-
La Fine( storia conclusiva della saga Cicatrice)- parte 6
Capitolo 8
UN AIUTO DALLA FENICE
Harry era spaesato. Cosa avrebbe dovuto fare? Voleva assolutamente chiarimenti, così si fece largo fra Frank, Luna e Ron quando un braccio l’afferrò: era Louise.
“Harry, no!” lo fermò lei. “Lascialo in pace. Non…non è il caso…”
Harry spostò il suo sguardo sul volto malaticcio di Frank, preoccupato. “Anche lui dovrà subire la stessa sorte? Anche lui?”
“Cosa?” disse Louise. “Di che stai parlando?”
“Harry, spiegati!” lo incitò Neville. Tutti quanti erano in attesa di risposte.
Harry, sentendosi soffocato, si divincolò dalla forte stretta dell’amica e tornò verso il salone, uscendo di casa sbattendo la porta.
Non era giusto; non poteva parlarne. Non avrebbe comunque aiutato; nessun rimedio al mondo avrebbe potuto.
Harry si abbracciò per ripararsi dal freddo, diretto alla tomba di Richard.
Gli fece uno strano effetto trovarsela davanti; non era di certo la migliore delle commemorazioni funebri, ma gli infuse una certa serenità.
Allungò la mano e toccò lentamente la pietra, scavando le dita nella frase incisa da John per il fratello. Che cosa terribile, quanto dolore perdere qualcuno! Che valore aveva la vita, se tanto prima o poi si doveva morire, lasciare i propri cari a soffrire?
Anche lui aveva perso le persone che amava, nella sua vita precedente, tutte le figure importanti: i suoi genitori…Sirius….Silente…persino Piton.
Questa volta non avrebbe permesso che nessuno di loro cadesse; doveva proteggerli.
Eppure ripensando a Richard si sentì fallito; come poteva pretendere di difendere le persone che amava di più se una di loro moriva sotto il suo naso?
Come avrebbe fatto con Frank e Louise?
Doveva andarsene; non poteva rimanere lì. Non era giusto coinvolgere più nessun altro, solo Neville, che era essenziale per la distruzione degli horcrux.
Poi s’immaginò i visi di Hermione, Ron, Luna e Ginny, pieni di dolore e abbandonati…come se non fossero serviti più a nulla. Sentì il cuore stringersi; doveva pensarci bene. Tu che avresti fatto?, si rivolse Harry inutilmente al cumulo di terra sotto di lui.
Quel pensiero lo attanagliò per tutta la notte, steso accanto a Frank che russava profondamente. Lo invidiava: riusciva ad addormentarsi nonostante tutte quelle tragedie; chissà, forse aveva una tempra più forte di lui.
Harry si girò su un fianco e tentò di imitarlo.
Finalmente era riuscito a prendere sonno quando un conato di tosse dal bagno lo svegliò. Harry si voltò e notò che il posto di Frank era vuoto e una macchia scura copriva una parte del cuscino. Con orrore rammentò di averla già vista.
“Frank!” sbraitò assonnato, alzandosi immediatamente dal letto e accorrendo in suo aiuto.
Frank si stava tappando la bocca con l’asciugamano e si ammirava allo specchio; il suo viso era ancora più pallido del giorno precedente e aveva delle occhiaie scure sotto gli occhi; eppure quando si accorse della sua presenza forzò un sorriso.
“Harry!” esordì, falsando un tono gaio. “Buongiorno! Ho una fame! Vado a vedere cosa c’è in cucina!” e fuggì, scendendo le scale.
Harry non lo ostacolò, piuttosto entrò nel bagno diretto all’asciugamano.
Frank aveva fatto abbastanza attenzione a coprire le tracce, ma ormai Harry aveva l’occhio esperto: una leggera macchia marrone si poteva notare all’angolo del tessuto.
Harry provò un senso di vuoto; da quanto andava avanti questa storia?
Ancora con gli occhi pesti dal sonno, scese lentamente le scale e ciondolò fino alla poltrona accanto al camino, avvolto dal silenzio generale. Fissò le deboli fiamme del camino finché le palpebre non calarono e si addormentò.
Fu un brivido e la luce oltre le tende delle finestre a scuoterlo dai sogni. Harry si alzò e andò alla finestra, rimirando il paesaggio: c’era solo una brezza leggera che smuoveva il prato e le chiome degli alberi. Osservando il cielo grigio-bianco, non poteva che essere mattino presto.
Aveva una gran voglia di tornare a dormire, quando scorse da lontano una figura alta avvolta in un pesante mantello, e a giudicare dall’andatura era Remus. Ebbe un fremito lungo la spina dorsale; non era pronto. L’unico che voleva lasciare quel posto per davvero era John.
Troppo presto bussò alla porta. Harry l’ aprì con riluttanza.
“Ciao Harry” salutò Remus stancamente. “Pronti per partire?”
“Noi non ce ne andiamo” affermò risoluto Harry, “solo John”.
L’espressione di Remus si rattristò. “Non voglio costringervi, ma rimango sorpreso che non capiate la gravità della situazione. Comunque, faremo come volete. Dov’è John?”
“Di sopra, vado a chiamarlo” replicò Harry, e attraversò il salone e salì le scale, diretto alla camera dell’amico.
Quando entrò, notò che John stava già radunando le sue cose.
La camera dei gemelli era assai diversa da quella di Artemis e Janet, più scura e spoglia: questa era quadrata e spaziosa; due letti dominavano affiancati contro una parete, e sopra le rispettive posizioni vi erano due insegne con scritto “John” e “Richard”. Un comodino faceva da divisorio.
Agli estremi di questi vi erano due scrivanie; Harry intuì che quella sotto la finestra dovesse essere di John; quella accanto a lui, invece, era appartenuta a Richard.
Entrambe erano piene di boccette d’inchiostro, pergamene, libri di scuola e giornali sportivi di Quidditch. Sulla parete sopra la scrivania di Richard erano affisse foto della loro infanzia, dove genitori e nonni in bianco e nero sorridevano e salutavano allegramente; in alcune vi erano anche Harry, Louise, Frank, John e Richard che giocavano a Quidditch o ridevano felici. Harry avvertì una forte nostalgia, ma allo stesso tempo non ricordava nessuno di quegli episodi: probabilmente era stato lo shock della perdita.
“Che sei venuto a fare qui?” lo accolse bruscamente John, indaffarato mentre sfilava dall’armadio accanto a lui delle vesti e le riponeva in valigia.
“Remus è venuto a portarti via” riferì Harry asciutto, “ero venuto a dirtelo, ma a giudicare dalla fretta suppongo tu lo sappia già”.
“L’ho visto dalla finestra” tagliò corto John. “Hai altri motivi per rimanere qui?”
Harry tentennò, insicuro su cosa dire; aspettò che avesse chiuso la grande e pesante borsa e avesse indossato il grigio mantello da viaggio.
“Solo un attimo, John: c’è una cosa che devo chiederti”.
Il compagno lo guardò per la prima, vera volta con i suoi occhi scuri e profondi. Lo squadrò con riluttanza, come a soppesare la richiesta.
“Vuoi sapere di Richard, non è così?” intuì.
“Ho bisogno di sapere” lo persuase Harry, “ti prego, John. Ti prometto che, se adesso mi spiegherai qual è la mia parte in tutto questo, non tornerò mai più sull’argomento.
Ma devi dirmelo. Almeno prima di andartene”.
“Cosa vuoi che ti dica? È colpa tua se non c’è più, non devo mica spiegartelo io come ..”
“E’ proprio perché è colpa mia che voglio sapere i fatti. Louise non me ne vuole parlare, Frank sta male. So perché ci lasci: non reggi la tensione e hai paura che le persone attorno a te, tu compreso, possano…subire la stessa sorte di tuo fratello. Ma di una cosa sono sicuro: se mi raccontassi per filo e per segno come si è ammalato, sono sicuro che troverei una soluzione” incalzò Harry, con un tono fermo e maturo che non si aspettava.
“Non sono sicuro di volerne parlare” affermò Richard. “E’ difficile per me”.
“Ho intenzione di andarmene” svelò Harry all’improvviso, giocandosi quell’ultima possibilità. “non voglio più far soffrire nessuno. Porterò con me solo Neville, perché è il diretto interessato nella guerra contro Voldemort”.
Richard alzò gli occhi su di lui e lo fissò intensamente molto, molto a lungo.
“Va bene. Mettiti comodo: svelerò come hai distrutto mio fratello”.
Harry si mise seduto sul letto di Richard, proteso verso l’ascolto.
John invece si accomodò nervosamente sul suo, di fronte a lui.
“Come sai eravamo in Italia” cominciò John, “e andò tutto bene finché una notte Richard non si svegliò urlando che aveva avuto un sogno terribile; ovviamente tutti lo tranquillizzammo che non era accaduto nulla di grave”.
Harry ricordò che anche Frank gliel’aveva rivelato durante la fuga da Hogwarts.
“Se Richard ha avuto un incubo a Caselette, io non posso essere colpevole poiché non ero lì” si difese Harry a voce alta. John gli scoccò un’occhiataccia.
“Ad ogni modo, continua” lo incoraggiò Harry.
“Comunque, da quel momento in poi è diventato sempre più silenzioso” riprese John,
“subito dopo l’accaduto non abbiamo notato cambiamenti…è stato quando ci siamo riuniti con te che ha assunto questo atteggiamento, proprio perché aveva paura per te: era convinto fosse una specie di premonizione e ogni secondo sperava di sbagliarsi.
Si confidò solo con Luna e Louise; la ragione per cui vedeva i Thestral è quel sogno.
Quella notte che ti vidi parlare con Neville, mi aveva confessato di aver visto delle altre morti, ed era certo che si trattassero della tua vita precedente, ed è per questo che prese le distanze da te…No, non so nulla perché non me lo raccontò, faceva molta fatica. Sta di fatto che mi rivelò il sogno più importante: tu, nella Foresta Probita, davanti a Tu-Sai-Chi e ai Mangiamorte. Poi Tu-sai-chi ha alzato la bacchetta e ti ha ucciso”.
“E due giorni dopo cominciò a sputare sangue” concluse Harry, mentre il senso di colpa gli attanagliava lo stomaco.
“Ora che ci penso…anche tu tossisti sangue nero quando giungemmo alla Foresta di Dean. perché non ti sei ammalato?”
“A dire il vero, lo sono stato, ma poi sono guarito” ricordò l’altro. John fissò il pavimento con aria nervosa. “Non lo so. Forse per me è diverso”.
“E anche tu hai queste….premonizioni, no? Cominciano a farle tutti, a quanto pare. Cosa hai visto?” chiese Harry con tono frettoloso.
“ E’ vero, sta capitando anche a me” rispose John con calma, dopo una breve pausa, “ma io non ho sognato la morte di nessuno. E soprattutto, non mi era capitato fino a due giorni fa.
Lui invece è stato il primo…È per questo che…Io… Sarei dovuto morire io al posto suo”.
Poi si alzò e fece per lasciare la stanza.
“John, solo un’altra cosa” lo fermò di nuovo Harry. “A Godric’s Hollow io e Frank abbiamo avuto un’allucinazione….Sai se per caso è capitato anche a lui?”
John si morse le labbra, prese la borsa e si diresse verso la porta.
“Sì” furono le sue ultime parole prima di uscire.
Harry rimase seduto sul letto di Richard, metabolizzando le parole dell’amico. Ora sapeva il motivo di tanta freddezza, del distacco di Richard: voleva proteggerlo, salvarlo, ma non sapeva come. Sollevò distrattamente lo sguardo sul muro tappezzato di foto e notò che ne mancava una: John si era portato via quella raffigurante lui, Harry, Louise, Frank e Richard sorridenti davanti al campo da Quidditch.
Harry scese al piano inferiore, accorgendosi che la partenza di John aveva svegliato tutti; stavano salutando gli altri. Harry si fermò sulla soglia delle scale a osservarli.
Mentre abbracciava Hermione, John si accorse di Harry. I due rimasero a fissarsi per quella che sembrò un’eternità, e infine il primo li abbandonò, fra la tristezza generale dei rimasti.
Pochi minuti dopo Harry si pentì amaramente di non aver salutato né John e Remus, quindi corse fuori dalla porta di casa, ma non riuscì a scorgere né l’uno né l’altro; quindi, senza pensare al gelo attorno a lui, si diresse dietro casa udendo delle voci.
Venivano dalla tomba di Richard. Harry non ebbe il coraggio di mostrarsi proprio in quel momento, anche perché sentiva singhiozzi e pianti.
Si nascose dietro il muro e scorse John chinato sulla tomba del fratello in lacrime come i due giorni precedenti e Remus solidale gli posò una mano sulla spalla.
“V-Volevo d-dirgli a-a-addio…un’ultima volta” parlò a stento John. “Fra-Fratellino…G-grazie di esserci sempre stato…N-non riesco ad immaginare u-una vita senza di te. A-abbiamo fatto così tante cose insieme. Spero che tu sia in un posto migliore, adesso, magari con la Cooman, proprio…proprio come dice Luna! Ti voglio bene, fratellino mio. Sarò forte anche per te” concluse John, e detto questo si alzarono e, fatto qualche passo, Harry li vide sparire con un pop.
Rientrò dentro casa, con il rimorso di non essere riuscito nel suo intento, e mentre si avvicinava ai suoi amici attorno al fuoco, notò una specie di bussola sul tavolo.
“Ce l’ha data Remus. Non so esattamente di che incantesimo si tratti, ma a quanto pare è una specie di Spioscopio: s’illumina e avverte l’Ordine della nostra postazione quando siamo in pericolo” spiegò Ron annoiato e con espressione ingrugnata, rivolto alla fiamme. Si voltò distrattamente come per controllare che Harry fosse ancora lì, poi si girò di nuovo verso il camino.
“ Sai, pensavamo non tornassi. Anzi, a dir la verità lo speravamo”.
“Adesso che ti succede?” reagì Harry contrariato. “Su, spara”.
“Non prendermi per pazzo. Tanto lo pensano tutti qui sai, ma solo io ho il coraggio di dirlo.
Non che la situazione mi faccia schifo; non fraintendermi, mi è piaciuto giocare al campeggio per un po’, con un malato che sputava sangue, affamati e con il sedere gelato tutte le notti. Ma dopo tutto questo girovagare credevo che avessi trovato una soluzione agli horcrux e al resto, invece di rimanere appesi così, con un morto dietro casa”.
“Beh, se questo luogo non ti è di conforto potevi andartene con John”.
Ginny, Neville e Frank gli lanciarono sguardi supplichevoli; si preparavano ad un altro scontro simile a quello avvenuto la sera prima.
“ Non è questo il punto” rispose irato Ron.
“Beh allora dimmelo tu qual è” replicò Harry.
“Il punto è che quello che ha detto ieri John ha ragione: come pensi di uscirne da tutta questa storia? Noi ci siamo affidati a te ma il risultato è che abbiamo un morto a carico!”
“E’ stato un incidente” sentenziò Harry, che si stava arrabbiando.
“Un incidente? Gli è letteralmente esploso il cervello! Il tempo di trovare la spada di Grifondoro e i nostri genitori verranno a metterci i fiori sulla tomba, sempre che resistano almeno…”
“Dobbiamo tentare!” ribatté Harry.
“Già, e come? Andando a setacciare tutti i luoghi dove nella tua vita precedente erano nascosti gli horcrux? Chi ci da la certezza che tu ricorda perfettamente o che siano ancora lì?”
“Allora vattene! Useremo questa bussola per chiamare Remus e gli diremo che non vuoi rimanere un minuto di più perché questo posto sembra un cimitero…”
“Il punto è che pensavamo tu avessi un piano! Invece stai deludendo le aspettative di tutti!”
“Chiudi quella fogna, Ron” intimò Ginny.
“Non osare fiatare, tu!” la aggredì Ron, “Anche tu hai detto che non eri soddisfatta e che non sapevi cosa fare, lo so ti ho sentito!”
Ginny guardò Ron spiazzata, e Harry si sentì molto arrabbiato anche con lei.
“Voi potevate restare con la signora Weasley o con Aberforth! Non ho chiesto a nessuno di seguirmi, solo Neville!” spiegò lui. “Possibile che non sapevate i rischi contro cui andavate? Cosa ti pensavi, che saremmo andati in un hotel a cinque stelle e che saremmo tornati tutti in famiglia per Natale? Voldemort ci sta distruggendo! E a quanto pare siamo gli unici a poter fare qualcosa!”
Al nome di Voldemort Ron impallidì.
“Non dire quel nome!” sbraitò. “E mi pare che la parte più importante in questa storia ce l’abbia Neville! Perché nessuno gli ha mai chiesto cosa fare? Ah, già perché sei Harry Ho-visto-di-peggio Potter, non è così?”
“Beh, e quindi che vuoi fare?”
“Prendo Ginny e me ne vado. Non voglio che un membro della mia famiglia muoia sotto i miei occhi come è successo con John e Richard”.
“Ehi!” si ribellò Ginny. “Non hai alcun diritto…”
“Invece ce l’ho, sono tuo fratello maggiore e tu stai zitta” l’ammonì Ron.
Ginny stava per rispondere a tono ma a intervenire fu Hermione, frapponendosi fra i due.
“Vi prego ragazzi basta! La situazione è già critica così, non c’è alcun bisogno di mettersi ancora a litigare! Troveremo…troveremo una soluzione…”
Ma Harry ne aveva abbastanza delle discussioni, e andò a rifugiarsi in camera sua.
La rabbia gli ribolliva sempre più e quella scena gli ricordava terribilmente quello che era successo nella tenda fra lui e Ron nella vita precedente; entrambe le volte Harry non aveva proprio un piano, anche se stavolta aveva sicuramente più informazioni.
Qualcuno bussò alla porta e s’affacciò Neville.
“Harry, devo dirti una cosa. Credo…di essere pronto ad andarmene, adesso. Ron ha ragione; lasciamoli in pace”.
Quella sera si mossero; Frank dormiva, ogni tanto tossiva, ma non s’accorse di nulla.
Harry avrebbe voluto tanto salutarlo, ma di certo non poteva.
Di una cosa era sicuro: non appena se ne fosse andato, sarebbe guarito e gli bastava.
Prese le sue cose e uscì dalla sua stanza, poi bussò alla porta a fianco due volte; Ron russava, ciò voleva dire che era completamente addormentato e non avrebbe sentito niente.
Quello era invece il segnale per Neville di radunare le sue cose e andarsene.
Fece per scendere le scale, quando vide affacciarsi dalla sua stanza il volto bianco e mezzo addormentato di Louise.
“Harry? Cos’è questo fracasso?”
Harry si bloccò. “Torna a dormire Louise! Non sono affari che ti riguardano!”
“Non mi riguardano? Eccome se lo sono! Ve ne state andando, non è così?” indovinò Louise, uscendo completamente dalla stanza con un bisbiglio irritato perfettamente udibile.
“Non brontolare” ordinò Harry. “Sì, me ne vado e con me viene Neville. Causiamo troppi problemi qui da voi. Non lascerò che nessun altro muoia per causa mia”.
“ Ma noi come facciamo?” chiese Louise. “Ci lasciate così, da soli?”
“Dobbiamo” rispose rassegnato Harry. “Non hai sentito quello che ha detto Ron? Ha ragione! Moriranno tutti, prima o poi! Anche Frank si sta sentendo male, ce ne andremo prima che possa peggiorare”.
Louise fissò il pavimento. “Credi davvero che migliorerà se te ne andrai? Molto bene. Ma prima di farlo, scendiamo in salone, devo riferirti una cosa”.
Harry si voltò indietro verso la camera di Neville, la cui porta era ancora chiusa; credendolo ancora addormentato, seguì tremante l’amica in salotto e si accomodò sul divano accanto a lei.
Era spaventosamente buio: solo la luce della luna che filtrava dalle tende dava una minima forma ai divani, al tavolo e al cucinotto, una volta che ci si era abituati un po’.
Louise agitò la bacchetta che aveva in tasca e accese i ciocchi nel caminetto.
Harry era pronto a sentire un’altra delle confessioni dei suoi amici. Gli parve alquanto bizzarro che avvenissero quasi tutte di notte.
“Allora Harry, non ci girerò molto intorno” esordì lei, guardandolo fisso negli occhi. “E sappi che ho tentennato a lungo prima di dirtelo, ma Frank mi ha svelato cosa ha sognato e so che l’ha fatto anche con te, John ti ha letteralmente sbattuto in faccia cosa ha visto Richard e…e beh, non so cosa ti abbia raccontato lui, ma so per certo che non è nulla di terribile. Ora è il mio turno”.
Spaziò lo sguardo da un angolo all’altro della stanza, insicura, poi mormorò:
“Ti ho visto nell’aldilà”.
Fu come un fulmine a ciel sereno: se era rimasto sorpreso dalle rivelazioni di Frank, Richard e John, lo era ancora di più da quella di Louise.
“Come è accaduto?”
“Abbassa la voce!” avvertì lei. “Era una specie di visione; eri sdraiato…in un posto bianco. Sembrava King’s Cross con un bel po’ di nebbia…poi qualcuno si è avvicinato e mi sono svegliata. Ho sempre creduto che fosse un sogno, ma poi Frank mi ha confidato la sua parte e ho cominciato a sospettare che ci fosse qualcosa di strano”.
Harry si accigliò sempre più. “È del tutto assurdo…come puoi avermi sognato nel paradiso?”
“Non eri nel paradiso” precisò Louise, “eri più in una specie di…limbo, ecco”
Era così strano! Nessuno l’aveva visto nel limbo; non ricordava neanche di esserci stato, come poteva averlo fatto lei?
“ E quando l’avresti sognato?”
“ Quando ero in Russia” rispose Louise.
“E hai avuto altri sogni con me come protagonista? Oltre a questo, intendo”
“Solo un paio di volte: una con un elfo domestico che ti balzava sul letto di una casa che non conosco…e l’altra…eri dentro a una sala piena di sfere. Eri con altre persone, non me le ricordo tutte, però so che c’era Luna”.
Aveva sognato sia Dobby che la sala delle profezie nel reparto misteri del Ministero della Magia.
“E basta?” domandò ancora Harry, spiazzato da tutte quelle informazioni.
“Sì” rispose Louise.
“E…E non hai cominciato a sputare sangue? Non ti sei sentita male?” chiese ancora Harry.
“No” affermò Louise scuotendo la testa, “credo che il caso di Richard sia stato estremo”.
“Frank finirà allo stesso modo! Non so se tu l’hai visto, ma è pallido come un cencio e stamattina ho visto delle macchie scure sul cuscino e sull’asciugamano”.
“E’ proprio per questo che devi rimanere!” lo afferrò Louise per un braccio. “Dove credi di andare? Abbiamo bisogno di te! Cosa faremo noi, senza di te? Tu sai tutto, dobbiamo trovare una soluzione insieme!”
“Non lascerò che Ron e Ginny abbandonino il resto del gruppo perché rischiano di morire, e non voglio che Frank finisca come Richard!”
“Harry, devi ascoltarmi; forse è vero, il motivo per cui io e Richard vediamo i Thestral è perché siamo stati a contatto con te, anche se non so come sia possibile… e…e beh, abbiamo sognato cose che ti riguardano, ma non caricarti di colpe che non sono tue; ti abbiamo visto morto quando eravamo distanti da te, non il contrario”.
Harry ghignò. “Hai origliato la conversazione fra me e John, non è vero?”
“La stessa cosa è successa a me. Quindi ho pensato…che in realtà non c’entri tu direttamente, è dovuto al fatto che ti conosciamo che crea un collegamento con te. Per smettere di ammalarsi o di avere…visioni, dovremmo smettere di conoscerti”.
“Ma come te lo spieghi il fatto del sangue? Sarà anche vero quello che dici, ma solo di recente Richard si è ammalato, e anche Frank sta peggiorando…”
“Ritengo dipenda dalla resistenza fisica della persona. Anche John ha sputato sangue ma è sopravvissuto…”
“Louise, John e Richard sono gemelli, hanno lo stesso sangue! Sarebbero dovuti morire entrambi se avessi ragione tu!”
“Ma non è successo! Ci dev’essere una piccola differenza fra di loro, per forza! E comunque, io sono ancora viva e vegeta”.
“Ho il forte sospetto che il fatto che tu non ti sia ammalata perché mi hai visto nel…limbo, come lo chiami tu” confessò Harry poco convinto.
Louise scrollò le spalle. “Vedere la tua anima è un modo come un altro di vederti morto, Harry”.
Harry alzò lo sguardo e scorse lo sguardo oltre le finestre; ormai era quasi mattina.
“Domani. Ce ne andiamo domani”.*
Ancora nessuna risposta. Inizi tu?
Log in to reply.