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La Fine( storia conclusiva della saga Cicatrice)- parte 11
Epilogo
“Bentornato, Harry”.
Una voce pacata e serena risuonò lontana alle orecchie di Harry, quasi distante e ovattata. Poi avvertì un senso di leggerezza che lo pervadeva.
Ci impiegò qualche secondo prima capire dove si trovava. Poi capì che non era più a Hogwarts, e dentro di lui si innestarono un misto di paura, adrenalina e consapevolezza.
Con grande sforzo mosse le dita della mano, poi quelle dei piedi. Ma sotto di lui non avvertiva alcuna superficie…o meglio, era così, ma sembrava calda e confortevole, protettiva, come se fosse avvolto da un’enorme coperta. Allora comprese che non doveva avere paura, non avrebbe avuto senso provarla. Era come se fosse sospeso nel vuoto, ma allo stesso tempo fosse sostenuto da calore umano. Decise di aprire gli occhi: no, non si trovava per nulla a Hogwarts, ma in un luogo ugualmente familiare. Era la stazione di King’s cross, solo che completamente bianca, e senza treni. Si accorse di non indossare gli occhiali, eppure ci vedeva perfettamente. Debolmente si portò le dita alla fronte, e dal tocco si rese conto che la cicatrice non c’era più. Era forse…morto? Si sarebbe dovuto sentire arrabbiato, perso, eppure non provava nulla di quelle cose. Solo una grande confusione. Cosa ci faceva lì? Ginny, Neville, Ron, Hermione…tutti loro…erano spartiti! Louise, Frank e John…cosa avrebbero fatto senza di lui?
Non ricordava molto…solo…una luce verde nella sua direzione…poi il buio.
“ Fatto buon viaggio, Harry? Sono lieto che almeno sia tornato sano e salvo”.
Professore….?, pensò debolmente Harry, e con lo sguardo andò alla ricerca di Silente, per poi accorgersi che era proprio lì, poco distante da lui: la figura alta e snella, col naso aquilino e la lunga barba bianca e gli occhi brillanti. La sua veste era bianca perlacea, che esaltava ancora di più l’espressione rilassata e gioiosa facendolo assomigliare a un angelo.
Lentamente Harry si mise seduto sul pavimento, senza staccare gli occhi dal preside.
“Professor Silente…? Che ci fa lei qui? Noi siamo….?”
Silente alzò la mano e Harry tacque immediatamente.
“Non ancora. O meglio, potremmo dire che ci troviamo qui per la seconda volta”.
Harry fu colto di sorpresa; non era sicuro di sapere cosa intendesse il mago, eppure qualcosa non quadrava.
“Dove pensi che siamo?” chiese il preside, affabile come sempre.
Il ragazzo gettò una seconda occhiata all’architettura di quel posto. “Credo….a King’s cross, signore”.
Il professore sorrise. “Beh, effettivamente, questo posto assume la forma che vuoi tu. Si potrebbe anche dire che sia la tua festa”.
Harry cominciò a ricordare qualcosa. Quel tipo di conversazione era già avvenuta. Solo che non sapeva quando.
“Se prendessi un treno, dove mi porterebbe?” domandò, scoprendosi sereno e tranquillo.
“Avanti. Ma non è questo il tuo caso. Già è avvenuto, e credo che tu sappia come andrebbe a finire”.
“Non capisco cosa intende, signore”.
Silente si lasciò sfuggire una risatina. Era la prima volta che lo vedeva pienamente allegro; non che Silente fosse mai stato tetro, anzi da sempre lo caratterizzava un umorismo piuttosto sottile e non era mai sgarbato. Eppure questa volta era rilassato e liberato dal peso della vita. Se dapprima era titubante, ora Harry provava solo un senso di disorientamento, ma sentiva che poteva fidarsi del preside.
“Tutta la vita che hai vissuto fino a questo momento. Non dirmi che non ricordi nulla. La vita con i tuoi genitori, i tuoi nuovi amici. Tutto quello che hai visto fino ad adesso. Il limbo ha voluto darti la dimostrazione di quello che sarebbe avvenuto se a te non fosse toccato fare il Prescelto. O meglio, se non l’avessi scelto”.
Harry si alzò in piedi e fece per spolverarsi i vestiti, ma quando lo fece si accorse che non solo non doveva pulirli, ma che la superficie del pavimento rifletteva la sua immagine come uno specchio. Aveva ancora l’aspetto di un diciassettenne.
Più di questo, non capiva cosa intendesse il professore.
“Scegliere?” chiese, avvicinandosi a lui.
Silente gli donò un sorriso sereno, poi lo invitò: “Vieni, facciamo due passi”.
Harry acconsentì senza esitare.
“Vedi, Harry” iniziò il preside, con lo stesso tono di quando si incontravano nel suo ufficio, “tu sei già morto. Anzi, per meglio dire, sei morto due volte. Ma per tua scelta”.
“Ancora non capisco cosa c’entri” Si era abituato a tutti quei discorsi sulla morte, perciò non ne aveva molta paura.
Silente rise ancora. “Non ti è sembrato strano che durante la tua esistenza ricordassi gli eventi di una vita precedente?”
Harry si guardò ancora intorno, ammirando le superfici bianche, come se stesse cercando una via di fuga, anche se non sapeva da cosa sarebbe dovuto scappare.
“Beh, non proprio. Come lei mi ha spiegato, è perché sono nato e morto due volte per aiutare Neville. Questo mi era chiaro da quando me l’ha detto. In qualche modo ero pronto a morire per salvare Neville. Ma ora dovrei tornare indietro. Lui ha bisogno di me per sconfiggere Voldemort”.
“Non credo che sia necessario stare lì più di quanto lo sia qui” rispose enigmatico Silente.
Avevano appena oltrepassato una panca, che da quella venne un lamento e un gemito, quasi un pianto. Harry si fermò e indietreggiò incuriosito , per poi piegarsi e sbirciare sotto di essa e imbattersi in una delle creature più disgustose che avesse mai visto : era una figura rachitica e accartocciata in se stessa e ricoperta di sangue. Sembrava una specie di feto, un bambino mostruoso.
Una fitta di ribrezzo e di senso di liberazione attraversò Harry, come se l’avesse appena partorito.
“Lo vedi, Harry?” domandò Silente.
“Quello è….?” boccheggl Harry con un filo di voce, mentre cominciava a ricordare.
“Proprio così. È il tuo horcrux. È qui dalla tua ‘vita precedente’ come ti piace chiamarla”.
“ Ma come è possibile che sia ancora qui? Dev’essere la copia dell’horcrux dentro Neville, per forza….”
“No Harry. Quello è il tuo horcrux. È sempre stato tuo. Sei sempre stato tu”.
Harry sollevò il capo e guardò dritto Silente, che aveva la stessa espressione tranquilla di quando era arrivato.
“Non ti sei mai chiesto perché Richard e la professoressa Cooman sono morti? Perché improvvisamente i tuoi amici abbiano cominciato a sognare eventi che appartenevano alla tua vita precedente, e si siano ammalati per questo? Perché la tua amica Louise era l’unica ad averti visto qui? Il motivo per cui lo scrigno degli Horcrux è passato dalla tua mente nelle mie mani? La causa per cui Hermione Granger invece di essere Smistata a Grifondoro lo fu a Corvonero e il motivo per cui Luna Lovegood, al contrario, scelse di stare a Grifondoro? Perché la signorina Granger e tu avete deciso di stare assieme, quando lei avrebbe dovuto far coppia con il signor Weasley? Il rapporto fra la signorina Granger e il signor Malfoy? La tua connessione con Ginny? Il fatto che tu sia cresciuto così in fretta e sia morto con l’aspetto di un diciassettenne?”
“Lei…come fa a sapere tutte queste cose?” chiese lentamente Harry, senza distogliere lo sguardo dagli occhi brillanti del preside.
“Perché io ero lì, Harry. Non ultimo, quando avevi l’impressione che sapessi già molto dei fatti che hai vissuto, era perché difatti è così. Li hai semplicemente rivissuti perché volevi farlo. Tutto grazie a te. Neville non è mai stato il Prescelto, Harry. Il motivo per cui la sua cicatrice è cominciata a svanire è perché tu hai cominciato a crescere e a prendere coscienza di te stesso.
Hai capito che potevi manovrare quel mondo, e più potere acquisivi più ti trasformavi. Perché sapevi che saresti arrivato qui, anche se razionalmente non era così. Tutto quello che è successo, l’abbiamo deciso insieme. Io e te. I padroni di quel mondo parallelo”.
Al ricordo della professoressa Cooman e di Richard Harry avvertì una pugnalata al cuore. “Quindi è colpa mia se la Cooman si è sacrificata. Se Richard è morto. John aveva ragione”.
Silente si accomodò sulla panca di fronte a quella della creatura mostruosa.
“Chi ti dice che Richard e la professoressa siano veramente morti, Harry?”
“Beh lei….si è sacrificata e Richard, io…l’ho visto lì. Al cimitero. Proprio sulla tomba dei…”
“…tuoi genitori. Se vuoi andare avanti, o meglio, tornare indietro, dovrai comprendere appieno quello che ti sto dicendo. La Cooman era colei che avevo scelto come mia sostituta in mia assenza, e per volontà nostra è stata in grado di capire delle cose, sebbene avesse delle idee piuttosto confuse per via della tua volontà. I veri detentori dei tuoi ricordi sono stati altri, primo fra tutti Richard, che aveva cominciato a vedere alcune cose come te.
Era più speciale degli altri esattamente come lo era Louise, poiché in loro si sono riversati i ricordi chiave, quelli più importanti. Li hai scelti come archivi di memoria. Anche Frank, che aveva avuto delle visioni come loro, avrebbe cominciato a portare il peso di eventi più importanti del tuo passato…ma evidentemente era troppo debole e forse sarebbe morto, ma tu l’hai salvato venendo qui. Inoltre, hai ritardato la sua morte prendendo la fisionomia di un diciassettenne. Il tuo io era pronto a morire. Non era necessario che lo facesse anche lui”.
“Cosa intende…?” incalzò Harry, smarrito.
“Siediti qui, Harry” ordinò gentilmente il preside e l’altro fece come gli era stato detto.
“Devi capire che Richard, così come Frank, Louise e John, erano gli unici ad avere quelle visioni perché sono tutte manifestazioni di te stesso”.
Il modo in cui gliel’aveva spiattellato, quello sguardo brillante e sapiente sconvolsero Harry che rimase immobile per qualche secondo. Eppure era diverso dal mondo terreno: se fosse stato ancora vivo si sarebbe arrabbiato, avrebbe urlato, come era successo quando nella sua vita precedente Sirius era morto o come era capitato innumerevoli volte in quella che aveva appena lasciato. Dalle parole di Silente, però, l’unica cosa che riusciva ad afferrare era una terribile verità che cercava di evitare. Oppure si sbagliava, non era così terribile come pensava?
“Sta dicendo che tutto quello che ho vissuto…il mondo da cui me ne sono appena andato…è tutto una specie di sogno? Frutto della mia immaginazione? Ma io lì sento di esserci cresciuto, di aver conosciuto i miei genitori…percepivo odori, toccavo gli oggetti e le persone, vedevo e avvertivo il tutto come reale. E ora mi sta dicendo che l’unica cosa vera eravamo io e lei? Che tutto ciò che ci circondava era puramente…un delirio?” cercò di riassumere Harry, e assaporava ogni parola, che si faceva pesante e amara, dal gusto sinistro.
“Non del tutto. La percepivi come realtà perché era vera, le persone che vi popolavano erano altrettanto vere, ma le hai create tu a seconda dei tuoi desideri. Ma non potevi far parte di quel mondo, perché gli eventi che sono accaduti, le gesta che hai fatto prima di rinascere in quell’esperienza parallela ti hanno influenzato e ti hanno legato a loro. I tuoi stessi parenti e cari morti della vita precedente, tramite il mio aiuto e la mia chiamata, hanno cercato di ‘svegliarti’ e di riportarti indietro in quelle che tu chiamavi sogni, ma che erano dei veri e propri collegamenti con il limbo. L’unico atto che ho commesso senza dir loro niente è stato sottrarre lo scrigno degli horcrux interrompendo quel ‘limbo parallelo comunicativo’ come piace chiamarlo a me. Avevi bisogno di quel percorso per capire che non potevi sfuggire al tuo destino, difatti da subito hai cominciato ad avere le visioni e a ricordare, anche se non potevi sapere perché o cosa rappresentassero, visto che avevi scelto di vivere qualcos’altro.
Se devo proprio dirlo, Harry, sono stato io a sollecitare la tua mente nel sonno affinché ricordassi il tuo passato. Ho creato quelle boccette, ho insistito affinché tu mettessi in ordine i pezzi, e decidessi di tornare. La tua trasformazione in Prescelto, il solo fatto che Neville sia stato catturato da Voldemort , e il tuo collegamento con lui durante la resurrezione di quest’ultimo sono stati frutto della tua sola volontà con il mio aiuto”.
“Lei mi ha manipolato” sentenziò Harry, quasi offeso. Era allo stesso tempo insicuro e spaventato e nonostante sapesse che le parole di Silente erano vere, non poteva abbandonare ciò per cui aveva tanto faticato.
“Ha manipolato tutti. Compresi i fantasmi della mia vecchia vita. Non importa cosa ho ricordato, io devo tornare da Neville. È quella la realtà che mi appartiene ormai, non importa se sia finta, frutto della mia immaginazione oppure della sua. O se sia entrambi. O se siamo i creatori di qualcosa di più grande. Non importa. Devo tornare da Neville. Se è vero che quel mondo è tangibile ed io e lei ne siamo i padroni, allora è anche vero che posso risorgere e far sì che Voldemort venga sconfitto”.
“No Harry” negò il preside seriamente.
“Ma io devo poter tornare!” insisté Harry.
“Non hai capito a fondo ciò che intendo. Non hai notato che quando tu ti sei, per così dire, evoluto, Richard è morto? È successo per via del tuo ultimo incontro con Voldemort nella tua vita precedente. Quando sei cresciuto e hai preso l’aspetto di un quindicenne, anche gli altri si sono ammalati. Louise ti ha visto addirittura nel limbo. Non puoi tornare”.
“Già ma nessun altro è morto. E poi perché solo loro? Ron, Hermione, Ginny e Luna non sono stati male. E neanche Neville”.
“Perché loro esistono anche nell’altra vita. Nella vita che tu non puoi controllare, la realtà passata, la nostra vera casa. Louise, Frank, Richard e John non hanno un corrispondente nel tuo passato precedente. Così come non ce l’hanno moltissimi altri personaggi e luoghi, creati appositamente dalla tua mente: ad esempio il padre di Louise, Thomas Lupin.
Remus non ha mai avuto un fratello. È sempre stato figlio unico per via della licantropia.
Hai fatto rivivere alcune persone che sono morte prima che te ne andassi: nel mondo da te creato erano vere e materiali ed essendo tu il padrone potevi farne ciò che volevi, così come le varie relazioni che univano te e i tuoi amici. Era come se, inconsciamente, stessi sperimentando le varie possibilità che, a pensarci bene, sono infinite. Con il mio aiuto, naturalmente: sarebbe uscito fuori un mondo assai distorto, senza che ti aiutassi mentalmente a incasellare luoghi e persone. Lo stesso vale per Neville: ha un corrispondente esterno come lo hanno Ron e Hermione, eppure Neville ha sempre rischiato di essere il Prescelto, e tu l’hai scelto come ‘bilanciere’, un deposito, su cui riversare tutta la tua responsabilità dato che avevi scelto di non essere tu il vero protagonista. Ma il tuo vero io è prevalso. Non puoi tornare, perché quel mondo da quando te ne sei andato non esiste più. L’hai cancellato nel momento in cui sei morto. Se riprendessi un treno ricominceresti daccapo, chissà, magari creando altre sfaccettature, altri mondi, altri amici. Ma ripercorreresti le fatiche compiute fino adesso. È inevitabile che accada”.
“Perché lei me lo farebbe fare” concluse Harry, seccato.
“Perché si tratta di te e della tua esperienza! Non potresti scindere da ciò che sei. Alla fine te ne ricorderesti sempre”.
Per qualche momento seguì il silenzio.
Harry ripensò improvvisamente alla dimora del professor Silente. Certo che se anche quello era frutto della sua immaginazione, aveva da sempre avuto doti creative nascoste.
E poi gli vennero in mente quei piccoli vicoli all’ingresso, alla fine del corridoio.
“Signore” chiese titubante, “rammenta quei due corridoi all’ingresso di casa sua? Durante il mio soggiorno da lei, mi aveva detto che la casa non la faceva passare di lì. Che era lei a decidere, non noi. Cosa intendeva? Se fossimo passati, ci saremmo ritrovati qui? Ma se invece siamo noi a decidere, cosa significa? Non saremmo dovuti riuscire ad attraversarli solo perché eravamo noi i costruttori di tutto?”
“Ottima domanda, Harry. la verità è che si, ci saremmo trovati esattamente dove siamo. Durante il tuo soggiorno a casa mia, però, non eri tu a decidere. Ero io. Non ti trovavi esattamente nel mondo da noi costruito, ma esclusivamente nel mio. Ci vivo tutt’ora. Si potrebbe dire che fosse la mia ‘parte di paradiso’. Vi lasciavo entrare solo perché ero io a deciderlo, e tu non potevi attraversare quei piccoli corridoi perché non eri ancora pronto. Se lo fossi stato come lo sei ora adesso saresti pronto ad attraversarli.
Eri ancora legato al tuo mondo, o per meglio dire nel nostro, questo lo dimostra la vecchia casa a Godric’s Hollow, dove ho sepolto il mio passato e quello che tu ricordi di me. Quello che era parte di me e che hai appreso di me, all’interno della quale era racchiusa la mia attuale dimora”.
Harry ripensò al corridoio stretto buio e puzzolente di chiuso, pieno di scaffali e libri disposti disordinatamente sui vari scaffali e scrivanie diffuse nell’appartamento, del libro preso in custodia da Hermione: Vita e bugie di Albus Silente. Harry voleva che lo facesse, e lei aveva eseguito il comando, come una marionetta. Di conseguenza, ciò giustificava tutto. Persino i decessi, come quello della Cooman. Evidentemente era un esperimento andato male. E lui l’aveva involontariamente sacrificato, con l’aiuto di Silente. Ma principalmente suo. E ora non esisteva più nulla. Nulla, tranne loro due.
“Quindi ora che si fa?” chiese Harry, anche se cominciava a intuire la risposta.
“Credo che tu lo sappia già. A dire il vero, c’è un luogo cui puoi fare ritorno. Questa tua esperienza creativa è pur servita a qualcosa”.
“E lei verrà con me? Voglio dire, non mi lascerà solo vero? Mi sentirei perso senza di lei. Dopotutto, è sempre stato con me, anche se non lo sapevo”.
Silente si prese qualche attimo prima di rispondere. Harry osservò il feto rachitico contorcersi e lamentarsi davanti a loro. Si era quasi dimenticato che fosse lì.
“No, Harry, stavolta non verrò. Significherebbe tornare, e neanche i maghi migliori possono farlo”.
Harry provò una fitta, un senso di vuoto. Nonostante tutto quello che gli aveva fatto, di cui avrebbe dovuto provare rimorso, non ce l’aveva con lui. Anzi si sentì come quando il preside era caduto dalla Torre di Astronomia. Tutto il suo mondo era andato in pezzi. Senza qualcuno cui appoggiarsi. Punti di riferimento. Il nulla.
“Per me lei resterà uno dei maghi migliori, signore” accennò a un sorriso Harry.
“Le persone che ci amano non ci lasciano mai sul serio. Ma questo credo tu lo sappia già”.
Si udì un pop, e dal nulla, poco distanti da loro e sospesa nel vuoto, si aprì una voragine. Si potevano intravedere immagini familiari: i suoi amici stavano ancora combattendo a Hogwarts nella battaglia finale; Luna e Hermione, di sedici e diciotti anni, avevano evocato i loro patronus contro i dissennatori. Poi la foresta proibita: Voldemort era appena caduto all’indietro, circondato dai suoi Mangiamorte e Hagrid, il caro Hagrid, loro prigioniero, piangeva per la scomparsa di lui, Harry. Il corpo giaceva immobile poco distante, nell’erba. Harry ebbe la certezza che tutto ciò stesse accadendo in quel momento, mentre lui era lì a parlare con Silente.
Eppure tutto ciò non lo turbava. Una serenità lo pervase, insieme a una certa sicurezza.
“Suppongo di sapere cosa devo fare, adesso” affermò fiducioso.
“Credo di sì” convenne Silente, orgoglioso.
Dopo aver gettato un’ultima occhiata alla creatura sotto la panca, Harry si alzò e, a passo lento ma deciso, si appropinquò alla voragine. Più si avvicinava, più si ravvivava la sicurezza che sarebbe tornato in quell’aldilà dopo molti, moltissimi anni. Magari in compagnia di qualche suo amico. Forse di Ginny. Già, Ginny…
Si rivolse per un’ultima volta verso Silente e si accorse che era rimasto nell’esatta posizione dove l’aveva lasciato, e lo stava guardando andar via.
“Lo sa” confidò, provando una sensazione di gioia, “penso proprio che chiamerò uno dei miei figli Albus. Magari Albus Severus, chissà”.
Silente gli regalò un largo sorriso. “Sarebbe perfetto”.FINE
Ancora nessuna risposta. Inizi tu?
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