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erouC lI aM otloV lI ottelfiR noN
erouC lI aM otloV lI ottelfiR noN“…vigliacco…”
“…vigliacco…”
“…vigliacco…”
“VIGLIACCO”Severus Piton si era appena smaterializzato oltre le mura di Hogwarts.
Aveva portato a compimento gli ordini e rispettato il patto. Come sempre, d'altronde.
Si dirigeva con gli altri Mangiamorte verso l'Oscuro Signore, con quella rabbia cocente ancora viva nel petto; sentiva quella misera parola torturargli le viscere come una lama affilata, che scavava in profondità, marchiandogli a fuoco l'animo, incrementando l'odio che provava per il mondo, per Harry Potter, per la sua vita.
Gli aveva dato del vigliacco, proprio a lui…del vigliacco! Aveva osato sputargli in faccia quella parola, come se fosse nelle condizioni di farlo. Quanto l'avrebbe voluto uccidere e vederlo strisciare implorando perdono sotto una maledizione Cruciatus.
Sentiva il rancore accumulato in tutti quegli anni esplodere, forse, come poche volte nella sua vita, avrebbe perso il controllo e svelato la maschera, ma non voleva che succedesse lì.
“Ho dovuto ammazzare il tuo caro Preside e mi dai persino del vigliacco!?! Potrai anche avere una lontana idea di quanto sia arduo sopravvivere in questa feccia di mondo, ma la tua famosa saetta non può competere con le mie cicatrici. A quest'ora saresti morto e il Signore Oscuro regnerebbe incontrastato su tutto il mondo magico, invece sei dannatamente vivo e appari davanti ai miei occhi come l'essere che odio di più al mondo, per il semplice fatto che esisti, per il semplice fatto che sei il prodotto di un'unione che non si sarebbe mai dovuta compiere; non le assomigli per niente, hai preso solo da tuo padre, di lei non hai niente…niente.
Insopportabile, sfacciato, irritante, arrogante… Cosa ha mai trovato Silente in te.
Vorrei vedere la tua lapide affiancare quella del tuo paparino e riportare in vita l'unico membro della tua famiglia che aveva tutto il diritto di vivere…”
Pensieri, frasi, immagini, che gli vorticavano in testa con furia spaventosa, volevano uscire dalle sue labbra e riversarsi all'esterno, come se il suo stesso corpo fosse troppo intriso di quell'odio per contenerne altro. Raccoglieva quel minimo di autocontrollo che era stato compagno della sua esistenza, freddo e sprezzante, lui era così e lo sarebbe rimasto.
“Perché lo sto facendo…
Ti avrei ammazzato oggi, se solo avessi potuto, ti avrei voluto vedere agonizzante e strisciante sotto i miei piedi, ti avrei fatto patire in pochi secondi tutto quello che io patisco da una vita. Mi sarei riscattato di tutti questi anni passati a fare il doppiogiochista nell'ombra, pedina del bene e del male. In tutto ciò dimmi cosa ci guadagno io…Cosa??
Non otterrei nulla in cambio neppure se portassi a termine la missione, tutto ciò che voglio, tutto ciò che ho sempre desiderato, l'ho perso ai tempi di studente a Hogwarts e definitivamente quel 31 ottobre…
Sto fingendo di aiutare l'essere che ha ucciso la mia Lily, ti sembra vigliaccheria questa? Ma tu non lo saprai mai, non saprai che la tua vita dipende da me, nessun riconoscimento per il tuo odiato professore di Pozioni, solo rabbia e rancore, sono un assassino dopo tutto.
E pensare, che dopo tutto questo ti sto ancora difendendo. Ma sappi che non lo faccio per te ragazzino, non l'ho mai fatto per te, lo faccio solo per colei che ti ha donato quegli occhi.”
Si accorse che erano quasi arrivati, ma lui non aveva intenzione di continuare con loro, li sentiva compiacersi della morte di Silente, Lucius Malfoy per primo; quanto lo irritava, aveva parato le spalle al suo stupido figlio.
“Hai ucciso Silente! Ahaha, il Signore Oscuro avrà finalmente la vendetta che bramava da secoli. Muoviti, Severus, non dirmi che uccidere quel presiduccio ti ha sfiaccato.”
“Taci, Malfoy”
“Senti, solo perchè ora sarai il preferito del nostro Signore non significa che tu debba rallentarci.”
“Infatti me ne sto andando, devo sbrigare un'ultima faccenda”
“Non era questo il piano, dobbiamo tornare alla base”
“Faccio quel che mi pare, ho altri ordini dal Signore Oscuro”
“Non ne siamo a conoscienza”
“Sai quanto me ne importa.” e si smaterializzò.…“Erouc li am otlov li ottelfir non”Il potere di questa frase su di lui era qualcosa di straordinario. Si stagliava vittoriosa sull'immensa cornice e la leggeva e rileggeva, percependo qualcosa di soffice e leggero posarsi sui suoi dolori e quietarli per un po'. Si staccava da quelle lettere solo quando il desiderio di rivederla diventava prepotente e incontrollabile, quando tutta la sua infanzia scivola via come un effimero granello di polvere e, per qualche secondo, la sua vita sembrava quasi sopportabile.
Era sempre stato quello brutto, unticcio, trascurato, povero, preso in giro, maltrattato, schernito…
Mai una persona che fosse andata oltre il suo aspetto, tranne lei.
Mai avuto un minimo di appoggio neppure a casa, i suoi genitori erano considerati pazzi, lui era il disagiato bambino di una famiglia che non poteva definirsi tale, l' unica stella cometa che gli permetteva ancora di sperare in qualcosa di più erano Hogwarts e la magia. Era il dono migliore che potesse ricevere, l'unico sfogo che avesse, possedeva solo questo e la sua perenne inquietudine che si traduceva in cattiveria verso il mondo esterno.
Poi era arrivata lei. Una bambina con poteri ancora da scoprire, ma con tanta voglia di imparare. Solo lei passava il tempo con lui, lo accettava, al contrario di sua sorella che non faceva altro che insultarlo e metterla contro di lui. Non l'aveva mai ringraziata abbastanza, ma forse si stava riscattando difendendo il sangue del suo sangue…
“Non rifletto il volto, ma il cuore”, quale sollievo sentirselo “dire”. Era tutto ciò di cui aveva bisogno: che qualcuno o qualcosa non riflettesse la sua orribile immagine, ma ciò che più desiderava, che gli mostrasse quel piccolo frammento di amore che era ancora vivo in lui.
Era stato Silente a concedergli lo specchio, nessuno sapeva dove fosse, nessuno l'avrebbe mai trovato, anche perché tutti credevano fosse stato distrutto cinque anni prima.
Ora i suoi occhi scuri fissavano quell'angelica figura che appariva affianco a lui nel riflesso. Si sentiva sempre totalmente perso davanti a quella visione, amore-odio che si neutralizzavano a vicenda dentro di lui, lasciandogli addosso uno stato d'animo strano, inquieto, a volte tristezza o forse desolazione, magari solo compianto oppure una scia di rabbia…
Ripeteva gli stessi gesti ogni volta, come fosse un rito; l'unica consolazione della sua esistenza era solo un'immagine intangibile su una lastra di vetro, ma lui si avvicinava, posava le mani su quei capelli rossi e lunghi che non aveva mai avuto il coraggio di accarezzare, si perdeva in quegli occhi verdi che sembravano ricambiargli lo sguardo e lui si illudeva, ogni volta. Si illudeva che qualcosa accadesse, un miracolo o qualcosa di simile. Sentiva un tremore sordo vicino al cuore, nel constatare che Lily non sarebbe uscita da quella cornice, ma tutto si svolgeva in un secondo, un attimo di esitazione e si rendeva conto di essere uno stupido. Erano passati decenni e tutte le volte che si trovava lì davanti si perdeva in qualcosa che non esisteva, si illudeva, cosciente di illudersi e di ferirsi ancora di più.
Dopo tutto, pensava ancora a lei come ancora di salvezza e come distruttrice della sua vita, la odiava e l'amava, la voleva e la disdegnava, ma rimaneva la sua Lily, pur avendolo abbandonato, che fosse giusto o no, pur essendosi sposata, pur avendo avuto un figlio meschino che gli doveva la vita, rimaneva quel suo dolce ricordo, quella sua risata cristallina da undicenne alla quale insegnava a padroneggiare la magia… erano i ricordi più belli della sua vita, gli unici che voleva portarsi nella tomba.
Non si era mai ritenuto alla sua altezza, lei era così perfetta ai suoi occhi, buona, coraggiosa, non poteva che finire in Grifondoro, eppure l'aveva odiata per questo. Dal canto suo, anno dopo anno notava la loro immensa diversità, poteva amarla quanto voleva, essere geloso di James fino a farsi del male, ma la sua strada era un'altra, il suo animo non avrebbe mai raggiunto la purezza della sua amata, era oscuro, torbido, oscillante fra il nero e il grigio, insomma, il suo destino era essere Mangiamorte. Si era rassegnato ormai da anni che non avrebbe potuto cambiare il corso degli eventi, l'avrebbe irrimediabilmente persa, se non a Hogwarts, sicuramente dopo, ma vederla con un altro sotto i suoi occhi, essere chiamato Mocciosus di fronte a lei, questo continuava a non riuscire a sopportarlo. La spiò per i corridoi della scuola finchè potè, scoprì il segreto dei suoi amici Malandrini; avrebbe voluto vendicarsi, ma poi si rese conto che lei l'avrebbe odiato molto più di quanto già non facesse. Smise di seguirla e di sperare, vide quella luce che l'avvolgeva al suo sguardo sparire sempre di più e iniziò a vivere solo della sua ombra, stando coi suoi “amici” Mangiamorte, facendo il Mangiamorte, seguendo i Mangiamorte, cosa che avrebbe fatto per sempre.
Credeva che ne sarebbe uscito, detestandola avrebbe smesso di pensare a lei, ma quando venne uccisa, gli fece male, gli bastò vedere il suo patronus per rendersi conto che non l'avrebbe mai dimenticata e Silente seppe cogliere l'occasione di farlo promettere.
Perchè ripercorreva tutta la sua insulsa vita? La sua mente andava da sola davanti a quello specchio e come altre volte, si ritrovò con la fronte appoggiata al vetro e con deboli singhiozzi che scuotevano il suo corpo tormentato…
Quegli attimi di pace apparente che poteva concedersi erano ormai volati, doveva tornare alla realtà e far sì che Voldemort riprendesse definitivamente il potere, questo era il suo destino, neppure quegli occhi verdi gliel'avrebbero negato.
Si discostò da quella confortevole figura, abbandonandosi al malinconico silenzio di quella stanza. Gli sarebbe mancato tutto questo, come poche cose nella vita.
La fissò, sempre più si rese conto che era così inutile anche solo provare ad affezionarsi a qualcosa; ormai lui non aveva niente da perdere…assolutamente niente. Lei era morta, poteva sognarla o guardarla abbracciarlo in una lastra di vetro, ma non avrebbe cambiato la sua assenza nella vita vera; era intangibile e muta, felice nell'averlo affianco nello specchio, ma ciò non accadde mai al di fuori della loro infanzia.
Doveva andare.
Quella stanza ospitò per l'ultima volta la presenza di Severus Piton, conservando per sempre un eco lontano di vetro infranto e un fliebile “Grazie” impresso tra le pareti.Grazie infinite al mio Morò che l'ha letta e corretta prima che la postassi :-*
Ancora nessuna risposta. Inizi tu?
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