto. Sai quante volte ci ho provato io e la porta mi ha rifiutato? Sa benissimo che io sono Neville il prigioniero. E tra l’altro non puoi neanche mentire sul tuo stato di sangue, la porta rimane inanimata e bloccata.”
Harry era furibondo: primo per via di quell’assurdo incantesimo, e in secondo luogo per via dell’inerzia di Neville; sembrava un cane bastonato, convinto a forza a rinunciare a lottare.
Harry conosceva Neville, e anche se era spesso insicuro, non aveva mai mollato ed era riuscito a fare le cose più impensate.
“Ascolta” riprese a parlare paziente Harry, cercando di mantenere la calma, “ Ora ci sono io, qui. Chissenefrega se veniamo identificati, dobbiamo provarci comunque, e non verremmo scoperti, abbiamo il Mantello dell’Invisibilità e possiamo raggiungere gli altri nella Foresta…”
Seguì il silenzio, durante il quale Neville sembrò riflettere. I suoi occhi saettavano da Harry al Mantello, dal Mantello a Harry, senza prendere una vera e propria decisione.
Per un attimo sembrò decidersi e fece per alzarsi, ma all’ultimo si risedette e guardò in basso.
“Vattene, Harry” disse, e sembrava veramente dispiaciuto. “Ti prego, vattene finché sei in tempo!”
“Ma perché?” s’innervosì Harry. “Tu-Sai-Chi ti ha rapito per uno scopo…non ho la precisa idea di che cosa vogliano farti, ma è male! Ti prego, Neville, siamo in due, abbiamo una copertura” e indicò di nuovo il Mantello dell’Invisibilità “qui si tratta di vivere o morire! Ti prego, Neville, ragiona!”
Neville sollevò lentamente lo sguardo su di lui. “Harry, vattene”.
Harry allora s’avvicinò e lo prese per un braccio, costringendolo ad alzarsi, ottenendo però solo l’effetto di vederlo strisciare per terra.
“Harry, no…”
“Andiamo, Neville!” lo esortò, quasi alle lacrime.
Ma alla fine fu costretto a lasciarlo andare.
Neville continuò a rivolgere lo sguardo verso il basso.
Harry lo studiò per qualche secondo e si rassegnò all’idea che non c’era niente da fare; così si piegò per prendere il Mantello, quando alla fine cambiò idea e lo lasciò lì, con il sentore che forse sarebbe potuto tornare utile all’amico.
Così si rivolse alla porta e, sconsolato, disse: “Mezzosangue”.
La porta si aprì automaticamente e Harry, non senza provare rabbia, attraversò la soglia.
Per quale diavolo di motivo Neville avrebbe voluto rimanere chiuso in quella gabbia?
Più si poneva quella questione più diventava matto.
Dopo aver attraversato l’oscuro passaggio, Harry imboccò nel corridoio del sotterraneo con il cuore che batteva forte; doveva uscire di lì, subito, e avvertire gli altri.
Non aveva intenzione di rinunciare a salvare Neville, ma per fare questo avrebbe avuto bisogno di loro. Era una strana situazione la sua; non aveva voluto coinvolgerli per evitare che corressero rischi, e ora..
“C’è qualcuno di estraneo all’interno del castello!” gridò qualcuno dall’altra parte del corridoio.
Harry si sentì gelare il sangue e subito s’appiattì contro la parete, mentre sentiva dei passi avvicinarsi a lui velocemente.
Lo sconforto sembrò dominarlo completamente: era finita. L’avrebbero scoperto e lui non poteva fare niente per evitarlo…
A pochi metri da lui apparvero le figure di persone che Harry riconobbe bene: erano Bellatrix Lestrange, Lucius Malfoy e un mago dei due maghi che aveva visto controllare i corpi caduti durante la battaglia.
“L’intruso non può essere andato molto lontano, dato che abbiamo ricevuto l’allarme pochi momenti fa” disse il Mangiamorte cui Harry non sapeva il nome, “che tipo è il figlio dei Potter, Lucius?”
“Né furbo, né sveglio” rispose Lucius con aria annoiata, setacciando il corridoio con la bacchetta che illuminava il corridoio, “mio figlio Draco è nel suo stesso anno. Non è minimamente portato per le materie scolastiche e non è sufficientemente furbo da sfangarla quando si aggira di notte per i corridoi…”
L’altro sembrò soffocare una risata. “Infatti a Draco è stato affidato il compito di portare il cibo a Neville Paciock!”
Mentre Harry s’accostava dietro un’armatura, sobbalzò vedendo lo scatto fulmineo di Bellatrix che si avventava sul mangiamorte, puntandogli la bacchetta alla gola; i suoi occhi strabuzzanti emanavano follia.
“Non ti permettere di insultare Draco in questo modo!” urlò quasi Bellatrix, prima che Malfoy potesse dire qualcosa in difesa di suo figlio. “E’ un grande onore poter adempiere al volere del signore oscuro…”
Ma furono interrotti da qualcuno che scendeva le scale dei sotterranei velocemente, per poi rivelarsi essere un uomo che Harry non ricordava di aver mai visto fra i Mangiamorte. quello che preoccupò di più Harry era il suo sorriso maligno.
“Signori” disse questo, “ Credo di aver trovato qualcosa che potrebbe dirci qualcosa sull’intruso..” e tirò fuori dalla veste una bacchetta, mostrandola ai presenti con aria vittoriosa. Harry fu percorso da un senso di terrore e subito si tastò le tasche, per poi tirare un sospiro di sollievo quando la trovò ancora al suo posto. Ma allora di chi era quella bacchetta?
La fissò, inorridito, mentre Bellatrix pronunciava l’incantesimo su di essa e usciva il bagliore dell’incantesimo di pietrificazione .
“Dobbiamo setacciare il castello” disse Lucius Malfoy, “a quanto pare c’è più di un estraneo qui dentro”.
E insieme risalirono le scale e sparirono nel Salone d’Ingresso.
Nell’oscurità del sotterraneo Harry, ormai solo, attese con il fiato sospeso, interrogandosi su cosa sarebbe avvenuto nei momenti successivi. Non capiva come fosse possibile… fino a un momento prima aveva creduto di essere da solo…e non erano passati pochi attimi da quando…da quando, mentre Harry parlava con Neville, i suoi amici entravano nella scuola.
Certamente non poteva essere altrimenti; dovevano essere loro che, non vedendolo tornare avevano supposto – giustamente- che Harry doveva essere andato a salvare Neville da solo, colto da un lampo di genio. Harry si sentì improvvisamente in colpa, mista al panico.
Sperò solo che non fossero entrati tutti.
C’era solo una cosa che doveva fare, ovvero andarli a cercare a sua volta.
Nel silenzio innaturale che era tornato a dominare attorno a lui, Harry attese.
Poi tirò un sospiro e, controllato che non ci fosse nessuno di passaggio, corse su per le scale dei sotterranei.
Guardandosi intorno nel Salone d’Ingresso, vide che non c’era nessuno nei paraggi, e tutto sembrava essere tornato a quando aveva messo piede dentro Hogwarts.
Con il cuore che gli batteva a mille nelle orecchie, e il respiro affannato, Harry prese a salire velocemente sulla gradinata di marmo.
Mentre percorreva i corridoi nel buio più totale, illuminati solo dalla luce della bacchetta, si ricordò di dover fare molta attenzione, poiché non aveva più con lui il Mantello dell’Invisibiltà.
Però più continuava a camminare, più non incontrava nessuno. Era piuttosto strano visto che il castello era stato occupato dai Mangiamorte, che teoricamente avrebbero dovuto sentirsi liberi di girare per la scuola senza preoccupazioni, e invece no.
Il tutto dava un aspetto decisamente inquietante, soprattutto perché era mattino, e invece attorno a lui c’era solo buio e un senso continuo di morte.
Sperava di incontrare almeno qualche vecchio fantasma del castello; sarebbe stato contento di vedere persino Pix, con i suoi scherzi insopportabili che davano tanto fastidio ad Argus Gazza, il guardiano. Ma neanche quando arrivò al terzo piano incrociò qualcuno.
La sua bacchetta continuava a proiettare la luce sul pavimento in modo scattoso e inquietante visto che non c’erano fiaccole accese e Harry fece attenzione a nascondersi nel buio, anche se non c’era nessuno che potesse vederlo.
Vagò senza una meta precisa, poi si bloccò a metà di un corridoio e si ricordò del passaggio dell’arazzo che aveva usato tanto il suo primo anno.
Probabilmente sono andati di là, si disse, e si mise a cercare l’arazzo illuminandolo con la bacchetta. Fremeva tanto che le gambe gli tremavano e non credeva di avere la lucidità giusta per riconoscerlo; e se fosse arrivato qualcuno all’improvviso? Non poteva saperlo!
Finalmente lo trovò; aveva controllato bene che ci fosse una porta dietro di esso, e una volta fatto questo prese e imboccò dentro velocemente. Attraversato l’oscurità ancora più intensa del passaggio, si vide al settimo piano. Nel vederlo in quelle condizioni, così spogliato, buio, tetro e morto Harry non poté fare a meno di provare una fitta terribile allo stomaco, la nostalgia. Hogwarts non meritava questo. Senza perdere altro tempo –perché le gambe in qualche modo lo incitavano a muoversi- Harry continuò a vagare per il settimo piano, e fu senza uno scopo finché prese la decisione di andare al dormitorio di Grifondoro per controllare se i suoi amici erano lì.
Quando giunse nel corridoio della Signora Grassa, notò con orrore una cosa che non avrebbe mai creduto di vedere: il quadro era stato spostato, anzi, scaraventato a terra da un lato.
La tela era stata tagliata e graffiata, e c’era una striscia di vernice secca che si allungava per il pavimento.
Il cuore di Harry si fermò; era come se avesse trovato le prove di un omicidio.
Si chiese da quanto tempo fosse accaduto, per poi ricordare che lui non era mai tornato al dormitorio di Grifondoro prima d’allora.
Non sapeva perché il fatto che la Signora Grassa non ci fosse più, ma era come se una lama di terrore gli fosse penetrata ancora più intensamente nel cuore, tanto da sentirsi gli occhi umidi.
Probabilmente perché ogni realtà che aveva conosciuto stava morendo.
Poi si riscosse, e fingendo malamente di non aver visto ciò che giaceva accanto a lui, vide il buco del ritratto, si arrampicò ed entrò.
Quando entrò nella sala comune, non fu sorpreso di trovarci nessuno, anche se ci sperava.
Controllò dappertutto, ma i suoi amici non erano né in sala comune né nel dormitorio.
Ma dove erano finiti? Disperato uscì dal dormitorio e si ritrovò nel corridoio del settimo piano. Si sentiva solo, sperduto e smarrito.
Cominciò a correre, senza pensare a cos’altro fare; forse per svuotarsi la mente, forse perché pensava che così avrebbe ritrovato i suoi amici, non lo sapeva.
Ritornò davanti all’arazzo, deciso ad andare di nuovo al terzo piano; da lì poi avrebbe preso le scale, sarebbe andato a vedere gli altri piani.
Con decisione mise la mano sul pomello quando….fu travolto da una massa di persone forte come una montagna e finì sul pavimento.
“Harry! Harry stai bene?” chiese Hermione, piegata su di lui.
“Io…credo di….” Si toccò la testa, stordito, per poi incontrare il viso dell’amica e accorgendosi che c’erano anche tutti gli altri.
“Come avete fatto a…”
“Dobbiamo sbrigarci” lo interruppe John, tendendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi, “hanno preso Neville e l’ hanno portato non so dove nel castello. Fortuna che ti abbiamo trovato!”
“Dobbiamo andare immediatamente” disse Harry, “non c’è tempo da perdere”.
Insieme attraversarono la porta dell’arazzo e finirono al terzo piano.
“Da questa parte!” disse Richard, a capo del gruppo. Ma proprio mentre erano a metà del corridoio, un piccolo gruppo di Mangiamorte li sorprese.
“Sono loro! Prendiamoli!” esclamò uno di loro, ma Harry era troppo agitato per capire chi fosse.
Partì un raggio di luce rossa che fortunatamente rimbalzò sulla porta.
“Expelliarmus!” gridò la voce pronta di Louise, e disarmò l’avversario che li aveva attaccati.
Come un accordo silenzioso, tutto il gruppo girò i tacchi e cominciò a correre lontano, cercando di creare più distanza possibile tra loro e gli inseguitori, che continuavano a lanciare incantesimi e maledizioni.
Harry era molto confuso; il tutto si stava susseguendo troppo velocemente perché potesse capire.
Si vide attraversare la porta dell’arazzo senza parlare, mentre i suoi amici lanciavano incantesimi; Harry avrebbe voluto unirsi a loro ma Ron e Hermione continuavano a spingerlo incitandolo a correre.
Allora percorsero il settimo piano, Harry con il desiderio disperato di avere un posto dove nascondersi e riflettere e riprendere fiato e lucidità; credette di passare davanti alla stessa parete tre volte, e la prima porta che vide imboccò, seguito dagli altri. Poi si fermò, ansimando, e si mise le mani sulle ginocchia, lo sguardo fisso a terra, recuperando il senno.
“Ce l’abbiamo fatta” disse Frank, ansimando.
“Sì” commentò Ginny, “ma che razza di posto è questo?”
Harry alzò lo sguardo verso il posto dove erano finiti. Ginny aveva ragione, era un posto decisamente strano.
Sembrava un enorme magazzino dove vi erano pile e pile di libri e altre cose, tante cose di genere diverso, che avevano tutte l’aria di essere rotte o vecchie. Aveva l’aria di essere un grande scantinato dove erano stati depositati tanti oggetti, dagli armadi giganti a borse, maschere da elfo, parrucche, frisbee zannuti rotti, gioielli. Non sapeva il motivo, ma anche quella stanza era per Harry piuttosto familiare; in particolare lo colpì un diadema in un angolo, accanto al busto di uno stregone su cui era stata messa una parrucca.
“Non possiamo restare qui” disse al gruppo, distogliendo lo sguardo da quell’oggetto, “più tardiamo più avremo meno possibilità di salvare Neville da qualsiasi cosa Tu-sai-chi voglia fargli…”
“Ma Harry, come la mettiamo con i Mangiamorte là fuori?” chiese ragionevole Ron. “Dobbiamo inventarci qualcosa prima che ci friggano vivi o qualcosa del genere…”
“Per questo dobbiamo affidarci a Hermione e a Louise…ma sentite, non è importante adesso, riusciremo a sfangarla, ora dobbiamo pensare a…”
“Ricordo di questo posto” intervenne Luna senza motivo, con lo sguardo vago per tutta la stanza, per nulla interessata alla loro discussione, “ricordo che una volta ci sono finita per sbaglio….volevo fortemente sapere dov’era il nascondiglio dei Nargilli, e sono finita in un posto pieno di vischio. Strano che non li abbia trovati…Il bello è che questa stanza sembra comparire dal nulla quando hai bisogno di qualcosa…”
Ma Harry non l’ascoltava; si sentì improvvisamente stordito, e non si rese conto di essere finito proprio nell’angolo della stanza, e di stare sfiorando il diadema alle sue spalle che aveva visto prima. Poi sentì che la testa girava, e cadde in ginocchio. La sua mano non riusciva a staccarsi dal diadema, mentre aveva un flash di Neville con le mani legate dietro a una sedia davanti a un calderone e in mezzo alla sala grande…
Dopo sembrò che la testa volesse prenderlo a pugni sulle tempie, e vide delle cose molto strane……cominciò a rivivere in una colorata sequenza tutta una vita che non gli apparteneva: vide lui a undici anni in Infermeria mentre parlava con Silente, lui con Dobby nella casa dei suoi zii sconosciuti, il Platano picchiatore, un ragno gigante, una macchina volante nella foresta, lui e Ron che cercavano indizi mentre Hermione era pietrificata su un letto…
E poi lui che tornava dagli zii, e lui che fuggiva con un trolley alla man mentre la sua zia grassa – che non conosceva, ma era sicuro che fosse sua zia- che volava sul quartiere, lui che prendeva un Nottetempo, e lui, Ron e Hermione per Diagon Alley, e un animale strano mezzo uccello e mezzo leone, le litigate con Ron e Hermione per il gatto di Hermione, Hermione che dava un pugno a Draco Malfoy, Harry, Ron e Hermione che andavano da Hagrid ogni sabato,
e poi Hogsmeade, e la McGrannitt che parlava, e il volto di Sirius, sporco e livido come mai l’aveva visto in vita sua, Remus, i dissennatori…
…Qui il dolore si fece più ampio, e sentì quasi delle lame perforargli nelle tempie……e poi la sua visione continuò, e vie una rotella che girava al collo di Hermione, e poi tutto andava bene….poi un la Coppa del mondo di Quidditch, un capeggio distrutto, una figura in mezzo al bosco che gridava Morsmordre al cielo e lasciava il marchio dei Mangiamorte, e poi il ritorno a Hogwarts, le scuole di Beauxbatons e Drumstang da loro, una prova, un ballo, due prove….
…La sensazione delle lame sulle tempie penetrò ancora di più con una terribile sensazione fredda, e Harry vide Neville che veniva ferito, mentre una figura gli trafiggeva il braccio…e lui avvertiva la stessa sensazione, e vide improvvisamente se stesso, ma in un altro luogo, in un altro tempo, forse, legato a una tomba con un serpente che gli girava attorno esattamente come lo era Neville a quella sedia, davanti a un calderone….poco più in là giaceva un corpo inerme.
Mentre le lame penetravano nella testa di Harry, sentì un fastidio alla fronte…E dopo aver visto due occhi rossi luccicanti osservarlo, Harry vide se stesso in balia di quella casa di babbani a patire il caldo e intento a sentire telegiornali, e poi difendere un ragazzo –che doveva essere suo cugino- dai dissennatori, e poi essere processato, tornare a Grimmauld Place con Sirius e l’Ordine della Fenice, e poi tornare a Hogwarts, sottostare a un regime di una rana umana, e vedere Sirius intrappolato, un’avventura al Ministero finita male, vedere Sirius trasportato dietro un velo….
….i pugni sulla fronte divennero una terza lama; Harry vide di nuovo se stesso legato a quella tomba, mentre un tipo incappucciato con un fagotto in mano dove dentro c’era qualcosa che i dimenava faceva degli incantesimi… e poi vide nella stessa situazione Neville, nella Sala Grande…e all’improvviso ebbe chiaro quello che gli stavano facendo, ma Harry non aveva la forza né la capacità di impedirlo…
…. Lui e Silente che andavano da un signore grasso con i baffi da tricheco, la mano nera di Silente, il bacio con Ginny, Hermione e Ron che litigavano, il suo successo in Pozioni, con quel strano personaggio che aveva visto con lui e Silente, e poi lui e Silente che parlavano e finivano nei ricordi di qualcun altro – Voldemort- e poi una grotta, e Silente stava per morire….Draco Malfoy sulla torre che punta la bacchetta contro il preside, ma alla fine lo uccide Piton…. E Harry, Ron e Hermione che partivano seguendo le indicazioni del preside morto, e andavano in diverse case e al Ministero della Magia, e viaggiavano con una tenda – Dobby che moriva- Poi tutto che si faceva più veloce, e loro che si trovavano alla Gringott sotto false sembianze, Hermione con stretta in mano una coppa, loro a Hogsmeade e a parlare con il signore della Testa di Porco, che non era nient’altro che il fratello di Silente, un passaggio segreto dietro un quadro, una battaglia, la sala comune di Corvonero dove c’era anche la McGrannitt e Luna, un combattimento per il corridoio fra la McGrannitt e Piton, e poi poco dopo esplodeva la battaglia, e lui si ritrovava nella Stamberga Strillante con Ron ed Hermione ad assistere all’omicidio di Piton…
Quando comparve il serpente, Harry cominciò a sentire qualcosa che gli penetrava dentro la testa. All’inizio ne avvertiva solo il solletico, poi come una sonda sembrò perforargli la fronte, e ebbe dei flash di luce dove rivedeva ancora se stesso legato a quella tomba, in quel cimitero, mentre l’ormai rivelato Peter Minus stava avanzando verso il calderone…e rivide Neville, nella Sala Grande gridare, mentre Peter Minus compiva il medesimo gesto….
Poi le immagini della Stamberga Strillante ripiombarono, e si rivide nella battaglia di Hogwarts mentre correva con addosso il Mantello dell’Invisibilità e correva nella Foresta Probita, e apriva il boccino con la bocca, e uscivano i genitori, Sirius e Remus con lui, e lo accompagnavano al cospetto di Voldemort….
In quel momento quella specie di sonda invisibile che gli penetrava nel cervello e lo ispezionava gli diede una forte scossa elettrica, e Harry si rese conto senza poter reagire che tremava tutto, e provava un immenso dolore…
E Harry era di nuovo nel cimitero, attorniato dai Mangiamorte, e Peter Minus era sempre più vicino al calderone….la fronte gli fece ancora più male quando vide che Neville era nello stesso stato di dolore e pianto, e Harry si sentì ancora più sofferente…E poi si ritrovò catapultato davanti a quello che doveva essere Voldemort, ed era decisamente mostruoso: aveva la testa bianca e scheletrica, gli occhi rossi con le iridi strette e lunghe, e un paio di narici che gli conferivano l’aspetto viscido di un serpente, e indossava una veste nera e lunga. Harry ne fu impressionato, ma non ne ebbe paura, perché era consapevole che quei fantasmi dei suoi genitori e amici erano con lui.
Allora Voldemort alzò la bacchetta, e tutto ciò che vide fu un getto di luce verde puntare verso di lui….…Era ancora legato alla tomba, e Peter Minus stava gettando quello che sembrava un bambino dentro il calderone… il dolore cominciò a espandersi per tutta la fronte e a bruciargli in alcuni punti focali…intanto, davanti a Neville, Harry vide che Peter Minus stava gettando lo stesso bambino informe dentro il calderone dove aveva messo il sangue di Neville – o il suo, era piuttosto confuso- e un osso, e la sua mano… Harry urlò di dolore, nello stesso istante in cui lo fece Neville.
Harry avvertì degli spasmi nel corpo mentre una fiamma partiva dal calderone del cimitero…
Nello stesso istante, lo fece anche quello nella Sala Grande, e Harry lo vide per la prima volta dal punto di vista di Neville… sentì una forte pressione alla testa, sudava, e il cervello gli mandava continue scariche elettriche mentre il bruciore si localizzava e lo graffiava sulla fronte…Harry sentiva puzza di bruciato, oltre che un dolore insopportabile, tanto che desiderò la morte…
E poi dalla nube dei due calderoni, nello stesso istante, uscì un corpo bianco e adulto.
Harry – e allo stesso tempo Neville, visto che vedeva dal suo stesso punto di vista- videro che la testa di costui si girava verso di loro, e quando gli occhi rossi di quell’essere perforarono il volto di costoro, entrambi sentirono un gemito di dolore. Poi Voldemort cominciò a parlare, ed Harry lo vide sia nella sua realtà parallela che nei panni di Neville; parlava della sua vita, di ciò che aveva fatto negli anni in cui non aveva avuto un corpo e lo raccontava ai Mangiamorte.
Harry non si sentiva più le gambe, e viveva quella situazione come se fosse in un sogno; a ricordargli che non lo era affatto ci pensavano le fitte di sofferenza alla fronte che provava ogni volta che quegli occhi rossi incontravano i suoi.
E poi, Voldemort si avvicinò a lui, testimoniando di poterlo toccare; e quando il polpastrello del suo dito scheletrico gli premette sulla fronte, fu come un laser sulla fronte di Harry, tagliandola in due e lasciando in lui solo il desiderio di morte.
Poi, come se fosse stata una siringa, il bruciore penetrò ancora di più dentro la sua testa, e sentì fiotti caldi scivolargli sulla fronte; tremò, lentamente riprese coscienza delle gambe, delle mani, delle braccia e del corpo, tornò allo stato presente., anche se non riusciva a distinguere bene i volti delle persone che lo circondavano. Poi cadde a terra, sfinito, attorno a lui solo l’oscurità.
“Harry? O santo cielo, Harry!” chiese la voce lontana di Louise e Harry si rese conto di essere scosso da qualcuno. Era incredibile quanto stanco e debole si sentisse; sarebbe voluto rimanere sdraiato per riprendere tutte le energie che Voldemort gli aveva rubato.
“Harry!” squittì Hermione.
Qualcuno gli prese il polso. “Non è morto” disse John rivolto agli altri, “riesco ancora a percepire il battito…è solo…debole”.
“Chissà che cosa gli è successo” disse Frank, più parlando a se stesso che agli altri. La voce gli tremava. “Quel coso…cosa vuol dire?”
Harry aprì gli occhi di scatto, e la prima cosa che notò era che aveva le lenti appannate e insanguinate. A fatica si mise seduto, percependo appena i suoi amici che lo guardavano con aria preoccupata. Si accorse che la testa gli girava vorticosamente, era febbricitante.
Gattonò all’indietro fino a che non si poggiò sfinito contro una pila di libri, e poi posò lo sguardo sui compagni, che fissavano la sua fronte, allarmati.
Harry non parlò; era fin troppo stanco per farlo, ma debolmente si portò la mano alla fronte.
Ma stava per toccarla che Hermione intervenne e gliela fermò. “No Harry aspetta, forse posso rimediare io…” Ma Harry si divincolò dalla presa bruscamente e la ragazza indietreggiò, colpita. Con la mano tremante si sfiorò la fronte. “Ahia!” si lamentò, e scoprì quanto rauca e debole fosse la sua voce mentre la ferita bruciava terribilmente.
Abbandonò la testa contro la colonna di libri, indebolito. Era confuso, non capiva cosa fosse successo. Probabilmente era svenuto di nuovo.
Nessuno dei suoi amici osò parlare; perfino Luna, che in momenti come quelli se ne usciva con qualche buffa osservazione, e Harry la ringraziò silenziosamente per essersela risparmiata.
Chiuse gli occhi e cercò di fare mente locale di ciò che era successo; lentamente, alzò di nuovo la mano verso la fronte, e scostato il ciuffo ribelle, cercò di capire, perché era tormentato dal dubbio.
Come se stesse tracciando un disegno con la matita, seguì con il dito il perimetro della ferita, e capì di che forma era fatta. Andava da una parte all’ altra della fronte, perfettamente al centro, lunga e sottile, e non perfettamente lineare. Più ne seguiva il disegno, più ricordava quello che aveva visto, più sapeva. E finalmente capì. La ferita era a forma di saetta, come quella di Neville. Sorrise mentre osservava il dito indice con la punta sporcata da una goccia di sangue.
Ora sapeva, ne era certo; non era sicuro se essere grato o meno a quell’incidente, ma era certo che ciò che aveva visto gli aveva reso le idee più chiare. Quello che aveva sempre visto, qualsiasi cosa Silente gli avesse rimesso a posto nella mente, non facevano parte di una vita parallela. Era la sua vita precedente.
Alzò lo sguardo sui suoi amici, che lo fissavano increduli, come se fosse matto.
Harry gli fece un debole sorriso. Improvvisamente si sentì caricato di tutti quegli anni che non aveva, e di tutte quelle esperienze che non aveva fatto, poi provò ad alzarsi.
“Lo aiuto io!” venne Louise, aiutata dall’altro braccio da Ron.
“Dai amico, ce la puoi fare!” lo incitò lui, e Harry si voltò verso di lui e provò l’impulso di abbracciarlo; nella sua vita precedente, quella dove lui era stato il Prescelto, Ron era stato il suo migliore amico e ora lo sosteneva con un braccio, come se fosse stato sempre al suo fianco, e in un certo senso l’aveva fatto.
“Hermione” gli venne da dire Harry, anche se c’erano anche John, Frank, Ginny, Richard e Luna che potevano farlo al posto suo, “lo vedi quel diadema buttato lì all’angolo? Quello dove ero io? Prendilo…”
“Ma Harry…” protestò quella, con lo stesso tono con cui si contesta a un bambino.
“Ho detto di prenderla e basta” la interruppe lui decisivo, e per la seconda volta Hermione si zittì e ubbidì spaventata.
Ron e Louise lo aiutarono ad attraversare la stanza.
“Che facciamo adesso?” chiese Louise, pensosa, rivolta ad Harry, quando furono un po’ più avanti rispetto agli altri
“Andiamo a prendere Neville” rispose Harry, che anche se era debole fisicamente aveva chiaro cosa bisognava fare. “E’ nella sala grande. Credo che Voldemort vorrà sfidarlo…”
Louise quasi lasciò andare il braccio di Harry per lo spavento di quel nome.
Anche Ron impallidì. “Non dire quel nome!” gli rimbeccò.
Harry scosse la testa, stordito; non aveva mai pronunciato il nome di Voldemort, eppure adesso gli veniva così naturale….come se l’avesse sempre detto senza problemi…
Louise gettò un’occhiata indecifrabile alla nuova ferita e poi chiese:
“Sei sicuro che Neville sia nella sala grande?”
Harry annuì. “Fino a quanto ho potuto vedere, sì. So che Voldemort ha intenzione di sfidarlo, probabilmente di ucciderlo”.
“Dobbiamo correre, allora” disse Ron
“Ma tu come farai, in questo stato?” domandò Louise, preoccupata.
“Non preoccuparti per me” disse Harry, “io me la cave…” avevano appena messo piede fuori dalla stanza che Harry venne travolto da qualcosa.
“Harry!”
“Neville!” esclamò Harry, sorpreso di trovarselo addosso. Anche Neville guardò sorpreso la ferita sulla fronte. “Che hai fatto alla f…?”
“Rictusempra!”
“Stupeficium!”
“Crucio!”
Si sentivano dei rumori in lontananza; Harry e Neville e il resto dei ragazzi si girarono per il resto del corridoio c’erano sventolii di bacchette e flash di luce verde, gialla, rossa, e a combattere vi erano Mangiamorte e gente dell’Ordine della Fenice.
“Che ci fanno loro qui?” chiese Frank, emozionato di rivedere il padre.
“Sono venuti a salvarci” disse Neville. “Ma ora allontaniamoci da qui, Sirius mi ha detto che devo cercare un luogo sicuro…”
Il gruppo allora cominciò a correre, cercando di evitare gli incantesimi e le maledizioni.
Harry avrebbe voluto fermarlo per dirgli ciò che dovevano fare, ma ci furono varie interruzioni.
“Eccolo lì!” disse un Mangiamorte a un suo compagno quando Harry e i suoi amici furono arrivati al quarto piano.
Harry e gli altri si allontanarono, prendendo a scendere i gradini della scalinata principale.
Dopo qualche metro, i due mangiamorte sembrarono sparire alla vista.
Continuarono a correre fino a che non arrivarono al primo piano, e allora lì Harry, già affaticato prima e con il fiatone, prese per il braccio Neville.
“Hai il Mantello dell’Invisibilità?” gli disse. Neville si tastò la tasca della veste lercia e lo guardò intensamente. “E’ con questo che sono riuscito a fuggire quando è entrato l’Ordine della Fenice”.
“Ehi, chissà chi ha detto loro di…”
“Non ora Ron” lo interruppe Harry, con gli occhi rivolti a Neville. “Senti, bando alle ciance, devi mettertelo adesso. Dobbiamo andarcene da qui. Tutti noi. E tu devi essere protetto, perciò…”
“Ehi aspetta un momento, nessuno ha detto che tu devi dermi cosa devo fare…”
“Fidati di me, Neville” disse Harry, che era davvero esasperato di quella resistenza giostrata dall’amico, “e se non vuoi, fidati almeno di questa” e si indicò la ferita uguale alla sua.
“Un giorno mi spiegherai che senso ha tutto questo” disse Neville e, tirato fuori il Mantello dell’Invisibilità dalla tasca se lo gettò addosso.
Poi Harry si sentì tirare per un braccio e finì sotto il Mantello con Neville. “Tu vieni con me” spiegò molto esplicitamente.
Il gruppo continuò a camminare, fino a che non scesero nella Sala d’Ingresso, dove era in corso una battaglia durissima e già un paio di corpi giacevano ai lati della stanza. A Harry sembrò di essere tornato alla battaglia di tre mesi prima. Harry e Neville guardarono a destra e a sinistra, ma non c’era alcun segno di Voldemort.
“Forse se ne è andato” bisbigliò un’Hermione indecisa da fuori il Mantello.
“Non ne ho idea” rispose secco Harry, “ma andiamocene, adesso!”
Nessuno badava a quei ragazzi, ormai, e fu facile quindi per loro uscire senza essere visti.
Non appena mise piede fuori dal castello, il fresco della mattina presto lo pervase e lo rigenerò. Non c’erano Mangiamorte, in giro, e sembrava che avessero scampato ad ogni apparente pericolo. L’unica cosa che ora i ragazzi potevano fare era fuggire.
Ancora nessuna risposta. Inizi tu?
Log in to reply.