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La Fine( storia conclusiva della saga Cicatrice)- parte 5
Capitolo 7
L’ULTIMO ADDIO
Harry si avvicinò lentamente alla lapide di marmo bianco ed era facile leggerla al buio, perché le parole sembravano quasi brillare. Harry non dovette nemmeno inginocchiarsi per distinguere le parole che vi erano incise:
James Potter, nato il 27 marzo 1960, morto il 31 ottobre 1981
Lily Potter, nata il 30 gennaio 1960, morta il 31 ottobre 1981L’ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte
Harry rilesse le parole lentamente, ritrovando in esse il significato che Hermione gli aveva dato nella vita precedente e con esso il ricordo di quella notte di Natale, quando avrebbe voluto tanto essere sottoterra con loro, invece di essere l’unico sopravvissuto. Il suo pensiero era che i suoi genitori erano morti, nient’altro… quale ’sconfiggere la morte’?! Loro erano caduti, sconfitti, i loro resti giacevano sotto terra, ignari di ciò che gli stava succedendo.
Le emozioni risorsero in lui come la prima volta che aveva visto quella lapide e strinse le labbra per trattenere le lacrime, inutilmente. Poi scosse la testa cercando di tornare in sé: i suoi genitori erano vivi. Allora perché vedeva quella tomba?
“Harry! Harry devi aiutarci! Aiutarci, capisci?”
Era la voce di Louise che lo riportò alla realtà; non aveva mai visto l’amica più disperata di così. Guardò il corpo di Richard con fare impotente. In altre occasioni non si sarebbe rassegnato, ma c’erano otto persone attorno a lui, e Harry sentiva che era solo colpa sua per l’accaduto.
“Non vuole risvegliarsi!” sbraitò Frank, fuori di sé. Era rosso in viso, completamente nel panico. “Pezzo di…”
“E’ tutto inutile, capisci! È morto!” ricordò Ginny con tono duro.
“Eppure…Eppure gli ho dato tutte le Pozioni Rigeneranti che ho trovato nella borsetta…Non capisco…” piagnucolò Hermione.
Harry si voltò di nuovo verso la tomba, ma quella non c’era più. Non capiva.
Senza porsi più domande si gettò anche lui su Richard e cercò di aiutare in qualche modo. Luna era accanto a lui con l’espressione triste, ma non scossa come gli altri. Sembrava uno di quei chilurghi che studiano il corpo prima di un’operazione.
Harry afferrò il polso di Richard. Il cuore non batteva.
Colto da una crescente ansia, prese a martellargli il petto; ripeté il gesto a lungo e instancabilmente, incurante delle lacrime e della disperazione attorno a lui e delle sue stesse lacrime. Dentro di sé si sentiva vuoto e senza emozioni; agiva senza pensare.
Quando il corpo rimase lì dov’era, senza essersi minimamente mosso, Harry rimase a fissarlo senza sapere cos’altro fare.
“Cosa facciamo?” pianse Hermione, i capelli ancora più crespi sul viso per via degli occhi umidi.
Harry alzò lo sguardo su Ron: era impietrito quanto lui. Harry ricordava la sua espressione nella vita precedente quando Fred era morto…e ora era altrettanto addolorato, le orecchie rosse e le lacrime silenziose che solcavano il lungo naso lentigginoso.
“Non possiamo restare qui” parlò Neville con voce calma. Aveva l’aria lucida nonostante gli occhi rossi e gonfi. “Dobbiamo portarlo via…John, lo so che sei disperato, ma dove andiamo?”
“A…a casa” singhiozzò quello appena.
Neville si rivolse a Harry, che a malapena sapeva cosa stava accadendo. Sarebbe voluto fuggire il più lontano possibile senza farsi beccare.
“Harry, ho bisogno che mi ascolti. Sai dov’è casa di John? Devi portarci lì. Per favore, rimani in te. Sei l’unico in grado di materializzarti”.
“Io…sì…” rispose Harry, ma era come se quelle parole fossero state pronunciate da un estraneo.
Prese per primo John e Apparvero su una strada battuta in mezzo alla campagna, poco lontani da un cancello nero oltre il quale si estendeva un campo di erba alta; oltrepassata quello si scorgeva in lontananza una costruzione che dava l’idea di una antica stalla trasformata alla buona in un casale, ed era circondata da un piccolo boschetto: il luogo dove abitavano John e Richard con la loro famiglia.
Dopo essersi materializzato con gli altri, Harry e John si avviarono lungo la strada sassosa e selvatica, seguiti da Ron e Neville che reggevano il corpo, Frank, Hermione, Luna, Ginny e Louise.
Una volta giunti dinanzi al cancello, John intonò con voce rotta una strana cantilena e il catenaccio che cingeva l’entrata s’allentò, cadde a terra e le porte si aprirono. John s’addentrò, successo dagli altri. Attraversarono silenziosamente il campo di erba alta, fra cui era stato tracciato un piccolo, comodo sentiero; alla fine di questo si stagliavano le mura bianche della casa, alla base delle quali vi era un tappeto di sassi e terriccio. John si diresse alla porta principale e bussò; nessuno rispose.
Provò un altro paio di volte, ma ancora una volta nessuno si affacciò.
“Sono John!” strillò John, rivolto alle finestre del piano di sopra.
Erano soli. Forse i suoi genitori erano andati a cercarli con l’Ordine della Fenice. Era meglio così: non avrebbero dovuto vedere quella tragedia.
Il cuore di Harry si strinse immaginandosi la scena: John e Richard tornavano a casa, ma uno dei due era morto. Vedeva Janet e Artemis sconvolti dal dolore e, sconfitti, si accasciavano a terra con gli occhi pieni di lacrime come se una freccia invisibile li avesse colpiti in pieno petto.
John aprì la porta intonando la stessa cantilena e, una volta che la porta ebbe fatto un sonoro sclack entrò, Harry e i loro amici alle calcagna. Sembrava una marcia funebre.
Il petto di Harry balzò quando rivide l’interno della casa; erano passati molti anni da quando era venuto l’ultima volta, eppure ricordava ogni particolare: il primo ambiente era piuttosto spazioso: alla loro destra vi era un angolo cottura, al centro del quale vi era un grosso calderone per le pozioni e, davanti a esso, un tavolo bar con dei seggiolini. Accanto al cucinotto vi era una porta ben chiusa che era la dispensa. Appoggiata a essa vi erano un paio di scope. Poco più avanti, verso il centro del salone, vi era un lungo tavolo da pranzo. Sulla parete opposta vi era un camino e attorno a questo erano posti due larghi divani in pelle di drago e una poltrona, creando un ambiente intimo. Superato il salone, dopo un piccolo corridoio, vi erano le scale che portavano al piano superiore.
Harry era stato diverse volte a casa di John e Richard con Frank e Louise. Spesso rimanevano un intero mese a casa della famiglia dei gemelli; rimpiangeva le serate a giocare a Sparaschiocco davanti al camino, o ad ascoltare le storie che Louise leggeva ad alta voce quando erano tutti stanchi di giocare a Quidditch.
“Dove mettiamo il corpo?” chiese Neville, pallidissimo.
John prese un telo bianco sporco accanto al calderone dell’angolo cottura, abbastanza grosso per un corpo e glielo tese; dovevano avvolgerci Richard.
Anche gli altri avevano capito, e cominciarono a stendere il telo a terra per metterci il corpo.
Harry ebbe l’impressione che attorno a lui fosse tutto a rallentatore. Sperava ogni secondo che fosse un sogno.
Prima che coprissero Richard, Luna si avvicinò lentamente al corpo, si chinò e passò una mano sugli occhi, chiudendoli.
“Ecco” disse, serena, “ora sembra che stia dormendo”.
John decise di sparire per un po’.
Harry non poté biasimarlo; del resto era stato un brutto colpo per tutti ma doveva esserlo stato soprattutto per lui, che aveva perso non solo un fratello, ma il suo gemello. Esattamente come Fred e George, ricordò ancora tristemente Harry.
Ginny si alzò, andò a prendere una corda per legare il corpo e tutti insieme lo posarono sul tavolo da pranzo; infinte salirono al piano di sopra, diretti alle camere da letto e con l’illusione di dormire, anche se sapevano che non ci sarebbero riusciti.
Harry, Ron, Frank e Neville si separarono dalle ragazze senza parlare. Ron e Neville dormivano in una delle due stanze degli ospiti, proprio accanto a quella dei genitori di John e Richard, che invece era occupata da Harry e Frank.
Passarono l’intera notte svegli, nel silenzio assoluto. Si udivano i singhiozzi nelle due stanze accanto, probabilmente di Hermione o di Louise. Ginny e Luna, per quanto scioccate, non si perdevano granché nelle lacrime. Era una delle cose che Harry apprezzava di Ginny.
Frank si sdraiò sul letto, fissando il soffitto con lo sguardo perso nel vuoto.
Harry invece rimase seduto accanto alla finestra, completamente vestito e sporco del sangue di Richard. La luce lunare rendeva la visibilità della campagna attorno alla casa quasi perfetta.
John che scavava la buca dietro la casa per seppellire Richard era perfettamente distinguibile.
Harry rimase a fissarlo per quasi tutta la notte, finché non cominciò a farsi giorno, e si addormentò. Al suo risveglio, John era ancora lì.
Sentiva i vestiti appiccicaticci e infreddoliti del giorno prima. Attorno a lui era tutto stranamente umido.
Gli occhiali gli erano calati al livello della bocca, se li pulì con la maglietta e poi se li inforcò.
La parte destra della testa era fredda e pulsante perché era stata appoggiata al vetro fino a quel momento, ed era anche piuttosto pesante; probabilmente aveva dormito poco.
Distaccando gli occhi da John che rientrava finalmente in casa, si voltò verso Frank, disteso sul letto a pancia sopra, completamente addormentato.
Sollevato che almeno lui avesse dormito bene, si alzò dalla sedia e andò lentamente in bagno.
I suoi gesti erano automatici, come se fosse stato un estraneo a lavarsi le mani e la faccia.
La sua mente era da tutt’altra parte. Non aveva realizzato che Richard era morto, che non c’era più. Il cuore gli scese fino a terra e dovette trattenere le lacrime, tappandosi prontamente gli occhi con l’asciugamano. Il senso di colpa lo pervase: se Richard aveva cominciato ad ammalarsi era sicuramente a causa sua e per la sua vicinanza.
Harry non aveva altre spiegazioni. Se solo avesse avuto più tempo, Richard avrebbe confessato che anche lui aveva visto la casa dove i suoi genitori erano morti…perché l’aveva vista, ne era quasi certo, doveva essere così. Non solo perché Richard era impazzito davanti al lago parlando dell’expecto patronum di Piton e del medaglione di Serpeverde, ma perché aveva scelto come luogo di morte la tomba dei Potter, che aveva visto solo lui, Harry. Forse era stato un caso…ma perché scegliere il cimitero, altrimenti?
Richard sapeva che stava per morire?
Poi i suoi occhi andarono automaticamente allo specchio tondo sopra il lavandino; certo che era cresciuto veramente tanto, in quei mesi. I capelli erano scompigliati e neri come al solito, e aveva le stesse lenti tonde….eppure i tratti del viso erano più marcati, lo sguardo fermo e brillante, velato anche da una sorta di tristezza e tormento. Una leggera peluria gli circondava il mento….un attimo: peluria?
Harry si toccò nel punto dove una leggera barba gli stava spuntando sotto il mento. Al tocco pizzicava, proprio perché era fresca e appena nata. Si studiò ancora più intensamente: non poteva avere più tredici anni. Ne dimostrava almeno quindici.
Spostò lo sguardo sulle mani. Erano più grandi e allenate. Poi osservò il fisico dalla vita in giù.
Era sempre molto magro, ma adesso era molto più alto di prima; i vestiti gli stavano stretti: la maglietta gli arrivava a malapena alla vita e i pantaloni gli scoprivano la caviglia. Che cosa era successo?
Alzò gli occhi di nuovo allo specchio: non se l’era immaginato. Si diede un pizzicotto sulla guancia. Dimostrava sempre quindici anni. Questa non era una delle solite visioni. Era davvero cresciuto.
Con il corpo fremente e l’ansia crescente, si allontanò lentamente dal bagno e scese al piano inferiore, ormai completamente sveglio.
Attraversò il salone, dove vide la salma coperta dal telo della serata precedente sul tavolo.
Ebbe l’impressione di essere trascinato in una specie di oblio.
Avvertiva dei rumori e profumo di uova strapazzate dal cucinotto e, distogliendo con sollievo l’attenzione dal cadavere, si mosse in quella direzione.
Era Louise che maneggiava le pentole, i boccoli biondi sfatti e disordinati che coprivano il volto e i singhiozzi. A un certo punto una delle padelle le scivolò di mano e sbatté sul calderone sonoramente. Louise imprecò e per un momento Harry intravide il volto rosso e gonfio di chi ha pianto tutta la notte.
Harry andò in suo soccorso, prese la pentola bollente e la mise sul fuoco, poi con una delle scope spazzò via i tuorli d’uovo.
Louise balzò sul posto, poi lo osservò attentamente come se fosse un estraneo. “Tu..Cosa…?”
“Ci penso io a cucinare, tu vai pure a dormire” la rassicurò lui, mentre con un panno puliva il resto.
Louise continuò a guardarlo come se fosse stato un ladro entrato improvvisamente in casa che aveva deciso di dare una mano a fare la colazione.
Si avvicinò lentamente a lui, sempre con lo sguardo sbigottito, poi scosse il capo e, fra lo spaventato e il disorientato, gli cedette il posto.
Harry passò quel paio d’ore di solitudine seduto sul divano ripensando ai recenti avvenimenti e alle nuove scoperte: chi era il Prescelto, lui o Neville ?Perché aveva la cicatrice sulla fronte come quella di Neville…? Quanti anni aveva? Diciassette, tredici o trent’anni? Chi era lui, Harry? E, soprattutto, chi aveva scelto di essere? Tutto quello che faceva, che provava, era veramente lui oppure era una maschera? Oppure semplicemente non era nessuno?
E perché sia Frank che Richard (ormai ne era praticamente sicuro) avevano condiviso i suoi ricordi invece di quelli di Neville? Frank sarebbe morto allo stesso modo? Perché causava la morte e la sofferenza di chi gli stava intorno? E lo scrigno? Perché i suoi genitori non gli davano più indizi? Perché nessuno lo aiutava, e invece di migliorare le cose peggioravano? Strinse le labbra per trattenere le lacrime, per poi scoprire che era inutile. Si sentiva fragile, stressato, arrabbiato, solo, depresso e insicuro.
Aveva come la sensazione che appartenesse a quel mondo e che allo stesso tempo non fosse affatto così. Sentiva il peso degli anni della sua vita attuale e allo stesso tempo di quella precedente.
Fu in questo stato che lo trovarono i suoi amici. Harry percepiva tutti quegli sguardi addosso, sconvolti dal cambiamento repentino del suo aspetto.
“Ah!” urlò Ron non appena ebbe sceso per ultimo le scale. “Che cosa hai fatto?”
“ Che cosa non ho fatto ” disse Harry amaro, asciugandosi le lacrime con il torso della mano.
“Sei..più grande!” osservò Ginny, irrigidita. “ Sembra che tu abbia…quindici anni, o giù di lì”.
“Harry, hai per caso bevuto una Pozione Invecchiante?” squittì Hermione, avvicinandosi alla borsa sul divano accanto a quello dove era seduto Harry.
“Non ci sono Pozioni Invecchianti nella tua borsa, Hermione” le rammentò lui.
“Non lo so quello che ho preso” confessò lei, mordendosi le labbra, e afferrò la borsa incantata per poi ficcarci la mano dentro, “ho solo preso delle bottigliette dall’armadietto dell’infermeria della Steinboret…sono tante e non ci capisco nulla di norvegese…perciò…”
“E perché diavolo dovrebbero trovarsi delle pozioni invecchianti in un’infermeria?!” sussultò Ron.
“Non ne ho idea, ma non possiamo essere sicuri di nulla” replicò Hermione.
“Non ho bevuto niente” li rassicurò Harry. “Non ho proprio idea di come sia cresciuto così in fretta…mi sono svegliato così e basta. Non preoccuparti, Hermione, ci penseremo più tardi. Ora dobbiamo pensare a un’altra cosa” e guardò la salma sul tavolo.
Hermione la fissò disgustata.
“Ha ragione, dobbiamo sotterrarlo. L’abbiamo lasciato qui con l’idea di seppellirlo non appena ci fossimo svegliati” ricordò Ginny. “Meglio sbrigarci, anche perché altrimenti comincia a puzzare…dov’è andato John?”
John apparve solo un paio d’ore dopo. Non pronunciò una parola, e nessuno disse niente. Portarono il cadavere fuori e lo misero nella buca scavata da John dietro la casa.
Poi cominciarono a coprirlo di terra. Harry visse quel momento senza nessuna voglia di parlare, e neanche John trovava nulla da dire. Harry si rese conto che lo capiva; neanche lui aveva parlato per la morte di Dobby nella sua vita precedente…eppure aveva voluto scavare la buca per il corpo senza magia, esattamente come aveva fatto John per Richard.
L’unico rumore durante quella specie di funerale furono i singhiozzi di Hermione e di Louise.
Ginny non piangeva, o almeno non più, ma il suo sguardo era fermo e duro sulla buca che Ron e John riempivano pian piano di terra.
Harry voleva bene a Richard. Nonostante tutto, era stato uno dei suoi amici d’infanzia, e se era morto era solo colpa sua. Quanta gente sarebbe finita come lui? Si continuava a chiedere se a Frank sarebbe toccato lo stesso destino.
A risvegliarlo dai suoi pensieri ci pensò il tocco di Ginny, che gli sfiorò le mani e intrecciò le dita nelle sue. Harry si sentì sollevato e incoraggiato dal suo sostegno, ma rimase ugualmente depresso.
Osservò in maniera distaccata come John, tremante e debole, metteva una pietra sulla fossa. C’era scritto:Richard Thompson, nato il 31 ottobre 1979, morto il 30 gennaio 1993
L’amore vince su ogni cosa.
La mano di Ginny si allontanò dalla sua come gli altri rientrarono dentro casa.
Gli unici a essere rimasti erano lui e Luna. I suoi enormi occhi sporgenti fissavano la tomba con curiosità, come se fosse stata la prima volta che ne vedeva una.
“E’ stato un grande mago dopotutto. Non credi?” commentò Luna.
“Sì” mormorò Harry, mentre una lacrima troppo a lungo trattenuta gli scivolava lungo il mento.
Poi Luna si rivolse al boschetto poco distante. “Dici che anche il tipo laggiù vuole dare un ultimo saluto a Richard?”
Harry non lo vide subito, poi qualcosa si mosse fra gli alberi. “Ma che cos’è?” commentò a voce alta. Questione di secondi, e quell’ombra scomparve.
“Non lo so. È stato lì tutto il tempo a osservarci. Forse è un amico di Richard ma è troppo triste per la sua perdita” ipotizzò Luna, con il solito tono di chi è convinta delle sue idee, anche se assurde.
Poi si alzò e strinse la mano a Harry, guardandolo negli occhi. “Non piangere per Richard: ora non soffre più. Sono sicura che ha ritrovato la Cooman e ci proteggono da lassù”.
Harry rientrò con lei guardandosi intorno circospetto, con il forte dubbio che fossero pedinati.
Passarono la giornata senza far nulla, a malapena si parlavano. Molti dormirono proprio perché non l’avevano fatto durante la notte.
Anche Harry ci provò, ma al contrario di Frank non ci riuscì, così decise di scendere giù in salone e magari accendere un po’ di quella legna che era poggiata accanto al fuoco.
Mentre passava per una stanza, udì qualcuno russare sonoramente.
Harry aprì leggermente la porta per sbirciare chi fosse; erano Ron e Luna, abbracciati teneramente l’uno all’altra. A Harry sfuggì un sorriso. Era difficile che Ron fosse così tenero con qualcuno. In genere era piuttosto insensibile con le ragazze…e in un certo senso immaturo. O almeno lo era stato con Hermione nella sua vita precedente. Era contento che gli piacesse Luna: tirava fuori la parte più dolce di lui.
Richiuse la porta e, sollevato che almeno ci fosse un po’ di amore nell’aria, scese le scale del piano inferiore ed entrò nel salone. La luce del fuoco del camino batteva sul tavolo da pranzo e i ciocchi scoppiettavano; Hermione era seduta sulla poltrona, intenta a leggere quello che sembrava Vita e menzogne di Albus Silente.
“Ciao Hermione” salutò lui come lei sollevò lo sguardo dal suo libro.
“Harry” sospirò lei, osservandolo con ansia. “Ti sei svegliato”.
“Non ho mai dormito” rispose lui asciutto.
“Certo che è successo tutto così in fretta, eh?” osservò lei, spostando lo sguardo sulle pagine del libro. “E’ passato solo un mese da quando siamo fuggiti da Hogsmeade…eppure mi sembra un’altra vita”.
“Hai ragione, in effetti è vero” ammise Harry, concentrandosi sulle fiamme.
“Sai, Harry, mi è sorto un dubbio. Mi chiedevo…abbiamo fatto molti incantesimi da quando abbiamo lasciato la Steinboret…fino ad adesso non ce ne siamo preoccupati. Dici che potrebbero arrivarci dei gufi dal Ministero con la dichiarazione d’arresto?”
Harry restò di stucco per qualche secondo: non ci aveva mai pensato, forse perché non aveva mai ritenuto che fosse un problema. Ma ora che Hermione gliel’aveva fatto presente, gli sorse il dubbio che avesse ragione. Rammentava fin troppo bene le lettere che aveva ricevuto da parte del Ministero a Privet Drive per via di Dobby e dei Dissennatori.
“Non lo so, ma non credo che ci denunceranno. Questo è un caso speciale dato che Hogwarts è stata occupata dai mangiamorte e sono rimasti pochi sopravvissuti disseminati per il mondo” rispose Harry.
“Già, ma nessuno è fuggito dalla propria scuola, a parte noi…con Neville, oltretutto, che è il motivo per cui hanno fatto sì che le scuole venissero protette!” osservò Hermione.
“E’ vero, ma credi che il Ministero sappia del sistema delle scuole? Era tutto un gran segreto e nessun funzionario è venuto come rappresentate quando siamo stati smistati” replicò Harry.
“Non lo so proprio, questa storia è del tutto confusa! Ho solo la sensazione di un pericolo costante e non mi sento al sicuro da nessuna parte”.
Harry sapeva che Hermione aveva ragione.
“Piuttosto” esordì Hermione cambiando discorso, “ancora non mi spiego il motivo per cui tutto a un tratto sei diventato un quindicenne”.
Harry scrollò le spalle. “Me lo chiedo anche io…ma sono molti i misteri che devo risolvere ancora. Troppi interrogativi tutti insieme, e ora anche questo! Tutto considerato, quest’ultimo avvenimento è il meno grave”.
Hermione scoccò un’occhiata alle fiamme del camino, che sempre di più diventavano l’unica fonte di luce via via che il sole tramontava.
“Giusto. In effetti, questo non è altro che un’aggiunta al fatto che hai la cicatrice sulla fronte come Neville, che Richard sia morto dopo aver sputato tutto quel sangue ed essersi malato, ai tuoi strani sogni e quant’altro…A proposito: non hai avuto visioni di recente?”
Harry la fissò. Sì, c’era la faccenda dello scrigno, ricordò tristemente, e non faceva altro che aggiungersi a quell’eterna lista di problemi cui non trovava soluzione.
Stava per raccontarle proprio di questo, quando John spuntò dalla dispensa con la bacchetta impugnata. “Stai calmo! Non ti farò del male!” rassicurò una voce familiare.
Harry si scambiò un’occhiata perplessa con Hermione. Era Remus, le mani alzate in segno di resa. Harry intuì che fosse lui l’ombra scura nel bosco.
“Remus!” esclamò Hermione, sorpresa. “Che ci fai qui?”
“Non ti avvicinare!” intimò John a Remus.
Harry allora sfoderò la bacchetta e imitò John.
“Harry!” lo riproverò Hermione, scioccata e spaventata.
Harry non le badò, impegnato a mantenere il contatto visivo con Remus che sobbalzò impaurito una volta che lo ebbe guardato con attenzione.
“Harry? Come mai sei…sei cresciuto così tanto?” chiese, spiazzato.
“Chi sei? Non mi fido” indagò Harry, ignorando la sua esclamazione.
“Neanche io” convenne John.
Remus trasse un sospiro. “Sono Remus John Lupin, lupo mannaro, noto anche come Lunastorta, uno dei quattro creatori della Mappa del Malandrino, zio della vostra amica Louise con cui siete cresciuti da piccoli. Alla fine di agosto venivate sempre qui a giocare a Quidditch e a rotolarvi per i prati. Inoltre, sono il vostro ex insegnante di Difesa contro le Arti Oscure”.
Fu solo allora che Harry abbassò la bacchetta. “Oh, va bene. Ma dovevo controllare, no?”
“Un comportamento molto maturo, Harry” osservò Remus, compiaciuto, e abbassò le braccia. “E complimenti anche a te, John. Avrei potuto essere chiunque, in effetti”.
Quando mosse qualche passo verso di loro, Harry si accorse che indossava un pesante mantello nero da viaggio, sfinito ma contento di vederli.
“Eri tu quello fra gli alberi?” chiese Harry immediatamente.
Remus forzò un sorriso. “Sì, esatto. Ma non potevo più rimanere in incognito…ho visto la tomba di Richard, John. Non puoi sapere quanto mi addolora”.
John s’irrigidì, lo sguardo basso, e rimase in silenzio.
Remus si trascinò al divano accanto al camino e si sedette, tirando fuori due bottiglie di Burrobirra da sotto il mantello.
“Non capisco: perché ci seguivi?” domandò Harry, ma bastò che ci ragionasse un attimo per aggiungere: “E’ stato Sirius a dirti di farlo, vero?”
Remus rimase in silenzio e stappò la Burrobirra.
“E’ così?” incalzò Hermione.
“Beh, sì” si arrese Remus. “Ma non è solo perché aveva paura che vi sareste persi, ragazzi. È anche perché, beh, avete ancora la Traccia su di voi, e quindi è naturale che debba venire qualcuno in vostro soccorso”.
Accanto a Harry, John si irrigidì. “La Traccia?”
“La Traccia è un incantesimo che viene eseguito sui giovani maghi e produce una specie di allarme che avverte il ministero di una magia compiuta da un minorenne. Questo incantesimo si annulla automaticamente quando il mago compie diciassette anni” spiattellò a memoria Hermione.
“Sì lo so che cos’è la Traccia, grazie” rispose acido John. “Il punto è che…non ce ne siamo preoccupati fino ad adesso. È una vera tragedia”.
“In effetti lo è, ma solo in parte” osservò Remus, bevendo un sorso dalla bottiglia. “Lasciatemi spiegare: il Ministero ovviamente non è rimasto indifferente ai movimenti di Voldemort quando hanno preso Hogwarts. Allo stesso modo ha badato a prendere contatto con le famiglie degli studenti e si è immischiato nelle faccende dell’Ordine…siamo stati imprudenti a pensare che l’organizzazione per la protezione di Hogwarts potesse rimanere nascosta, soprattutto se era coinvolto anche l’estero. Così hanno cominciato a fare sempre più domande e le protezione delle varie scuole si sono messe in crisi proprio perché il Ministero chiedeva un cambio di guardia…”
“E’ per questo che i Mangiamorte sono riusciti a entrare a Caselette e alla Steinboret!” disse Harry. “E’ per colpa dell’entrata in scena del Ministero che Neville è stato rapito!”
Provò un’ enorme rabbia : tutto questo era stato fatto per proteggere Neville, non per farlo rapire ed era accaduto esattamente il contrario.
“Esatto” rispose Remus. “Il risultato dell’intromissione di un terzo ente. Ora, dopo il rapimento di Neville i più veloci a intervenire siete stati voi, nonostante la vostra giovane età. Il Ministero vi ha rintracciato e nell’arco di poche ore dal vostro primo incantesimo –seguito ovviamente dall’avviso della preside della vostra scuola- e Arthur, il papà di Ron, è riuscito ad ottenere informazioni preziose da alcuni collaboratori dell’Ordine che lavorano nell’Ufficio degli Usi Impropri delle Arti Magiche, così i secondi ad agire siamo stati noi, anche se in ritardo. Dopodiché siete fuggiti, e il Ministero vi sta tenendo sotto stretto controllo, perché c’è Neville”.
“Cosa vogliono fare a Neville?” scattò subito Harry, pieno d’ira verso il Ministero.
“Credo vogliano rapirlo o qualcosa di simile. Non vi hanno inviato ancora nessuna lettera perché progettano da un momento all’altro di rapirlo, o qualcosa di simile. Pare che desiderino usarlo come vetrina del Ministero”.
“Ma è una cosa terribile!” commentò John impulsivamente.
“Già, lo è: lo userebbero per giustificare le nuove azioni contro Voldemort, anche se da quanto ci è pervenuto ci sono molti infiltrati anche lì e la reputazione del Ministero è compromessa.Per questo sono venuto a prendervi” spiegò.
Remus si concesse un altro sorso dalla sua burrobirra, poi spaziò lo sguardò e si concentrò di nuovo su Harry: i suoi occhi balzarono immediatamente sulla sua fronte. Il ciglio divenne sempre più serio e spaventato.
“Harry, avvicinati un attimo” gli ordinò.
Harry tentennò, appiattendosi immediatamente il ciuffo sulla cicatrice.
“Harry, andiamo, non voglio farti del male. Vieni qui un momento, fammi vedere cos’hai, forza! Se ti sei ferito posso curarti…”
Harry incrociò il viso di Hermione, la cui bocca tremava come se si stesse sciogliendo.
“No, io…”
Remus lo prese per la mano e lo chinò, poi le dita appiccicaticce di Burrobirra gli esaminò la nuova cicatrice, piuttosto profonda e che gli solcava la fronte quasi completamente. Non appena gli ebbe dato un’occhiata, ritrasse la mano spaventato e allontanò il ragazzo con violenza.
“Tu….chi sei tu? Come mai hai la stessa ferita di Neville?” chiese, indietreggiando sempre più contro lo schienale del divano. Era come se l’avesse visto davvero per la prima volta.
“Io…ci sono molte domande cui non so la risposta, Remus. Non so neanche perché da un giorno all’altro mi sono ritrovato…così” disse tristemente Harry, indicando il suo nuovo aspetto.
Remus lo continuò a fissare; dallo sbalordito e spaventato, i suoi occhi sembrarono abituarsi sempre di più alla nuova forma di Harry, come ad una luce troppo forte.
“Sono piuttosto…sorpreso. Neanche una Pozione Invecchiante saprebbe potuta essere così efficiace. I suoi effetti probabilmente sarebbero già spariti, se l’avessi usata. Ad ogni modo, è un altro dei motivi per cui dovete venire con me…dobbiamo informare l’Ordine di un sacco di cose, ora che vi ho trovato. Quello che è successo a te, Harry, e…” lo sguardo di Remus si spostò su John, la cui figura si era fatta piccola piccola, in disparte, triste e sola. Nessuno parlò, perché nominare Richard sarebbe stato troppo in quel momento.
“No, Remus” intervenì Harry. “Mi dispiace molto, ma credo che tu debba andartene. Di’ ai nostri genitori che stiamo bene, ma non possiamo andarcene. Abbiamo una missione da risolvere, ormai sono tutti coinvolti”.
“Harry, ma vogliono rapirvi!” esclamò sconvolto Remus. “Non potete agire da soli! Avete tredici anni!”
“E tu che ne sai?” s’irritò Harry. “Che ne sai che non ce la caveremo?”
“Non avete speranze! Anche se la maggior parte del tempo mi siete spariti sotto gli occhi, e sinceramente non ho proprio idea di come abbiate fatto…”
“Non importa come sia successo. Devi andartene, Remus. Non puoi restare!” decise Harry, risoluto. Stava quasi per svelare la sua capacità di Smaterializzarsi, ma aveva taciuto. “Siamo già nei guai senza che ci sia anche tu con noi”.
Remus lo fissò per quella che sembrò un’eternità. Poi sorrise.
“Va bene. Ma non me ne andrò, rimarrò nei paraggi. Non vi lascio soli, quanto mai Neville.
E poi, dopo quello che è successo, non credo che vi convenga rimanere scoperti”.
Dopo aver scoccato un’occhiata a John, si alzò e con tutta calma uscì dalla porta. Harry lo seguì con lo sguardo, chiedendosi se avesse voluto restare, e se si sarebbe congelato là fuori.
Aspettò, poi si diresse verso la porta principale per invitarlo nuovamente a entrare. Aveva appena fatto in tempo ad affacciarsi che sentì un pop sonoro e poi cadde di nuovo il silenzio.
Rimase a fissare il campo di erba selvatica che dondolava da una parte e dall’altra, scosso dal vento freddo e rumoroso; si accorse solo in quel momento che non aveva nevicato in quella zona. Harry si perse a guardare l’orizzonte e un senso di solitudine lo pervase.
Poi rientrò dentro e si accomodò di nuovo sul divano al posto di Remus. Ai suoi piedi era stata abbandonata la burrobirra ancora tappata. Harry pensò che fosse solo un pretesto di Remus per tornare e non era sicuro che gli facesse piacere.
Hermione lo guardava, provata e confusa; ma era John quello che sembrava sul punto di esplodere, eppure non fiatava.
Harry rimase a fissare le fiamme, indeciso sul da farsi. Remus li aveva momentaneamente lasciati, ma sarebbe ripassato a prenderli. Avevano la Traccia su di loro e tenevano sotto controllo i loro spostamenti. Forse Remus aveva ragione; non avevano speranze di gozzovigliare ancora a lungo.
“Beh, allora? Che vogliamo fare?” mormorò John parlando velocemente.
“Non lo so” rispose Hermione grave. “Non sono sicura che possiamo rimanere ancora qui. Quello che è certo è che Remus non deve venire con noi né in alcun modo essere coinvolto nella missione degli horcrux. Sarebbe meglio partire domani”.
“Il viaggio continua, allora” disse John, sarcastico.
Harry provò un moto di rabbia a quelle parole.
“Beh, se hai qualcosa in contrario, puoi sempre andare con Remus” ribatté, altrettanto contrariato.
“Harry…” provò a dire Hermione, ma ormai era fatta.
“Certo che vorrei andare con Remus! Dopo quello che è successo! Non capisco proprio come possiate continuare a voler andare avanti, ora che…che lui non c’è più!” si scaldò John.
“Abbiamo perso Richard” disse lentamente Harry, “ e la sua perdita ci addolora quanto te. Per me, Frank e Louise era come un fratello…”
“A maggior ragione! Non…non c’è motivo, è troppo pericoloso, ora ci cercano tutti e ci hai trascinato in questa situazione suicida solo per i tuoi scopi!” si sfogò John. Era contratto, selvaggio, fuori di sé. Non aveva più il controllo.
“Per i miei scopi?” s’infervorò Harry. “ I miei scopi? Ti ricordo che se abbiamo iniziato questo viaggio era per salvare Neville! E come ha detto Remus, non c’era nessun altro che sarebbe accorso! Se non fosse stato per noi, l’Ordine non sarebbe mai venuto in nostro aiuto!”
“Già ma adesso che cosa stiamo facendo? Stiamo cercando gli Horcrux! E questo solo perché tu hai detto che dovevamo farlo! Noi non c’entriamo niente con questa storia! Sei tu che ci hai coinvolto!”
“Io non ho coinvolto nessuno! Siete voi che siete voluti venire con me! Non volevo che nessuno di voi rischiasse la vita! Saremmo dovuti partire io e Neville e basta! E voi siete venuti con noi!”
“Hai usato Neville solo perché la questione riguarda anche te, altrimenti non avresti quella ferita sulla fronte esattamente come lui!”
“Io non ho usato nessuno! Pensi che io abbia voluto tutto questo? Che io abbia voluto la cicatrice, le visioni, i contatti con la realtà precedente? Quello che meno avrei voluto era la morte di Richard! Non sono stata io a causarla, siete voi che siete venuti con me…”
“Ragazzi, basta!” cercò di intervenire inutilmente Hermione. “Ora siete arrabbiati, è vero…però noi…”
“Credi che io non sia preoccupato per i miei cari? “ la ignorò Harry, guardando Richard negli occhi. “Per rischi cui vanno incontro tutti i giorni i miei genitori Che possano rapirli, o ucciderli? Se facciamo tutto questo è per loro! Non capisci che è l’unico modo per sconfiggere Voldemort?”
“Ah, davvero? E poi beh, complimenti, ti preoccupi dei tuoi genitori ma non dei tuoi compagni! E, come se non bastasse, Richard ci ha rimesso la pelle senza che nessun horcrux in nostro possesso fosse andato distrutto! Io speravo che sapessi come distruggerli, invece anche in questo sei inutile, inutile!”
“Non cambiare discorso! Tu ce l’hai con me perché Richard è morto, nient’altro!”
“Lui ti ha visto morire, è per questo che ora non c’è più!”
L’atmosfera si gelò. Harry lo fissò, incredulo. il cuore perse un battito. Solo in quel momento s’accorse che Luna, Ron, Ginny, Frank, Louise e Neville assistevano alla scena sulle scale, bianchi e sconvolti. Lo sguardo di Harry si concentrò nuovamente su John.
“ Come…sarebbe a dire?” boccheggiò, spiazzato dalla conferma delle sue paure.
“Non fare il finto tonto” replicò amaro John, che aveva il volto sconvolto come se avesse rivelato un segreto. “Lui ha avuto delle…visioni. Ti ha visto morire per mano di Voldemort quando eri più grande…ma non ne voglio sapere niente, mi voglio allontanare da te! Mi fa male parlarne. È solo colpa tua”.
“No, John, ti prego” disse Harry, pieno di senso di colpa. “Ti prego, dimmi cosa ha visto. Io…Io voglio sapere…non ti biasimerò se te ne andrai via. Però dimmi almeno questo!”
“Se lui è stato male, ha cominciato a sputare sangue, ha avuto la febbre, vedeva i thestral e non ti ha più parlato, è perché aveva paura di te e di starti vicino, perché vedeva quelle cose! E comincio a vederle anche io, perciò stammi lontano, non ho più nulla a che spartire con te. E, tu” aggiunse, puntando gli occhi verso Louise, “ anche tu dovresti pensarla come me!”
Detto questo si fece largo fra i suoi amici e corse su per le scale, sparendo alla vista.
Ancora nessuna risposta. Inizi tu?
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