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  • La Fine( storia conclusiva della saga Cicatrice)- parte 4

    Posted by Anonymous on Aprile 29, 2016 at 9:58 am

    Capitolo 6

    LILY E JAMES POTTER

    Era difficile che Ginny e Harry riuscissero a passare qualche momento da soli in tutto quel trambusto, in quella convivenza inaspettata. Così Harry accettò al volo la sua proposta di andare a raccogliere rami secchi nei dintorni del campo, e si avviarono felici mano nella mano come non facevano da tantissimo tempo. Fra loro regnò il silenzio,  ma Harry non si sentiva in imbarazzo come con gli altri. Trovava sicurezza in questo quanto negli occhi scuri di Ginny. Questi pensieri non erano molto da tredicenne; piuttosto era una consapevolezza maggiore che lo rese ancora più sofferente.
    Ancora una volta, aveva l’impressione di essere più vecchio e stanco dei suoi compagni e amici e aveva il dovere di proteggerli. Mentre raccoglieva un ramo da terra, si ricordò dell’episodio di due giorni prima al fiume e si rabbuiò.
    Che il suo riflesso nello specchio fosse stato solo un abbaglio?
    “Che succede, Harry?” s’interessò Ginny, che aveva notato il suo improvviso alienamento.
    Harry non sapeva se confessare tutto oppure no. Avrebbe potuto scegliere di confidarsi con lei come aveva fatto quando aveva bevuto tutti i ricordi in una volta sola, o come aveva tentato di fare Neville in quei giorni.
    Ma perché scegliere Ginny? Forse Hermione era troppo indaffarata con quel suo grande libro di incantesimi per mettersi a paro con la recente conoscenza magica di Harry. Normalmente Harry avrebbe scelto lei per consultarsi, tuttavia lo studio l’aveva esclusa da tutte le attività e dalla socialità, tranne ovviamente nelle ore dei pasti. Sembrava di essere tornati alla Steinboret in Norvegia, quando Hermione studiava il programma scolastico e organizzava le lezioni per lui, Ginny e Malfoy. Chissà se le mancava la sensazione di sicurezza che infondeva la Città Scolastica…che dava loro Hogwarts…  che ora non c’era più.  
    “Stai bene?” gli domandò Ginny quasi in un sussurro, sfiorandogli la mano delicatamente.
    Harry ebbe un sussulto e poi i loro sguardi si incontrarono di nuovo.
    “C’è una cosa che devo dirti” decise lui e si mise a raccontare dell’episodio del sogno con i suoi genitori e della storia del riflesso.
    Quando ebbe terminato non era sicuro se sul viso di Ginny fosse dipinta sorpresa, terrore o preoccupazione.
    “Quindi, fammi capire bene…i tuoi genitori morti ti hanno detto che lo scrigno è nelle mani di un loro amico morto, giusto? Ma quanti sono morti, esattamente, nell’altra vita?”
    Non voleva suonare indelicata, Harry lo sapeva, anche perché se veramente si trattava di vita precedente tutte quelle perdite non avrebbero dovuto ferirlo…e invece la sofferenza lo attanagliava come un uncino nello stomaco.
    “Molti” replicò Harry, cercando di nascondere il dolore. “ Troppi. Non ho proprio idea di dove possa essere lo scrigno…Ma lo scoprirò quando lo vedrò…”
    Ginny doveva aver capito che l’argomento lo toccava profondamente, lo vedeva dalla sua espressione. Così cercò di cancellare il dolore dal suo viso con un sorriso.
    “Anche la faccenda dell’immagine riflessa nello specchio è strana….Ma questo mi fa pensare solo una cosa, Harry” fece lei, seria, “che l’immagine nello specchio sia la tua anima”.
    Harry sbarrò gli occhi dalla sorpresa: era deluso da se stesso…dopo tutte le sue esperienze con l’aldilà e le visioni della sua vita precedente non poteva esserci altra spiegazione. E lui non l’aveva neanche sospettato.
    “Sai, a volte sembri Hermione…sicura che tu non sia lei, mascherata da Ginny?”
    Ginny si lasciò andare a una risatina compiaciuta. “Potrebbe essere. Grazie, Harry!”
    Poi gli si avvicinò con fare suadente. Harry sentì le guance caldissime.
    “Dimmi un po’…me lo chiedevo da tempo…ma tu e io stavamo insieme nella vita precedente?” chiese lentamente lei. Era sempre più vicina e Harry era sempre più nervoso.
    Aveva dato pochi baci veri in vita sua: uno a Hermione, nella foresta proibita – anche se ormai sembrava una vita lontana – e l’altro a Ginny, sotto il vischio, a Natale.
    Il bacio più lungo l’aveva dato alla Ginny sedicenne dell’altra vita, l’ultimo prima di morire. La tristezza s’insinuò dentro di lui.
    “Sì” affermò lui lentamente, indeciso su cosa rivelare. “Non credo di essere stato mai con Hermione a dire il vero”.
    “Quindi anche nell’altra vita avevi una cotta per me” affermò lei compiaciuta, “e quanto è durata?”
    “Beh, a dire il vero non molto…ti ho lasciata perché dovevo partire per cercare gli horcrux. Ma il bacio che mi hai dato per il mio diciassettesimo compleanno… quello è stato il più bello della mia vita”.
    Ginny si avvicinò ancora di più al suo viso, pericolosamente. Le gambe di Harry tremarono. A dire il vero tremava un po’ tutto.  Ginny aveva negli occhi un misto di tristezza e di malinconia, ma anche di desiderio.
    “E invece eccomi qui. È la mia seconda chance” osservò ridendo lei. Poi, a pochi centimetri da lui, alzò gli occhi con fermezza e domandò, arrossendo: “Sei sempre stato innamorato di me?”
    “In realtà no…nell’altra vita le parti erano invertite a essere sinceri…però…alla fine ci sono caduto lo stesso…tu ti eri stancata di aspettare e uscivi con altri ragazzi ma li hai lasciati perché mi ero accorto di essermi innamorato di te e tu hai colto l’occasione….in questa nuova vita ero terribilmente geloso quando stavi con Neville….probabilmente ti amo dalla mia vita precedente”.
    Non avrebbe dovuto dirlo, ma gli era scappato; non era riuscito a controllarsi.
    Ginny sgranò gli occhi, arrossì e abbassò lo sguardo, piantandolo a terra.
    “Credo…di amarti anche io, Harry” confessò lei dopo un po’ e i loro volti si sfiorarono.
    L’imbarazzo che Harry aveva provato fino a quel momento sparì e le loro labbra si toccarono.
    Poi pian piano si schiusero sempre di più e il contatto fra loro si fece un gioco di lingua e saliva piacevole e confortante…Harry passò una mano fra i capelli di Ginny, inebriato dal loro odore…
    “Har…Ehm, oh, scusate, io… me ne vado”.
    Frank era apparso fra gli alberi. Era piuttosto addolorato e provato, ma Harry non si sarebbe risparmiato di dargli un pugno. Non c’era mai un attimo per distrarsi. Mai.
    “Scusa un secondo” disse a Ginny. Lei sorrise sorniona, poi roteò gli occhi.
    “Per fortuna che non era Ron: probabilmente ti avrebbe ucciso” dichiarò lei.
    Harry rise e si mise a inseguire Frank. Stava tornando al campo, con le mani nelle tasche.
    “Frank!” lo chiamò. L’amico si voltò e attese.
    “Dovevi dirmi qualcosa?” chiese Harry, una volta che lo ebbe raggiunto.
    Frank lo guardò impaurito. “No, non preoccuparti. Scusa se ti ho interrotto con…”
    “Non ci pensare” lo rassicurò Harry, “su, dimmi cosa c’è che non va…sei…stai male?”
    In effetti solo in quel momento aveva notato che il viso di Frank era gonfio e terribilmente pallido. La sua bellezza ancora non era svanita, ma aveva l’aria malaticcia.
    “No, davvero, Harry. Ci vediamo fra poco alla tenda! Leviamo l’ancora!” e, scimmiottando un’espressione felice e in salute, tornò al campo.
    Harry non sapeva cosa fare.

    Più tardi, Harry e il gruppo stavano facendo i preparativi prima della partenza. Sarebbero andati via il giorno dopo. I peli dietro la nuca di Harry si rizzarono al solo pensiero del colloquio con Silente, soprattutto perché avrebbe avuto a che fare con lui dopo tantissimo tempo…e questo non sapeva se gli piaceva oppure no. A distrarlo, comunque, ci pensava la salute di Frank.
    Frank non si lamentava mai e tirava sempre su di morale tutti; Harry l’aveva sempre visto di ottimo umore. Cosa gli stava accadendo? Il virus aveva contagiato anche lui?
    Avvertì improvvisamente la pressione di uno sguardo sulla nuca; si girò appena e notò che sia Frank che Neville lo fissavano.
    Stavano parlando, e a giudicare dalle loro facce era uno degli argomenti principali.
    Fingendo di non spiarli, Harry spostò il suo sguardo su Ron e Luna; li colse nel momento in cui lei  stava sistemando le cose di Ron, e parlava. Parlava tantissimo. E Ron rideva e la guardava in un modo stranissimo, tra il rapito, l’incredulo e lo spiazzato. I contorni delle sue orecchie erano scarlatte.
    A Harry sfuggì una risatina che cercò di reprimere con uno sbuffo per non attirare l’attenzione; poi si concentrò di nuovo sul suo zaino quando qualcuno bussò sulla sua schiena .
    Era Frank.  “Harry…dovrei dirti una cosa” fece lui.
    “Dimmi pure” lo accolse Harry.
    “Scusa, Frank, mi daresti una mano a far entrare le cose dentro la borsa?” lo chiamò Richard.
    Frank lanciò uno sguardo languido a Harry, poi si allontanò in direzione di Richard.
    Harry sospirò; quella sensazione gli ricordava tristemente la confessione di Neville, al secondo anno.
    Lui e Harry sarebbero partiti a notte fonda, così nessuno li avrebbe scoperti.
    Tuttavia Harry non riusciva proprio a chiudere occhio. C’era qualcosa d’ inquietante in tutto quello che stava succedendo: la profezia che forse incombeva anche su di lui, lo scrigno, la condizione di Richard…si  domandava quali altri pericoli avrebbero dovuto affrontare prima di rilassarsi.
    “Harry!” lo chiamò qualcuno a una brandina di sotto. “Harry, sei sveglio?”
    Era la voce di Frank. Harry si voltò, inforcò gli occhiali sul naso e notò che lo guardava con fare quasi famelico. “Ti va di fare un giro?”
    “Ma non c’è nessuno a fare il turno di guardia, fuori?” gli sussurrò Harry, mentre attraversavano a passo felpato il salotto.
    “Sì, Hermione, ma è il mio turno adesso” si giustificò frettolosamente l’amico.
    L’ombra di Hermione la presentò ancor prima che i due uscissero dalla tenda. Il fuoco magico all’interno della lanterna era ancora caldo. La ragazza era profondamente addormentata: era avvolta completamente dal plaid, la schiena era accasciata sulla tela della tenda, la testa abbandonata col mento in dentro, la bocca era spalancata e illuminata dalla bacchetta stretta saldamente in una mano; il libro le stava per scivolare a terra.
    Harry  si chinò a raccoglierlo e lo posò sulle gambe di lei, che non si accorse di nulla, persa nei sogni com’era. Harry fu quasi intenerito da quell’immagine: non ricordava di averla mai vista addormentata. “E’ piuttosto buffa. Non svegliamola”.
    “Facciamo una passeggiata” disse Frank, un po’ nervoso.
    “Non allontaniamoci troppo, però” suggerì Harry.
    Camminarono accompagnati dal rumore dei loro passi nella neve alta e la luce delle bacchette che sondavano il terreno.
    Era la prima volta dopo tantissimo tempo che Harry e Frank non si facevano compagnia..
    A detta di Harry, era passata una vita. Era il suo migliore amico, e non aveva aspettato altro.
    Eppure ora c’era qualcosa di diverso: sentiva come se fosse Frank a non essere a suo agio con lui. Arrivarono fino al lago ghiacciato. Harry c’era arrivato senza pensarci, lasciandosi guidare dai suoi passi.
    Frank, al contrario di Richard, sembrava sentirsi perfettamente a suo agio e si accomodò sul tronco gelato davanti al lago.
    “Siediti, Harry” lo invitò Frank. “C’è una cosa che devo dirti…è…è molto importante”.
    Harry prese posto accanto a lui lentamente. Il cuore cominciò a battere forte; quale altra rivelazione scottante avrebbe ricevuto?
    Frank si prese un breve momento prima di parlare. Spostò lo sguardo attorno a sé, come se fosse capitato in quel luogo per caso. Harry si domandava quale terribile atto avesse commesso.
    “Beh, il fatto è che…ho visto delle cose” disse tutto d’un fiato Frank.
    Harry sobbalzò sul posto, poi strabuzzò gli occhi. La testa sembrò girare.
    Cercò di concentrarsi su Frank. “Tu cosa?”
    “Mi hai visto parlare con Neville poco fa” tentennò Frank, dondolandosi da una parte all’altra.
    “Io…ho condiviso delle visioni con te e Neville. All’inizio pensavo che fossero solo sue, perché condividevo solo i suoi sogni. Non gliene ho parlato subito, ma me ne sono accorto perché li raccontava a Luna il mattino dopo, e questo mi ha alquanto stupito…E poi…sono apparse delle persone…ho assistito a degli episodi che neanche Neville poteva conoscere”.
    Calò il silenzio. Harry si alzò dal tronco e si mise in ginocchio verso di lui, rapito. Non gli importava niente se le gambe erano immerse nel freddo, neanche le percepiva. Cominciò improvvisamente a nevicare, quasi a fare loro un regalo. “Cosa…hai visto…Frank?” chiese, col cuore in gola.
    “Non lo so neanche io…era tutto così…così confuso! Tu che combattevi con la cicatrice sulla fronte in un cimitero…tu che stavi con Silente, ma eri più grande…non saprei dirti quanti anni avessi…e poi…poi ho visto la cosa che avrei meno desiderato di vedere al mondo”.
    Seguì un altro silenzio. Il cuore di Harry batteva a mille; avrebbe preso la mano di Frank, se avesse potuto, ma era congelato fino al midollo.
    “Ho visto la morte…dei tuoi genitori” sussurrò Frank infine.
    Harry era impietrito. Non si sarebbe rialzato da terra, almeno non subito. Anche la lingua gli si era ghiacciata. Preferì che Frank confessasse tutto da solo.
    “ C’era una casa molto grande…tu eri piccolo, avrai avuto un anno…Lily e James ti stavano tenendo in braccio e coccolando…erano pro-proprio i-i tuoi genitori…a un certo punto si sono sentiti dei…dei… rumori. Allora James si è preoccupato tantissimo e…e ha detto a Lily di nascondersi con te…e…e…poi…è entrato quell’uomo…suppongo fosse Voldemort…o meglio, sapevo che era lui! Lily si è nascosta in camera tua e ti ha portato in braccio…James si è frapposto fra V-Voldemort e camera tua…e poi…poi…” Seguì una breve pausa e riprese: “ poi è andato avanti…ed è entrato in camera tua…tua madre stava davanti alla culla e faceva da ostacolo fra te e Voldemort…ma lui non ha provato tanta pietà e dopo  un po’ l’ha uccisa…poi ti ha puntato la bacchetta contro, e ha urlato :’Avada Kedavra’ contro di te…ma tu non sei morto”.
    Si guardò le ginocchia, e cominciò a tremare tutto. Poi cominciarono a seguire dei singhiozzi sempre più forti, seguiti da delle lacrime e dagli sfoghi di pianto.
    Harry non l’aveva mai visto così, né sapeva come avesse fatto ad accedere alla mente di Neville e da lì alla sua, così profondamente da scovare i ricordi della sua vita precedente.
    Era terribilmente scosso, almeno quanto Frank, eppure non trovava la forza di piangere, solo per l’orrore.
    “Da quant’è che….che hai queste visioni, Frank?” chiese lentamente, allungando una mano sulla gamba del compagno.
    Frank si strofinò il naso, poi alzò lo sguardo acquoso su di lui. “Ti prego, Harry…”
    “Sono io che devo saperlo, Frank. Per favore” lo supplicò l’altro.
    “Più o meno…dalla notte dopo che Richard ha cominciato a sputare sangue”.
    Harry ebbe come la sensazione che qualcosa l’avesse fulminato; questo voleva dire…che anche Frank stava per morire come Richard? Che avevano avuto le stesse visioni? Per questo non gli aveva parlato più, per non spaventarlo?

    La sera del loro arrivo a Grimmauld Place sembrò giungere in un lampo.
    Troppo presto si trovarono davanti alla porta del palazzo, dopo aver pronunciato il lascia passare. Bussarono tre volte, coraggiosamente, ma nessuno rispose. Harry stava per proporre di andare via quando la porta si aprì e trovarono sulla soglia la signora Weasley dallo sguardo piuttosto confuso.  Dopo aver sbattuto le ciglia e averli riconosciuti, la madre dei Weasley cacciò un grugnito piuttosto irato, soprattutto rivolta ai suoi due figli.
    “Che fine avete fatto? Pezzi d’ingrati! Sareste dovuti venire qui prima, invece di far preoccupare tutti! I vostri genitori vi cercano da quando avete lasciato Hogwarts, poi vi fate rivedere alla  Tana e sparite di nuovo…e ora siete qui! A che gioco state giocando?! Mi rivolgo soprattutto a voi, giovanotti! Pensavate di…”
    “Lasciali entrare, Molly” raccomandò una voce alle sue spalle un po’ debolmente.
    “Sirius” mormorò Harry e Frank accanto a lui superò con decisione la signora Weasley ed entrò correndo nell’ingresso.
    “Papà!” chiamò.
    Harry  lo successe nell’ingresso con gli altri. In mezzo al corridoio vi era una figura alta ed elegante, forse un po’ indebolita dal bastone su cui si reggeva o dal braccio fasciato, ma indossava un sorriso smagliante che infondeva sicurezza: era Sirius.
    Nonostante fosse un po’ abbacchiato abbracciò suo figlio con energia, commosso.
    Quella scena mise in Harry una grande nostalgia…come se non fosse stata reale. Eppure l’affetto che padre e figlio provavano l’un per l’altro, la gioia, era vera.
    “Che cosa hai fatto alla gamba? E alle braccia?” domandò Frank, preoccupato.
    “Oh, una piccola scaramuccia contro i Mangiamorte mentre vi cercavamo…anche i vostri genitori sono in giro, si sono organizzati per cercarvi! Saranno felicissimi, quando…”
    “Non sminuire le tue ferite, Sirius!” lo rimproverò la signora Weasley. “Ci stiamo dando un gran daffare per cercarvi. È una gran fortuna che siate venuti qui…ora preparò qualcosa e vi riposerete e aspetterete il ritorno di…”
    “No” la interruppe bruscamente Harry. “Mi dispiace, ma per quanto lo desideri, non possiamo fermarci a lungo”.
    Lo sguardo di Sirius si fissò su Harry, e dal gioioso divenne turbato. Harry ebbe un fremito.
    “Perché? Che dovete fare?” chiese il padrino.
    Harry si morse il labbro e puntò gli occhi verso il basso. Aveva le guance caldissime. Anche se Sirius non lo stava rimproverando, Harry si sentiva allo stesso modo di quando Remus gli aveva confiscato la Mappa del Malandrino.
    “Dobbiamo fare una cosa…ma non è importante, adesso, non sarebbe di alcun aiuto dirvelo. Non possiamo e basta”.
    “Capisco che giocare a fare il misterioso sia eccitante per dei ragazzi come voi” ribatté Sirius, paziente, “ma non credo che combinare marachelle sia adatto in un momento del genere…da ragazzino anche io combinavo un sacco di guai ma questo posto non è Hogwarts. E soprattutto non potete permettervelo portandovi in giro lui” e puntò molto severamente il dito contro Neville.
    “Sirius…non capiresti” rispose Harry. Cominciava a sentirsi perseguitato da tutto quel bisogno d’informazioni da parte dei membri dell’Ordine. Specialmente da parte di Sirius, che era come un parente. “E poi, quello che dobbiamo fare non è un gioco! È una questione molto importante!”
    “Ma che cosa è importante? Qualcuno vi ha detto di farlo? Non capisco, Harry…”
    “Ce l’ha detto il professor Silente” se ne uscì Hermione. “Neville sarà protetto se starà con noi…”
    Perfetto, pensò Harry tristemente, ora invoglierà solo gli adulti a saperne di più.
    “Sirius, siamo venuti qui per parlare con Silente” spiegò Neville, guardando gravemente Hermione.
    Sirius li ascoltava sempre più sconcertato. “Che dovete dire a Silente? Sentite, lui è il capo dell’Ordine e ci siamo solo noi qui al Quartier Generale…perciò o ci dite tutto, oppure vi occorre aspettarlo qui finché non torna”.
    “Già, perché siete solo voi qui al Quartier Generale? Dov’è papà?” chiese Ron.
    “Con la terza spedizione” rispose scocciata la signora Weasley. “Si sta dando parecchio da fare a cercare voi altri…deve fare anche doppia fatica, perché delle volte deve andare al Ministero per far vedere che è tutto in ordine quando voi…”
    “Beh, potevi cercarci anche tu, no?” ribatté Ron aggressivo.
    “ Ron…”
    “Se Silente non c’è, è inutile rimanere qui” sentenziò Harry frettolosamente.
    “Sono d’accordo” concordò Louise. “Meglio levare il disturbi prima che tornino gli altri membri dell’Ordine”.
    “Dove credete di andare?” tuonarono all’unisono Sirius e la signora Weasley.
    “Non è sicuro che gironzoliate per Londra da soli! Qualsiasi cosa stiate cercando, è meglio che venga con voi” dichiarò Sirius.
    “Ma Sirius! Tu sei ferito!” ribatté la signora Weasley. “Andrò io con loro. Li proteggerò…”
    “Per riportarli alla Tana e tenerli al sicuro?” concluse Sirius per lei. “No, Molly: io posso trasformarmi in cane. Posso confondermi fra la gente e nessuno sospetterà di me”.
    “Papà no!” s’innervosì Frank. Lo guardò a lungo, intensamente. In quel silenzio sembrò passare un’eternità. Harry capì dallo sguardo di Frank qualcosa di fondamentale, che non gli aveva detto a parole, ma che poteva leggere nei suoi occhi. Riguardava un frammento della vita precedente di Harry. Non ne era del tutto sicuro…ma non poteva neanche negare che fosse così; Harry sospettò che avesse visto la morte del padre.
    “Va bene, Frank. Mi fa male il cuore vedere dieci ragazzi di tredici anni andarsene da soli…siete troppo piccoli…e poi, Frank….” brontolò Sirius. Harry non l’aveva mai visto in quello stato: gli occhi gli si stavano facendo sempre più lucidi, e la presa sul braccio del figlio era salda, come se non volesse lasciarlo libero.
    “Tornerò, papà” lo rassicurò Frank, e gli sorrise.
    L’espressione di Sirius impallidì sempre di più quando scrutò per bene il volto del figlio. Harry capì che Sirius aveva notato la stessa cosa che aveva osservato lui la mattina precedente.
    “Tu non stai bene” constatò, senza fiato.
    “Sì che sto bene” replicò Frank risoluto. Gli diede un forte abbraccio, e Sirius lo strinse forte.
    Vedendoli, Harry capì di provare il desiderio di abbracciare i suoi genitori, avvertendo un tappo allo stomaco. Fra i suoi amici notò che anche Louise, John, Richard e Hermione avrebbero voluto la stessa cosa. Ma sapevano tutti che non sarebbe stato possibile, almeno per il momento.
    Dopo che Ginny e Ron ebbero salutato velocemente la madre, si allontanarono tutti dalla porta. Solo Harry rimase sulla soglia, si girò e guardò dritto Sirius negli occhi.
    “Non dire a nessuno che siamo stati qui” disse, e se ne andò.

    “E ora che facciamo?” chiese Louise nervosa mentre si allontanavano per il viale; la signora Weasley aveva appena chiuso la porta alle loro spalle.
    “C’è solo una cosa da fare. Dobbiamo andare a Godric’s Hollow. È l’unica possibilità” dichiarò Harry.
    “Ma Harry, sei impazzito?” intervenne Hermione, il volto distorto dall’ansia. “Non hai pensato all’eventualità che i tuoi genitori possano essere tornati a casa? Sono sicura che se ci scoprissero non ci lascerebbero andare così facilmente come ha fatto Sirius!”
    Harry la guardò deciso. “Dobbiamo rischiare” .
    Poi le afferrò il gomito e si Materializzò nella piazza di Godric’s Hollow, facendo la stessa cosa con gli altri.
    La prima zona che gli era venuta in mente era quella della piazza dei Caduti. Harry conosceva bene quel luogo: c’erano diversi negozi, un ufficio postale, un pub e una chiesetta le cui vetrate splendevano come gioielli.
    La neve era compatta e scivolosa dove la gente aveva camminato tutto il giorno. Le risa degli abitanti lo sfiorava come questi attraversavano la piazza, brevemente illuminati dai lampioni. I ragazzi udirono musica pop e i passi frettolosi della gente quando la porta del pub si aprì e si chiuse. Harry non si era sentito più strano nel tornare a casa sua.
    Alzò lo sguardo sul monumento ai Caduti come il gruppo cominciò a camminare.
    Aveva come la sensazione che qualcuno gliel’avesse indicato; c’era qualcosa di insolito. Il monumento non era più una piramide con scritto sopra i nomi dei caduti, ora c’era una statua che raffigurava tre persone: un uomo spettinato e con gli occhiali, una donna dai capelli lunghi e il viso gentile che teneva in braccio un bambino piccolo. La neve copriva le loro teste come se indossassero soffici cappellini bianchi.  Harry provò una stretta allo stomaco e gli occhi gli si inumidirono.
    “Harry, cosa guardi?” chiese Hermione, avvicinandosi a lui. Harry si risvegliò dalla sua trance quando spostò l'attenzione su di lei, per poi spostarla nuovamente sul monumento ai Caduti: ora era tornata a essere la piramide di poco prima. Harry aveva visto qualcosa…
    “Non è niente” mentì lui, rassicurando lo sguardo interrogativo di Hermione. “Andiamo a casa di Silente”.
    Ovviamente era l’unico a sapere dove si trovasse, quindi li guidò lungo la via abitata. Aveva il cuore in gola, realizzando solo in quel momento che i suoi genitori sarebbero potuti spuntare da un momento all’altro.
    Mentre attraversavano la strada, s'imbatterono in una casa che lo colpì. Harry ebbe la netta sensazione che fosse la sua, anzi ne era sicuro.
    Che cosa era accaduto? La siepe si era inselvatichita. I detriti giacevano abbandonati fra l’erba alta fino alla vita. Gran parte della casa era ancora in piedi, interamente coperta di edera scura e neve, ma il lato destro del piano superiore era esploso. Era senz’altro il punto dove la maledizione era rimbalzata indietro. Harry si fermò al cancello, contemplando la rovina che una volta era casa sua.
    “Harry…” mormorò Frank, senza fiato e si  accostò pian piano a lui. Harry avrebbe voluto rimanere lì ancora un po’, e si girò verso Frank per comunicarglielo, capendo dal suo sguardo allibito che anche lui vedeva.
    “Come mai è ridotta in questo modo?” domandò l’amico, scioccato.
    “Io…non lo so” rispose Harry senza fiato. Toccò per sbaglio il cancello e quello magicamente si aprì. Poi, dal groviglio di erbacce e rovi emerse un cartello, con scritto a lettere d’oro impresse nel legno:

    Qui, la notte del 31 ottobre 1981, persero la vita Lily e James Potter.
    Il figlio Harry è l’unico mago mai sopravvissuto all’Anatema che Uccide.
    La casa, invisibile ai Babbani, è stata lasciata intatta nel suo stato
    di rovina come un monumento ai Potter e in ricordo della violenza
    che distrusse la loro famiglia.

    Tutte intorno a queste lettere incise con cura, maghi e streghe venuti in pellegrinaggio al luogo in cui Harry era sopravvissuto alla morte avevano aggiunto le loro scritte. Alcuni avevano semplicemente firmato con Inchiostro Sempiterno, altri avevano aggiunto dediche come: ‘buona fortuna, Harry, ovunque tu sia’. ‘Se leggi queste righe, Harry, siamo tutti con te!’  
    Harry si girò verso Frank. “Riesci a vederlo, Frank?”
    “Io…vedo dei detriti…nient’altro” gli mormorò di rimando. Harry rimase sorpreso; riusciva a condividere molto della sua mente, ma non tutto.
    Allora Harry si voltò verso Neville. “Tu ci riesci, Neville?”
    Neville strabuzzò gli occhi, preso alla sprovvista. “Non so di cosa tu stia parlando, Harry…se ti riferisci a vedere casa tua beh, sì la vedo…anche se è sempre uguale. Meglio andare via prima che tua madre o tuo padre si affaccino”.
    Harry si girò di nuovo a guardare l'abitazione. Era come era sempre stata, perfetta come i dodici anni precedenti. Sentì il cuore sprofondare fino a terra.
    Louise sbuffò. “Perché stiamo fermi qui? Non dovremmo andare da Silente?”
    “Sì, hai ragione” disse Harry sbrigativo, e si allontanò dal cancello.
    Si girò verso gli altri e incrociò il voltò di Luna: aveva l’espressione di chi aveva capito tutto.
    Ron accanto a lei lo guardava perplesso. John lo evitava, dando delle pacche consolatorie sulla spalla a Richard, che sembrava immensamente triste.
    Che anche lui…? Ma prima che potesse fargli qualsiasi domanda Nevile si affiancò a lui e Frank.
    “Che cosa avete visto?” bisbigliò loro.
    “Questo non è proprio il momento adatto” tagliò corto Frank, un po’ provato. “Qualsiasi cosa si tratti, a che fare con il possibile contatto fra me, te e Harry. Quello che mi chiedo è perché non l’abbia visto anche tu”.
    Ci volle poco ad arrivare: Harry era talmente tanto immerso nei suoi pensieri che non si accorse nemmeno di trovarsi davanti alla casa di Silente.
    “Ci siamo” dichiarò Harry, tirando fuori la bacchetta dalla tasca. “Lumos!” ordinò.
    “Seguitemi e state vicini: potrebbe accadere qualunque cosa in un posto come questo”.
    Non dava l’idea di essere abitata; aveva lo stesso brutto aspetto della prima volta che ci era venuto con Silente. Ricordò che non avrebbe mai immaginato che Silente potesse vivere in un posto come quello.
    Il cancelletto era aperto. Udì Hermione bisbigliare dietro di lui qualche perplessità, ma era solo un ronzio per le sue orecchie. Camminò diretto alla porta principale e l’aprì con facilità, trovandosi davanti al corridoio dell’ultima volta.
    Era stretto e pieno di vecchie foto che giacevano sopra mobili impolverati disseminati per l’ingresso. Era buio, puzzava di chiuso e di muffa e dava l’idea di un magazzino. Effettivamente lo era, constatò Harry con un ghigno. Si convinse che se erano riusciti ad entrare nella prima parte della casa, la seconda fase non sarebbe stata un problema.
    “Oh, che cos’è questo libro?” sussurrò Hermione, anche se era perfettamente udibile.
    “Vita e Menzogne di Albus Silente…non sapevo che avessero pubblicato un libro su di lui!”.
    “L’ha scritto Rita Skeeter?” sussultò Ron. “Non prenderlo Hermione, è sicuramente pieno di baggianate gratuite!”
    “Chi è Rita Skeeter?” chiese Hermione, curiosa.
    “Scrive per il Profeta, ma non è un granchè. Dice un sacco di cattiverie su papà e su tutto quello su cui può mettere le mani. È odiosa”.
    “Oh, beh, non sembra una brava persona. Ma è meglio tenerlo; saprò cosa leggere di nuovo almeno. Non ho mai saputo nulla sulla vita di Silente”.
    Harry provò un gran fastidio all’idea che Hermione avesse preso quel libro. Non solo perché l’aveva scritto Rita Skeeter, di cui non aveva un bel ricordo nella sua vita precedente, ma anche perché per una volta in vita sua la giornalista aveva pubblicato la verità. Attaccato a quel libro c’era la desolante sensazione di solitudine che Harry aveva provato durante l’ultimo anno di vita che ricordava, i suoi diciassette anni.  Harry aveva scoperto che Silente non gli aveva mai svelato nulla del suo passato.
    Si strinse nel cappotto pesante e scosse la testa da quei pensieri, e sbucò in quello che doveva essere il salone e che era disseminato anch’esso da scrivanie e cartacce varie.
    Alla sua destra vi era un armadietto delle scope, che in mezzo a tutto quel trambusto non suscitava domande di alcun tipo.
    Eppure Harry sapeva che era qualcosa di più. Si avvicinò lentamente a esso, sotto lo sguardo stupito dei suoi amici.
    “Harry, dove vai?” lo chiamò Louise inutilmente.
    Harry la ignorò e, una volta trovatosi davanti alla porta, allungò il dito verso l’apertura delle ante e da lì uscì un fascio di luce che illuminò parzialmente la stanza.
    Poi le ante dell’armadio si spalancarono, suscitando vittoria dentro Harry…finché non fu scaraventato a forza fuori dalla casa, come travolto da un’onda invisibile.
    Aprì gli occhi e si tolse  la neve dagli occhiali; poi si alzò in piedi, togliendosi la polvere dai pantaloni. Anche gli altri erano con lui.
    “Che cosa è successo?” chiese Frank grattandosi la testa spaesato.
    “E’ evidente, la casa ci ha respinto” constatò Hermione. “Ma non ho mai letto di un incantesimo di protezione del genere!”
    “Oh, beh, si tratta pur sempre di Silente, è talmente matto che riesce a inventarsi anche qualche nuovo incantesimo…voglio dire è un grandissimo mago, ma rimane comunque un po’ fuori di testa, no?” disse Ron, scrollando le spalle.
    “Sì, hai ragione” convenne Harry, aggiustandosi gli occhiali sul naso. “Ha usato sicuramente qualche incantesimo che non conosciamo”.
    “E quindi l’idea di andare a chiedere a Silente di aiutarci va in fumo”.
    “Dov’è Richard?” urlò quasi John.
    Tutti quanti si guardarono intorno: Richard non era con loro. Che fosse rimasto nella casa?
    Poi Harry scorse da lontano una sagoma scura che correva molto velocemente.
    Anche Ginny accanto a lui strinse gli occhi. “Quello è Richard!”
    John si alzò da terra e lo rincorse. Harry e gli altri lo imitarono.
    Mentre lo inseguivano, Harry capì dove erano diretti, ovvero nell’ultimo posto dove sarebbe voluto finire: ben presto Richard da lontano imboccò all’entrata del cimitero ancora aperto. Sembrava che una furia impazzita avesse preso possesso di lui. Il più silenziosamente possibile John aprì il cancello e, una volta che ebbe attraversato velocemente il viale innevato, aggirò l’edificio e si fermò dietro la chiesa.
    Con il cuore che gli batteva in gola, Harry superò Ginny e si fermò accanto a John, completamente nel panico. Davanti a loro si stagliavano file e file di pietre tombali che emergevano da una coltre azzurro pallido screziata di rosso, oro e verde brillanti dove le vetrate si riflettevano sulla neve.
    “Dov’è finito? Richard, dove sei?”  chiamava John, la voce rotta dal pianto.
    Poi cominciò a camminare frettolosamente fra le tombe.
    A Harry sembrò di ripercorrere un vecchio sogno, esattamente come era successo per la sua casa distrutta e il monumento ai Caduti.
    Accidentalmente i suoi occhi si posarono su una tomba che era parzialmente coperta dalla neve, ma le parole sulla lapide erano ben distinguibili: ‘Dove si trova il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore’. Spazzò via con i guanti la neve sulla parte superiore  del granito ghiacciato e macchiettato di lichene, e  lesse il nome inciso: ‘Kendra Silente’. Ricordava che poco sotto la data di nascita e di morte, nella sua vita precedente c’era anche Ariana. Faceva strano sapere che ora era viva.
    Provò una fitta di nostalgia;  lui e Silente avrebbero potuto andare insieme nello stesso cimitero, proprio perché entrambe le famiglie…ma cosa stava dicendo? I suoi genitori erano vivi, almeno in quella vita,quanto la sorella di Silente. Non c’era motivo di rimpiangere gli errori del passato. Improvvisamente si ricordò che invece era Richard quello di cui dovevano preoccuparsi.
    “Ehi, Harry, questa frase mi è familiare!” ricordò Hermione comparsa al suo fianco. “Non è la stessa che ti ha detto Richard prima di addormentarsi l’altro giorno?”
    Harry provò una stretta allo stomaco. La sua memoria era sorprendente.
    “Sì, è proprio lei. Non so cosa sia accaduto a Richard in quei giorni, cosa gli sia preso”.
    “Beh, ora non è il caso di pensarci” tagliò corto Hermione. “Lo troveremo e ci faremo spiegare tutto quanto” detto questo lo prese per mano e lo trascinò via.
    Mentre attraversavano le tombe, Harry e Hermione sentirono un grido.
    “E’ John!” esclamò Hermione, e prese a correre, Harry dietro di lei.
    Lo trovarono impietrito e tremolante.
    “John!” lo chiamò Harry, e  si mise al suo fianco.
    Anche alla scarsa luce dei lampioni, Harry notò che era bianco in volto, gli occhi fuori dalle orbite. Non era solo spaventato: era distrutto, e Harry capì ben presto il perché : c’era il corpo di Richard davanti a loro. Era steso a pancia sotto, le braccia abbandonate in avanti, il volto poggiato da un lato. Dava l’impressione di essere stato investito o spiaccicato da qualcosa di enorme. Aveva gli occhi spenti, la mascella rigida, e non solo questo: a dargli un aspetto ancora più inquietante erano i sottili rivoli di sangue scuro che gli uscivano dalle narici, dalla bocca e dalle orecchie.
    John scoppiò in lacrime e si lasciò improvvisamente andare sulle ginocchia, abbandonandosi alla disperazione sul pavimento ghiacciato e tombale.
    Ginny e Neville accorsero immediatamente al corpo di Richard, studiandolo e cercando di rigirarlo sul davanti, con la futile speranza che fosse vivo.
    Le orecchie di Harry ronzarono di nuovo.
    Attorno a lui scoppiarono pianti e lacrime di rabbia, ma lui non li udì.
    Era troppo scioccato anche solo per piangere o fare qualsiasi cosa. Richard era morto. Ed era solo colpa sua se era successo.
    Poi, mentre Frank, Ginny e Neville trascinavano Richard per cercare di rianimarlo, Harry scoprì con terrore dove il ragazzo si era lasciato morire.
    Era la tomba di Lily e James Potter.

    Anonymous ha risposto 8 anni, 5 mesi fa 0 Mago · 0 Risposte
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