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L’Erede (2a storia della saga Cicatrice)- parte 3
Capitolo 5
SCRITTE SUI MURI
Harry fu piuttosto impegnato nelle settimane seguenti; avrebbe voluto, con tutto se stesso, parlare con Neville, tanto che cercava di liquidare il più possibile Frank o gli altri quando lo vedeva, ma tutte le volte che ci provava si creava qualche contrattempo.
Si rese conto che parlargli era un'impresa davvero ardua.
La notizia di Neville e Ron con la loro macchina volante fece il giro della scuola, portata avanti, ovviamente, da Malfoy.
Tutte le volte che incrociava Neville o Ron per i corridoi non perdeva occasione di prenderli in giro, sottolineando il fatto ancora più grave di essere stati quasi scoperti dalla comunità non magica, riportato dettagliatamente dalla Gazzetta del Profeta.
Fu per alleanza di casata che tutti i Grifondoro nei paraggi, anche i più grandi, si schierarono contro Malfoy per difendere i compagni dagli insulti, arrivando anche a minacciare i Serpeverde di portarli dal preside.
Questo però non aveva fermato Malfoy e i suoi amici, anche se con il passare del tempo non fecero ridere più nessuno.
Tuttavia Harry scoprì che c'era una persona ancora peggio di Malfoy, e quello era Gilderoy Allock.
Frank e Harry si avviarono piuttosto di malumore quel giovedì mattina a Difesa contro le Arti Oscure, dopo che Louise aveva assicurato loro che le lezioni di Allock erano assolutamente insignificanti; aveva anche aggiunto che non sarebbe tornata a Hogwarts se il professore fosse rimasto l'anno successivo.
“Secondo te ha ragione?” chiese Frank a Harry, quando ebbero raggiunto l'aula.
“Non lo…” cominciò a rispondere lui, ma non terminò la frase perché sentì di nuovo quella voce:
“Uccidere…è tempo di uccidere….”
Il sangue gli si gelò nelle ossa, e si guardò intorno; fu sollevato che non ci fosse nessuna presenza inquietante attorno a loro, anche se non poteva evitare di essere spaventatissimo.
“Harry” fece Frank, guardandolo preoccupato, “tutto bene?”
Il ragazzo si riscosse. “Sì. Benissimo. Entriamo?” disse con una certa fretta, spingendo Frank nella nuova classe di Difesa contro le Arti Oscure.
La lezione non si teneva più in quella stanza buia nei sotterranei di Raptor, ma era piena di luce e abbastanza ampia. Harry constatò che forse Allock non era il massimo, ma almeno aveva scelto un'aula decente.
“Ti rifarò di nuovo la domanda” disse Frank, che guardava Harry ancora con occhio sospettoso, “come pensi che si comporterà Allock?”
“Secondo me? In realtà , non saprei….Louise esagera sempre quando deve raccontare qualcosa…ma non dimentichiamoci che è un cialtrone!” rispose Harry, distraendosi dai brividi che aveva appena provato.
“Cialtrone è, cialtrone rimane!” annuì Frank, e si scelsero un banco infondo all'aula.
Poco dopo furono raggiunti da altri studenti; Harry vide Neville sedersi al banco accanto al loro con Dean Thomas, seguiti anche dai Tassorosso.
Harry notò che a essere eccitata era soprattutto la parte femminile, mentre quella maschile sembrava piuttosto seria, esattamente come lui, Frank e Neville.
Mentre Frank si girava dall'altra parte per parlare con John e Richard, seduti in due banchi vicini, Harry ne approfittò per strappare un pezzo di pergamena e scrivere sopra: ci vediamo alla ricreazione, aspettami nel corridoio del secondo piano e lo fece volare sul tavolo di Neville, che riconobbe la sua scrittura e annuì.
Frank si rivolse a Harry per dirgli una cosa, ma prima che potesse farlo, qualcuno si affacciò dalla porta ed entrò con fare regale.
Era, ovviamente, Gilderoy Allock che, posata la massa di libri sulla sua scrivania ( Harry era certo che si trattasse della serie completa delle sue autobiografie), ne prese uno dalla pila e cominciò a camminare per i banchi.
Harry vide confermate i suoi dubbi: il libro che stava tenendo in mano era Trekking con i troll.
“Io” fece Allock, indicando se stesso con modi pavoneggianti, “sono Gilderoy Allock, Ordine di Merlino, Terza Classe, Membro Onorario della Lega per la Difesa contro le Arti Oscure e cinque volte vincitore del premio per il Sorriso più Seducente promosso dal Settimanale delle Streghe….”
Un mucchio di roba inutile, pensava Harry all'inizio. Finché quelle frasi non gli tornarono chiare nella mente….perché aveva già sentito quelle parole?
“Bene” disse Allock, con fare teatrale, e Harry tornò alla realtà prima che qualcuno accanto a lui potesse notare la sua ennesima assenza. “Vedo che tutti avete la serie completa dei miei libri…quindi faremo un piccolo quiz prima di iniziare la lezione…”
Tutti si guardarono sbalorditi; un piccolo quiz? Era vero, avevano comprato i suoi libri perché erano segnati sulla lista scolastica, ma questo non stava a significare che li avessero letti.
Allock prese a distribuire i testi di prova, e quando i fogli si posarono sul tavolo di Harry e Frank, i due presero a leggere le domande, rimanendo scioccati: erano tutte riguardanti Gilderoy Allock.
“Harry” bisbigliò Frank all'amico, “tu sai qual è il regalo ideale di Gilderoy Allock, vero?”
Harry strinse le spalle, e l'altro aggrottò la fronte, scoraggiato.
“Oh beh, non importa…tanto non ci metterà i voti su questa roba, vero?” sospirò, anche se non suonava convinto neanche lui.
“Avete trenta minuti…e…via!” annunciò Allock, girando la clessidra.
Harry studiò con attenzione la prima domanda: Qual è il colore preferito di Gilderoy Allock?
Risponderò a caso, si disse, tanto ci sono poche probabilità di fare questo compito decentemente…Mezz'ora dopo, Allock raccolse i fogli e si mise a esaminarli davanti alla classe.
Quasi nessuno aveva indovinato le risposte corrette.
Gli errori più comuni riguardavano il colore preferito e il regalo ideale, e Harry si stupì quando il professore chiamò il suo nome con fare adulante.
“Harry Potter! Ottimo lavoro ragazzo! Hai azzeccato tutte le risposte! Dieci punti a Grifondoro!”
Tutta la classe si girò verso di lui, compreso Frank, che era il più sbalordito di tutti.
“Pensavo odiassi Allock” gli sussurrò, incapace di realizzare come fosse successo.
“Ma io non ho mai letto una riga dei suoi libri!” protestò Harry, quasi offeso, ed era la verità .
Incrociò gli sguardi della classe intera, senza riuscire a capire come avesse fatto.“Mai più! Quel professore è un vero idiota!” esclamò Frank a Harry, John e Richard; i loro vestiti e cappelli erano stati stropicciati e spiegazzati per via della lezione.
Harry non poteva che essere più d'accordo con lui: Allock si era decisamente superato nella sua incapacità . Aveva catturato dei Folletti della Cornovaglia e li aveva rinchiusi nella gabbia, per poi liberarli in classe per 'testare il coraggio degli studenti '.
Inutile dire che poi se l'era data a gambe ed erano rimasti solo lui, Harry, Frank, John, Richard e Neville.
Dopo la lezione di Storia della Magia, insegnata dal professor Ruf, che era un fantasma che non si era accorto di essere morto, Harry avrebbe incontrato Neville per la ricreazione.
Per tutto il tempo, infatti, Harry non pensò ad altro che alle parole di Hermione, chiedendosi proprio che cosa Neville bramasse tanto di dirgli.
“Ci vediamo dopo” liquidò in fretta Frank e gli altri quando suonò la campana dell'intervallo,”e dite a Louise che ci vediamo dopo a Incantesimi”.
I tre amici assentirono e Harry raggiunse Neville, che lo aspettava a metà del corridoio.
“Ciao Neville” lo salutò.
“Ciao Harry” rispose al saluto l'altro distrattamente.
“Ehi, tutto bene?” chiese Harry, mentre dentro di si sé si sentiva ribollire di curiosità .
“No, io… sì!” sussultò l'altro, risvegliandosi dai suoi pensieri.
“Senti, ho poco tempo, perciò arriverò subito al punto” disse Harry, sbrigativo “Hermione mi ha detto che dovevi dirmi una cosa…”
Ma Neville non sembrava ascoltarlo; era tutto, tranne che presente.
Si guardava intorno, come se si aspettasse che da un momento all'altro esplodesse un'aula.
“Oh, beh, in realtà sì!” esclamò poi, di nuovo riportato alla realtà , “Ecco, vedi….”
“….Sangue….sento odore di sangue….SENTO ODORE DI SANGUE…”
Harry sentì di nuovo quella voce nella propria testa, piuttosto debole, adesso. Probabilmente veniva dal piano di sotto. Il sangue gli si gelò nuovamente ed ebbe come un brivido, mentre il cuore prese pulsare velocemente.
Guardò Neville, e si accorse che era sbiancato immediatamente, come se le sue peggiori paure avessero trovato conferma.
“La senti anche tu?” domandò a Harry, che annuì.
“….Uccidere….è tempo di uccidere….”
Continuò a dire la voce, sempre più lontana.
“Ma che cos'è?” chiese Harry a Neville, altrettanto spaventato.
“Non è la prima volta che la senti, vero?” aggiunse, perché aveva letto dalla sua espressione che conosceva già la minaccia.
“Tutte le notti” rispose debolmente Neville. “E' la prima volta, che…”
“E' giunto il momento di uccidere….”
Come in trance, Harry afferrò il braccio di Neville e insieme scesero di corsa la scalinata di marmo, fino a raggiungere il piano inferiore. Qualcosa aveva attratto Harry al piano di sotto, solo che non riusciva a capire cosa potesse essere.
“…Dovete morire tutti….uno ad uno….” Minacciò la voce, che si faceva sempre più vicina.
Harry sentiva l'adrenalina scorrere in tutto il corpo, il sudore scorreva sotto la veste nera della scuola. Scansati molti studenti, riuscirono a correre liberamente per il corridoio.
“Pensi che ucciderà ?” chiese Neville a Harry, senza fiato.
“Non lo so” rispose lui, preoccupato.”Spero di no…ma è meglio andare a controllare..”
Finirono in un corridoio più ampio, completamente deserto e allagato.
“La voce è sparita” disse Harry all'amico, “sarà meglio tornare indietro…”
“No, guarda!” gridò l'altro, che puntava il dito su una pozza d'acqua con fare preoccupato.
Harry seguì il suo sguardo: quella in cui guardava era sì, una pozzanghera, ma ciò che rifletteva era una scritta sul muro, piuttosto inquietante:LA CAMERA DEI SEGRETI E' STATA APERTA
TEMETE, NEMICI DELL'EREDEEra stata fatta col sangue. La sola vista gli metteva i brividi.
Harry vide qualcosa zampillare nell'acqua…erano dei piccoli insetti, che fuggivano velocemente.
“Ragni?” chiese Neville. “Perché i ragni fuggono?”
“Non lo so” disse Harry, attirato da qualcos'altro. E di nuovo il cuore fece un balzo; poco distante dall'inquietante scritta sul muro vi era, appesa al braccio della torcia, la gatta di Gazza, Mr. Purr, rigida come uno stoccafisso e gli occhi spalancati, fissati nel vuoto.
Harry s'avvicinò lentamente per esaminarla bene.
“Cosa le è successo?” chiese Neville, raggiungendolo, mentre un mare di dubbi prendeva forma nella testa di Harry; che la scritta sul muro fosse stata fatta col suo sangue…?
“Dobbiamo avvertire la scuola” disse poi al compagno, tentando di mantenere la calma. “Devono sapere quello che è successo”.
Neville annuì, ma prima che potessero tornare indietro, Harry scorse una figura che correva davanti a loro. Che fosse il colpevole di tutto questo?
“C'è qualcuno laggiù?” urlò per il corridoio, ma nessuno rispose.
Così prese a inseguire la figura e, girato a destra, proprio all'inizio di un altro corridoio, c'era la persona che meno avrebbe voluto avesse a che fare con quella storia: Ginny Weasley, svenuta sul pavimento bagnato.
I due, dopo essersi scambiati un'occhiata preoccupata, corsero verso di lei.
“Ginny!” la chiamò Harry, chinandosi su di lei e scuotendola. “Ginny, ci sei?”
I due amici attesero qualche attimo, il cuore di Harry nel pallone, mentre vedeva i suoi morbidi capelli rossi leggermente più scuri e umidi perché bagnati dall'acqua, le lentiggini che le donavano su un volto più bianco del latte, le labbra morbide e…Harry si riscosse: non sapeva perché pensava a certe cose, ma doveva finirla.
Ginny si riprese lentamente, aprendo prima un occhio e poi l'altro, a fatica.
“Po…Potter….” Disse, cercando di sedersi e finendo per poggiare la testa sul petto di Harry.
“E' tutto a posto, Ginny” disse Harry, con un tono carezzevole che non gli apparteneva, e si sentì quasi a disagio accorgendosi di averlo usato. “Che cosa è successo? Sapresti dircelo?”
Ginny incrociò i suoi occhioni scuri con quelli di Harry.
“No io…non lo so ecco…penso di non ricordare nulla….” mormorò quasi.
“Abbiamo visto Mr.Purr appesa a un muro e una scritta inquetante scritta col sangue e poi tu, svenuta per il corridoio. Hai visto qualcosa, Ginny? Sai chi ha fatto tutto questo?”
Ma la ragazzina si limitò a scuotere il capo; poi s'alzò velocemente, staccandosi dal corpo di Harry con furia.
“No, mi dispiace, io…sono solo svenuta sul pavimento… quando sono arrivata…devo andare, farò tardi per la lezione, scusate!” e corse via, lasciando Harry e Neville a guardarsi di stucco, prima di abbandonare anche loro il corridoio e tornare a lezione.
Quel pomeriggio, qualche professore s'imbatté nel corridoio e il fatto fu inevitabilmente scoperto: venne fuori che la gatta non era stata uccisa, ma semplicemente pietrificata, e che le piante di Mandragora della professoressa Sprite l'avrebbero curata.
Harry tornò in sala comune, deciso a non raccontare a nessuno delle strane voci e dell'esperienza avuta con Neville; neanche questo disse nulla a nessuno, a parte Hermione, ovviamente.
“L'ho detto solo a lei” gli bisbigliò quella sera Neville, seduti al tavolo accanto alla finestra.
“E mi ha detto di tenere gli occhi aperti. Sempre. Potrebbero attaccare me, te, tutti, insomma.”
Stava per aggiungere qualcos'altro, quando Frank invitò Harry a unirsi a lui e al gruppo dei loro amici davanti al camino, e Harry quindi salutò Neville e li raggiunse.
Immaginava che Frank volesse scambiare le sue congetture sull'avvenimento di quella giornata come tutti gli altri – il solo ricordo di quella scritta gli dava i brividi- e invece si trovò davanti Oliver Baston, il capitano della squadra di Grifondoro.
“Salve Harry Potter” si presentò questi, tendendogli la mano, “Black mi ha detto che hai ereditato il talento da Cercatore di tuo padre. Ti piacerebbe fare una piccola prova con me sabato mattina per testare le tue capacità prima di entrare in squadra?”.
Post Unito in automatico!
Capitolo 6
LA LEGGENDA DELL'EREDE
Da quel giorno in poi, tutta la scuola fu in allerta.
Gazza, per giunta, da quando la sua gatta era stata pietrificata, aveva raddoppiato i pattugliamenti per i corridoi, come se sperasse di incontrare il colpevole.
Erano tutti molto scossi dagli eventi, soprattutto Ginny Weasley, che tutte le volte che sentiva parlare del misfatto impallidiva e, come Harry la notava, evitava il suo sguardo.
I sospetti di Neville aumentavano riguardo lei, ma Harry non si sentiva di incolparla: probabilmente era la ragazza trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato.
L'avvenimento aveva avuto ripercussioni anche su Hermione che, se aveva sempre letto molti libri, ora non riusciva a fare nient'altro. Oltretutto, Harry e Neville erano stati costretti a concordare diversi incontri in biblioteca per parlarle, ma non erano riusciti a cavarne un ragno dal buco.
Questo fino al mercoledì successivo, quando lo scoprirono.
“Si può sapere che ha in mente?” chiese Harry con un bisbiglio a Neville, che cercava con lo sguardo Hermione, persa fra gli scaffali.
“Non ne ho idea” disse Neville, “eccola che arriva!”
Era proprio lei: l'aria stressata e la montagna di libri fra le braccia. Sembrava però più irritata del solito.
“Nulla! Nulla! Non riesco a trovare Storia di Hogwarts da nessuna parte! Eppure c'è una lista d'attesa di due settimane!” si lagnò, sedendosi accanto a loro con veemenza e mettendosi le mani fra i capelli.
“Perché ti interessa tanto?” chiese subito Harry.
L'amica lo fulminò con lo sguardo. “Perché? Perché? Harry, per leggere la storia della Camera dei Segreti, no?”
“E sarebbe?” chiese Harry, che non aveva mai sentito parlare di questa storia.
“Non lo so” disse Hermione sconsolata, “non mi ricordo”.
La campanella suonò e Harry, Neville e Hermione si diressero a Storia della Magia, che si teneva con i Corvonero.
Il professor Ruf teneva delle lezioni piuttosto noiose, e di consueto capitava che Harry, così come Louise e tutti gli altri studenti del corso, cadessero in una sorta di trance dopo i primi cinque minuti.
Spesso Frank e Harry si intrattenevano a giocare a tris su una pergamena dei due; ma ci pensò Hermione, quel giorno, ad attirare l'attenzione di tutti alzando la mano.
Persino il professore la guardò, stupito.
“Sì?” fece Ruf.
“Professore, mi chiedevo se poteva raccontarci la storia della Camera dei Segreti” chiese lei timidamente.
Tutti guardarono Ruf in silenzio, cosa strana durante Storia della Magia.
“Io mi occupo di fatti, signorina Grant, non di miti e leggende!” ribatté il professore, riprendendo con la spiegazione sulla Conferenza Internazionale dei Maghi del 1289.
Hermione lo interruppe di nuovo.
“Signorina?”
“Professore, ma i miti non si basano sempre su un fatto reale?” insisté lei.
Persino Louise, che odiava Hermione, sembrava curiosa di conoscere la storia.
Il professore, una volta accortosi che l'intera classe gli riservava un'insolita attenzione, sembrò convincersi.
“Molto bene” concesse, stizzito, “vediamo un po'… la Camera dei Segreti….
Dunque, tutti voi sapete che i fondatori sono Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde,
che costruirono questo castello lontano dagli occhi dei babbani poiché questi temevano la magia e ci perseguitavano.
I quattro fondatori andarono alla ricerca di allievi per trasmettere loro il sapere magico, tuttavia col tempo si creò fra loro una spaccatura: infatti Salazar Serpeverde voleva essere più severo riguardante la selezione degli allievi, perché riteneva che tutte le nostre conoscenze dovessero appartenere ai soli maghi di sangue puro.
“Dopo qualche tempo, tra Grifondoro e Serpeverde venne fuori una gravissima lite e Serpeverde lasciò la scuola.
“Queste solo le fonti sicure. Ma tutta la storia è stata offuscata dal mito da due soldi della Camera dei Segreti. Stando alla leggenda, Serpeverde avrebbe costruito una stanza segreta all'oscuro degli altri fondatori.
Serpeverde sigillò la camera affinché solo il suo vero erede potesse aprirla e sprigionare gli orrori che vi erano racchiusi. Ma è pura fantasia. I professori hanno cercato questa stanza, e nessuno l'ha mai trovata.”
“E cosa c'era lì dentro, professore?” chiese Seamus Finnigan, nel silenzio assoluto.
“Un mostro” rispose Ruf. “Ma, ripeto, è solo una leggenda!”
“Ma professore” disse Hermione, “in biblioteca mi sono imbattuta in un articolo su Hogwarts, dove dicevano che una ragazza era morta per ragioni misteriose all'incirca cinquant'anni fa, proprio quando stavano accadendo fatti simili a questo nella scuola!”
“Frottole” ribatté il professore, convinto. “La Camera…”
“Ma se solo l'erede di serpeverde può aprirla è normale che non possa trovarla nessun altro, no?” disse Ron, risvegliando l'attenzione di Harry.
“Statemi bene a sentire, questa cosa non esiste” insisté Ruf “non c'è nessuna Camera dei Segreti, e nessun mostro.”“Allora, chi credete che sia l'erede di serpeverde?” fece Frank, in modo canzonatorio, rivolto agli amici.
“Tu non ci credi?” chiese Harry, un po' deluso dal tono di Frank.
L'amico fece spallucce. “Non lo so. È strano. Ma se non è stato l'erede di serpeverde ad aprire la camera, probabilmente si è trattato solo di un pazzo”.
“Harry!” lo chiamò Neville alle sue spalle, “Harry, vieni, ti dobbiamo parlare!”
Harry si voltò, e vide Neville e Hermione che lo aspettavano a metà del corridoio.
“Dove vai?” disse Frank, seguendo il suo sguardo.
“Da Neville” rispose in fretta l'altro, “tu vai avanti. Ti raggiungo subito” e corse dai due amici, che avevano l'aria grave.
“Secondo voi chi è l'erede di Serpeverde?” domandò loro, perché sapeva che era di questo che volevano parlare.
“Non ne sono sicura” disse Hermione, stringendo le labbra, “ma potrebbe essere Ginny Weasley.”
Il sangue di Harry si gelò. Prima ci si era messo Neville, ora anche Hermione! Perché proprio lei? Era così piccola, e innocente….
“Beh, allora perché non Malfoy? Insomma, guarda la sua famiglia, disprezza i Mezzosangue….”
Attaccò subito, infastidito.
Neville guardò da lui a Hermione, convinto, mentre la loro amica arrossiva.
“In fondo non ha tutti i torti…inoltre, sono tutti serpeverde!” convenne questo.
Hermione scosse la testa, come per levare il rossore che sembrava esserglisi incollato alle guance. “Non credo sia lui” disse, e incrociando lo sguardo tra lo scettico e il divertito degli amici roteò gli occhi. “E non lo dico perquello” aggiunse, “ma perché è troppo stupido per fare una cosa del genere.”
Harry ci rifletté un attimo: ce l'aveva a morte con Malfoy, ma sentiva che accusarlo era un errore, come se ne avesse avuto esperienza e avesse fallito miseramente.
Non poteva correre dei rischi.
“Allora perché accusare Ginny?” chiese, debolmente.
“Perché,” fece Neville gravemente, “ha avuto dei comportamenti strani quando siamo venuti nel corridoio, quella mattina. Ed era l'unica persona che abbiamo trovato, e nel momento in cui abbiamo cominciato a farle delle domande, è scappata. E poi fa sempre facce strane quando sente parlare dell'incidente, e se la becchiamo, evita di guardarci…”
“Magari pensa che siamo noi i colpevoli!” ribattè Harry, che in qualche modo tentava di difenderla, anche se tutte le prove, si rese conto in quell'attimo, andavano proprio contro di lei. “Ed è fuggita perché era spaventata…”
Si beccò un'occhiataccia da parte di Neville e Hermione.
“Va bene, ammettiamo che è lei, per quanto si assurda questa ipotesi” si arrese, “che facciamo?”
“La teniamo d'occhio, ovvio” disse Hermione. “Cercate di starle il più vicino possibile, soprattutto alla sua famiglia. Vedete quello che c'è di strano, d'accordo?”
“E i ragni che fuggono spaventati? Non penso che Ginny spaventi i ragni…” disse Harry, dubbioso.
“Ruf ha detto che nella Camera si nasconde un mostro” ricordò loro Hermione, “magari lei lo controlla. Ci penserò io a fare una ricerca….”
“In biblioteca” fecero in coro Harry e Neville.
“Beh, sì!” disse lei, con un sorriso.Harry era molto emozionato quel sabato mattina. Finalmente avrebbe reso fiero suo padre, e se stesso. Non poteva negare di sentire un fremito fra le gambe come si avvicinava al campo di Quidditch. Avrebbe scritto a suo padre. L'avrebbe reso orgoglioso di lui!
“Immagino che non ci sia bisogno di spiegarti le regole del gioco, Potter” disse Baston, mentre entravano negli spogliatoi. “Tu padre ti avrà insegnato tutto al riguardo”.
Harry non lo guardò mentre s'infilava la maglia della squadra, una di quelle che Baston gli aveva dato e che appartenevano al Cercatore precedente, un certo Plubers, che portava il numero sei sulla schiena.
“Sì” rispose, mentre impugnava la scopa. Non poteva di certo negare di sentirsi fiero e potente con quella in mano, mentre Baston lo guardava orgoglioso.
“Mio padre voleva che giocassi in squadra, in realtà . Me l'ha sempre detto”.
Baston allargò il suo sorriso. “Tuo padre dev'essere un uomo davvero intelligente, allora!”
Harry non replicò; era chiaro che per il capitano della squadra uno sport come il Quidditch era una priorità , ma il ragazzo si chiese se rientrava anche nelle sue.
Quando Baston si preparò e lo condusse fuori dagli spogliatoi, comunque, lo seguì senza indugiare.
Avrebbe fatto come aveva sempre imparato con suo padre: avrebbe preso il boccino senza esitare, avrebbe seguito, controllato i suoi impercettibili movimenti.
Quando entrò nel campo di Quidditch rimase a bocca aperta: era incredibilmente immenso.
Harry l'aveva sempre visto dai posti delle tribune durante l'anno precedente e sapeva che aveva un perimetro di forma ellittica, dove a capo dei due lati vi erano tre cerchi attraverso i quali passava la pluffa.
Tuttavia via, vista da sotto, era tutt'altra cosa: il prato verde si estendeva da una parte all'altra per quelli che sembravano chilometri, tanto che Harry non riusciva a distinguerne la netta fine neanche indossando gli occhiali, e le tribune erano così lontane da lui che riusciva a malapena a vederle; tuttavia c'era qualcuno seduto a guardarlo.
Riconobbe le voci di molti grifondoro e….ovviamente, di qualche serpeverde, tra cui c'era anche Draco Malfoy, che gridava sopra gli altri.
Cos'era venuto a fare? A prenderlo in giro?
Cercò di ignorarlo; doveva fare del suo meglio, era questo che contava. Potevano anche esserci milioni di cloni di Draco Malfoy, non gli sarebbe importato: la cosa davvero importante era impressionare Baston.
“Sei pronto, Harry?” gli disse quest'ultimo, montando sulla scopa.
Teneva in mano una pallina dorata, estratta da un grande sacco che avevano portato con loro; e si accorse che non era il boccino, come pensava all'inizio, ma una pallina normalissima.
“Che vuoi farci, con quella?” chiese Harry, stupito. Generalmente, lui e il padre ne incantavano qualcuna da tennis e poi Harry doveva acchiapparla come fosse stato un boccino normale.
Baston gli sorrise. “Voglio testare le tue capacità . Ora lancerò questa in volo, così vedrò quanto sono pronti i tuoi riflessi e quanto sei veloce. Mi basterà sapere questo, e poi ci eserciteremo….comunque non avrai problemi, con una scopa come quella!”
Disse, indicando la Firebolt.
Harry e Baston salirono in aria sulle scope, innalzandosi sempre di più all'altezza delle tribune.
“Vai Harry!” sentì la voce di Frank. “Sei tutti noi!” disse John. “Fagli vedere chi sei, Harry!” disse Louise, incitandolo.
“Forza, Harry!” dissero un coro di voci familiari; Harry vide con la coda dell'occhio che poco distanti dal gruppo di Frank e Louise c'erano Neville, Hermione e Luna che gli sorridevano.
Harry non poté fare a meno di rispondere al sorriso.
“Puah! Non so proprio come fate a tifare per Potter! Vedrete quanto delusi rimarrete, quando scoprirete che è un incapace….io sono molto meglio! Insomma, è come tifare per Weasley!” commentò la voce sgradevole di Malfoy, e il suo piccolo gruppo di serpeverde fu l'unico a rotolarsi dalle risate.
Harry, che stava cominciando ad arrabbiarsi, decise di focalizzare la sua concentrazione su quello che doveva fare.
“Pronto, Potter?” chiese Baston e, quando Harry annuì, lanciò in aria la pallina.
Fu un attimo: quando la vide viaggiare nel canale d'aria si gettò all'inseguimento, e come un fulmine l'ebbe in mano.
Sentì degli urletti provenire dalle tribune, ma erano solo un sottofondo chiassoso.
Dentro di sé nacque l'orgoglio, supportato dal volto compiaciuto di Baston.
“Molto bene, Potter” disse questi, “ora proverò ad incantare la pallina e dovrai recuperarla come un vero boccino. Non uso quello vero, perché casomai tu non riuscissi a prenderlo, andrebbe perso”.
“Fa lo stesso per me” rispose Harry con semplicità , e Baston planò con la scopa verso il prato del campo, dove estrasse una delle tante palline che aveva con sé, per poi tornare da lui.
Baston ripeté l'incantesimo e il finto boccino cominciò a prendere il volo, veloce come un lampo; Harry dovette usare tutta la sua energia fisica per riuscire a individuarlo ma, aiutato dai suoi riflessi naturali di Cercatore e dalla sua velocissima scopa volante, riuscì ad afferrarlo, seguito dai sussulti di tutti gli spettatori, tranne che di Malfoy, che ovviamente avrebbe voluto assistere ad una catastrofe.
Baston lo guardò raggiante come Harry tornò da lui vittorioso, mentre il cuore del ragazzo batteva forte per l'adrenalina.
Fu leggero come una piuma che seguì il capitano fino a terra, e di una cosa era sicuro: aveva ottenuto il posto in squadra.
“Era vero quello che dicevano di te, allora!” commentò compiaciuto Baston, mentre si rivestivano negli spogliatoi. “Gli allenamenti si tengono il giovedì e il venerdì, subito dopo le lezioni. Con uno come te, non possiamo di sicuro perdere!”
“Sei stato bravissimo, Harry!” gli si gettò fra le braccia Hermione, come uscì dal campo di Quidditch.
“Ben fatto, Harry” si congratulò Luna, allegra.
“Ti ringrazio” fece Harry.
Vide avvicinarsi anche il suo gruppo di amici d'infanzia, Frank, Louise, Richard e John, tutti e quattro con il sorriso stampato sulla faccia.
Quello di Louise svanì prima degli altri quando vide che Hermione aveva le braccia attorno al suo collo.
“Tu non dovresti tifare per il Corvonero?” chiese infatti, acidamente.
Hermione le rivolse uno sguardo infuocato. “Anche tu sei di Corvonero” ribatté, “e Harry è amico mio quanto tuo”.
“Peccato che tifiate tutti per un perdente” disse una voce beffarda che apparteneva, ovviamente, a quella di Malfoy; Hermione si nascose dietro la schiena di Harry, cercando di non farsi vedere.
“Che ci sei venuto a fare, qui, Malfoy?” chiese Harry, gelido.
Malfoy rise. “Curiosità ” rispose quello, “e in realtà per vederti perdere…ma tanto mi toglierò questa soddisfazione alla partita di Quidditch, quando ti batterò e prenderò il boccino prima di te! Non avevo dubbi che ti selezionassero, anzi lo speravo!”
“Ma è diverso, da te” rispose Luna, serena, e tutti la guardarono attoniti, “Harry è stato scelto per il suo vero talento, invece voi vi comprate l'ammissione in squadra!”
Malfoy la guardò spaventato per un secondo, poi si ricompose.
“Stai zitta, Lunatica. Se io non ho il talento, tu non hai neanche un briciolo di cervello a posto!” e se ne andò, un po' offeso.
Mentre rientravano nella Sala d'Ingresso, il gruppo di Harry, Neville, Frank e gli altri vide molti studenti intorno alla bacheca della scuola, intenti a leggere una pergamena affissa.
Seamus Finnigan fece loro cenno di avvicinarsi.
“Hanno fondato il Club dei Duellanti!” esclamò Seamus. “Il primo incontro è questa sera! Non mi dispiacerebbe prendere lezioni di duello…coi tempi che corrono, potrebbe tornare utile…”
“Credi davvero che il mostro nella Camera sappia duellare?” commentò Harry, ma si avvicinò incuriosito per leggere l'avviso.
“Potrebbe tornare utile comunque” disse Neville, serio, mentre si avviavano a pranzo.
“Ci andiamo?”
“Penso di sì” disse Frank, e tutti gli altri furono d'accordo (Louise non si espresse).
Ancora nessuna risposta. Inizi tu?
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