L’Inizio ( 3a storia della saga Cicatrice)- parte 1
LETTERE DA SILENTE
“La torta era buonissima, grazie mamma” ringraziò Harry, posando la forchetta nel piatto.
Erano in cucina con Remus, Louise, Frank e Sirius. Il piatto vuoto dove sopra giaceva il tagliere per la torta ormai era sporco di briciole.
Era il tredicesimo compleanno di Harry, e per quell'occasione Hermione e Neville gli avevano inviato uno Spettrocolo e il libro ilQuidditch attraverso i secoli, insieme ai tanti fantastici regali di Louise e Frank, che consistevano in un diario parlante da parte di lei e Remus (“non rimandare a domani quello che puoi fare oggi” continuava a ripetere ogni volta che lo si apriva) e un lumino mimetico, che dava una chiara visibilità notturna ampliando la luce della luna da parte di Sirius e Frank; John e Richard, invece, gli avevano inviato dei recipienti colorati da cui uscivano uccelli esotici nel momento in cui c'era la necessità di inviare un gufo e non lo si aveva a portata di mano.
Dei regali originali, di cui però Harry era orgoglioso, perché gli sarebbero potuti tornare molto utili.
Nel silenzio della tavola, Remus si schiarì la voce. “Beh, penso di dover fare un annuncio”.
Tutti gli occhi si spostarono su di lui, e le cicatrici che l'uomo aveva sul viso si distesero mentre sorrideva. “Sarò il nuovo professore di Difesa contro le Arti Oscure a Hogwarts” dichiarò.
Seguì un boato proveniente da Louise e Frank.
Harry invece rimase seduto, mentre un sorriso spuntava sul suo volto. Si sentiva sereno; finalmente qualcuno che sarebbe stato all'altezza del suo compito.
“Ma…ma…” balbettò Louise, preoccupata. “Hai davvero accettato?”
Remus annuì. “Sì, beh, mi sembrava una buona occasione” rispose semplicemente.
Non aveva previsto però la reazione della nipote, cosa che invece Harry si era immaginato: Louise sbatté un pugno sul tavolo, inferocita. “Te lo proibisco! Tu…tu hai quel problema…”
Remus la ignorò, mettendosi in bocca l'ultimo pezzo di torta.
“Non penso che una ragazzina mi debba dire quello che devo o non devo fare. Pensi che Silente non abbia previsto tutto? Piton mi farà una pozione per colmare i miei…problemi, come li chiami tu…”
Harry lo guardò intensamente; doveva ammettere a se stesso che anche lui al nome di Piton aveva sentito una nota stonata.
“Non mi fido di lui” gli sfuggì.
Remus incrociò il suo sguardo, ma non rispose.
“Suvvia” fece Lily ragionevole, mentre metteva piatti e posate nel lavandino, “è vero, Piton non è esattamente il tipo di cui ci si può fidare…ma ormai è sotto gli ordini di Silente, e non credo che voglia rischiare la pellaccia per mettersi nei guai, no?”
“No di certo” rise Sirius, scoccando un'occhiata di sbieco a Remus, “a meno che non lo si chiami Mocciosus”.
James, Remus e Sirius scoppiarono a ridere. Lily, invece, lanciò loro uno sguardo severo, ma non disse nulla.
Anche sul volto di Harry spuntò un lieve sorriso, ma la sua attenzione fu catturata dal gufo di casa, che volava verso la finestra della cucina.
“Sta arrivando Hancock!” esclamò Lily, e aprì la finestra per lasciarlo entrare.
Il gufo lasciò cadere la lettera proprio accanto al lavandino, per poi planare sul tavolo davanti a James. “E bravo il nostro gufetto” ammise questo, per poi rivolgersi a Lily.
“Che c'è scritto su quella lettera, tesoro?”
“Un momento” borbottò nervosa lei, asciugandosi le mani e poi aprendo la lettera.
All'interno vi era una pergamena, che la madre di Harry srotolò e lesse lentamente. A ogni parola, i suoi occhi si ingrandivano sempre più. Poi guardò Harry, gli stessi occhi del figlio spalancati dalla sorpresa.
“Harry…è il professor Silente” disse con un filo di voce. “Vuole…vuole venirti a prendere il ventisei di agosto. Qui non dice altro…immagino che sia per insegnarti quello che ti aveva promesso a scuola…”
Harry annuì: c'erano due lettere che il preside aveva inviato la prima volta, una a lui e una ai suoi genitori. Li aveva rassicurati scrivendo un lungo elogio sul suo coraggio nella Camera dei Segreti, dicendo anche che gli avrebbe insegnato a combattere, e il segreto era rimasto in famiglia, includendo ovviamente Sirius, Remus e il rispettivo figlio e nipote.
Gli occhi di Frank brillarono di ammirazione e un po' di invidia.
“Quindi imparerai a difendere davvero Neville, Harry? Vorrei poter essere al tuo posto…”
“Io no” rispose subito Harry, rilassandosi. La copertura lo faceva sentire come se potesse parlare più liberamente. “Vuoi mettere? Io solo con gli insegnanti, senza nessun altro?”
“Beh, se parli di anime vive…” fece una battuta Sirius, e Frank sghignazzò. “Io invece trovo che sia un'ottima cosa, Harry. insomma, se Silente ritiene che tu sia all'altezza, ne approfitterei subito!” concluse seriamente il padrino.
Harry scrollò le spalle; in tutta franchezza, non sapeva che pensare.
Se solo loro avessero saputo quello che stava per fare…e se solo l'avesse saputo lui!
Tutti gli occhi erano puntati su di lui, e per sviare finse uno sbadiglio.
“Sono molto stanco. Penso che andrò a letto” e s'alzò.
“Buonanotte, Harry” dissero in coro i presenti, e come passò davanti alla madre, quella gli diede la lettera. “Credo che appartenga a te, no?” gli sussurrò, dandogli poi un bacio sulla fronte.
Harry non le rispose e, attraversato il salotto, salì sulle scale di legno che portavano al piano di sopra, fino ad arrivare in camera sua.
Il fatto che si sentisse stanco non era completamente una bugia: le gambe gli tremavano e la testa gli girava.
Mentre entrava si ricordò che, da un po' di giorni, sembrava che i suoi strani sogni fossero scomparsi. Si chiese se questo fosse un bene, visto che l'argomento principale di cui avrebbe trattato con Silente era esattamente quello delle visioni.
Posò la lettera sulla scrivania, dove già giacevano quelle di Neville e Hermione, e prese la prima che Silente gli aveva mandato quell'estate.
L'aveva letta talmente tante volte che la pergamena si era quasi stropicciata, ma ogni volta che la prendeva fra le mani e le parole scorrevano sotto i suoi occhi, aveva come la necessità di scoprire se era tutto vero.
Caro Harry,
a seguire di quanto promesso, verrò a prenderti verso agosto, e presto manderò una lettera di conferma anche sull'orario.
Saluti, Silente.
Harry si alzò, le mani che ancora gli tremavano, e la ripose sulla scrivania piena di libri e fogli, per poi prendere quella che aveva appena ricevuto, che recitava:
caro Harry,
Inizio con l'augurarti buon compleanno.
A conferma di quanto promesso, sarò sotto casa tua alle sei di pomeriggio del giorno ventisei agosto, per portarti con me a Hogwarts.
mandami un gufo di risposta,
Silente.
Questo fece sentire Harry ancora più eccitato, e con una gomitata fece spazio sulla scrivania, tirando fuori dal mucchio piuma e calamaio e una pergamena fresca per rispondere a Silente.
Ma aveva appena aperto la boccetta d'inchiostro, che qualcuno bussò alla porta.
“Posso? Sono Frank!” si svelò quello.
Harry sussultò, rimise il tappo alla boccetta e si precipitò come un fulmine sulla soglia di camera sua.
“Sto andando via” fece lui, entrando a piccoli passi dentro. “Volevo salutarti”.
Harry rivolse un veloce sguardo all'inchiostro, alla piuma e alla pergamena, il cuore che batteva ancora forte per l'emozione. Poi tornò su Frank.
“Certo” disse distrattamente.
Frank si sporse oltre lui con curiosità, l'espressione furba sul volto. “Che stavi facendo?”
Harry non poté fare a meno di nascondere un sorriso, e inconsciamente si parò davanti a lui.
“Nulla…stavo solo…”
“Rispondendo a Silente?” completò l'amico per lui.
Harry si sentì più rilassato e fece spallucce. “Beh…sì” rispose mesto, mentre rispondeva al sorriso di Frank. “Vuole che gli mando un gufo entro stasera…sai, giusto per sapere se ho lasciato perdere.”
“Ma tu non lo farai, no? Insomma, non è da te” disse Frank, lanciandogli un'occhiata ammirata.
“Immagino di no” confermò lui, rivolgendo anche lui alla scrivania uno sguardo.
Qualcun altro bussò alla porta: era Louise, che s'avvicinò loro in maniera felina.
“Anche noi stamo andando via” disse velocemente, dando due baci a ciascuna guancia di Harry.
“Zio è molto stanco, e io devo assolutamente andare a casa” .
Poi sembrò rivolgersi ai due con tono sommesso. “Sapete, la luna nuova non è mai facile per lui. In effetti, mi chiedo ancora come abbia potuto accettare il posto che gli ha dato Silente…ma chi sono io per contraddire zio Remus, giusto?”e tirò un sospiro, quasi di sollievo. Anche Harry, come lei, pensava che prendere la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure non fosse di buon auspicio date le condizioni del nuovo insegnante, anche contando il fatto che sembrava maledetta: il loro primo anno, Raptor era stato posseduto da Voldemort, ed era morto per mano di Neville; solo l'anno prima, Allock, quell'uomo megalomane e vanitoso, era morto sotto le macerie mentre lui, Neville e Ron andavano a salvare la sorella di quest'ultimo nella Camera dei Segreti, che poi si era rivelata essere lei il grande segreto…quindi, se Remus aveva scelto di accettare il lavoro, non doveva stupirsi se i suoi cari si preoccupavano per lui.
D'altro canto, credeva anche che se Silente l'aveva scelto, era all'altezza del suo compito.
“Sarà un professore bravissimo, vedrai” la rassicurò Frank “insomma, è già un lupo mannaro, cosa può capitargli di peggio?”
Louise gli lanciò un'occhiata ansiosa, mentre si mordeva il labbro inferiore. “Non lo so, forse…essere picchiato dal Platano nei giardini di Hogwarts?”
Harry e Frank risero; non c'era verso di sollevare il morale di Louise, ma Harry doveva ammettere che la trovava piuttosto divertente in momenti come quelli.
Qualcuno chiamò Louise di sotto, e Harry vide la ragazza imbronciarsi mentre scoccava uno sguardo da dove veniva la voce. “Suppongo di dover andare” si rassegnò, prima di dare un altro bacio veloce alla guancia di Harry. “Ci vediamo a scuola” salutò con un sorriso, prima di trovarsi di fronte a Frank, contro il quale quasi sbatté. Louise esitò, così fece Frank, e rimasero immobili per un attimo; poi lei scosse il capo – Harry ebbe l'impressione che fosse arrossita violentemente, ma non ne ebbe la completa certezza- e disse semplicemente: “Beh, ehm…rimaniamo in contatto, no?”
“Sicuro” sorrise dolcemente Frank,e Harry intravide un po' di delusione nel suo volto come la vide scendere le scale. Ma dopotutto, cosa si aspettava che accadesse?
Con un cenno del capo, i due ragazzi la seguirono lungo le scale, proprio dove, nell'ingresso, li attendevano Sirius e Remus.
Harry si diresse verso di loro con un sorriso, trovando in quel momento come si sentisse rassicurato nell'incrociare i loro sguardi.
Abbracciò Sirius stretto. “Stammi bene, eh? E ricorda: ce la puoi fare. Silente ha scelto te”.
“Dici che sarò all'altezza?” chiese Harry, guardandolo, un groppo al cuore. Ma ancora una volta, Sirius lo risollevò con un sorriso.
“Certo. Scommetto su di te, Harry” rispose.
Harry sapeva che ovviamente pensava a qualcos'altro, e non a quello che doveva realmente affrontare, che oltretutto era oscuro anche a lui, così si limitò ad annuire.
Poi il suo sguardo andò su Remus, che gli regalò delle pacche sulla spalla.
“Mi raccomando, impegnati” disse lui, e Harry gli sorrise ancora una volta.
“Ci proverò ” lo rassicurò Harry.
“Ci vediamo a scuola” gli sorrise Remus, e con un pop lui e Louise si Smaterializzarono dalla stanza, succeduti subito dopo da Sirius e Frank.
Lily, James e Harry rimasero qualche secondo a fissare il punto in cui i quattro erano spariti.
“Bene” sospirò James, “credo che sia ora di andare tutti a letto. Che ne dici se domani ti faccio allenare come Cercatore, eh, Harry?”
Harry sollevò lo sguardo su suo padre: i suoi occhi erano talmente fieri di lui! Da quando James aveva saputo che Oliver Baston l'aveva preso nella squadra, era diventato più orgoglioso che mai! Harry gli aveva prontamente scritto, e ovviamente lui non aveva fatto altro che tempestarlo di lettere tutte le volte che era in programma una partita di Quidditch per sapere se lui aveva vinto o meno.
“Certo” rispose Harry, contento che James avesse avuto l'iniziativa.
“Beh, è fatta allora” sbadigliò questo con un sorriso, raggiungendo la madre sulle scale.
“Buona notte tesoro” fece Lily, e James lo salutò con un gesto della mano mentre saliva le scale dietro sua moglie.
“Buonanotte” disse loro Harry, ma ebbe l'impressione che i suoi genitori non l'avessero sentito, perchè erano già sugli ultimi gradini che avrebbero portato al piano superiore.
Con un sospiro, Harry andò quindi nella sua stanza, ma non era ancora tempo di dormire: prima doveva risolvere una cosa.
Così si sedette alla sua scrivania, intinse la piuma nel calamaio e scrisse una veloce risposta al professor Silente. Una volta terminata, la rilesse per controllare che non ci fossero errori.
Caro professor Silente,
do la conferma che il ventisei agosto alle sei di sera lei potrà venire a casa mia per portarmi a Hogwarts.
Harry
Forse era un po' troppo breve, ma a Harry non venne di scrivere nient'altro.
Così, stretta la lettera a uno spago, andò alla gabbia di Arnold e gli intrecciò alla lettera alla zampina. Bastarono poche carezze per risvegliarlo.
“Devi portare questa lettera al professor Silente, credi di potercela fare?” gli bisbigliò.
La civetta strizzò gli occhi, come se pensasse che era completamente impazzito, ma non poté opporre resistenza quando Harry gli legò con decisione la lettera con lo spago.
Così l'uccello, dopo avergli lanciato diverse occhiate minacciose, non poté fare altro che sbattere le ali e prendere il volo oltre la finestra, nel buio della notte, diventando un puntino sempre più lontano alla vista.
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Capitolo 2
ALBUS PERCIVAL WULFRIC BRIAN SILENTE
Harry aspettò con ansia quel ventisei di agosto, ma quando giunse, non poteva credere che fosse arrivato per davvero.
Quando si fermò sui gradini delle scale, vide Silente che era sulla soglia della porta, con quel fare elegante ma allo stesso tempo scattante.
“Salve Silente!” lo accolse caldamente Lily. “Vuoi entrare? Posso offrirti qualcosa, come un tè? O forse qualcosa di più forte?”
Silente annuì, sorridendo con gentilezza. “Sei molto cara, Lily. Sì, forse un bicchierino di Whisky Incendiario non guasterebbe” rispose, alzando lo sguardo su Harry.
“Salve Harry” sorrise serenamente.
“Salve signore” rispose Harry.
“E' tutto pronto, presumo?” chiese questo, lo sguardo immobile che faceva sentire Harry come se lo esaminasse fino in fondo.
Questo si sentì in imbarazzo; in effetti, fino a quel momento, aveva preparato poche cose.
“Io…non proprio tutto, signore” rispose, sperando di non essere arrossito e che il professore non indovinasse i suoi sentimenti.
Lily gli lanciò un'occhiata severa, ma prima che potesse riprenderlo Silente posò su di lei una mano per calmarla. Harry provò un grande sollievo in questo gesto; ci mancava soltanto che dovesse sfigurare davanti al preside!
“Se non sono maleducato, Lily, mi piacerebbe moltissimo bere quel bicchiere di Whiskey che ti avevo chiesto… “
Questo distrasse completamente Lily da qualsiasi rimprovero. “Certo! Farò in un attimo! Tu accomodati pure!” e scattò in cucina.
Silente sorrise complice a Harry, per poi accomodarsi sul divano e tirare un sospiro.
“Io ti aspetto qui” disse, poggiandosi completamente sullo schienale dei divani.
“Sì, signore” annuì il ragazzo, e salì sulle scale per poi tornare in camera sua.
Non aveva preso molte cose, ma non le considerava in effetti neanche necessarie.
Così si limitò a ficcare le scarpe da ginnastica nel sacco e scese giù velocemente con il baule che conteneva tutti i suoi effetti di scuola, fra cui il mantello dell'invisibilità.
Trovò sua madre e suo padre coinvolti in una fitta conversazione con Silente nel soggiorno.
James fu il primo ad accorgersi della sua presenza. “Harry! Hai preso tutto?”
Harry annuì.
“Molto bene” fece Silente, alzandosi. “Presumo quindi che la nostra bella chiacchierata sia finita. Harry, mi passeresti il tuo baule per favore?”
Il ragazzo fece come detto, titubante e curioso al tempo stesso di sapere cosa dovesse farci.
Silente puntò la bacchetta su di esso e, senza una parola, il baule sparì.
“Ho fatto in modo che appaia direttamente a Hogwarts” spiegò lui allo sguardo interrogativo di Harry, che aveva avuto una gran paura a vedere il suo baule scomparire così.
Poi Silente si rivolse a James e Lily.
“Credo che sia ora per noi due di muoverci” disse loro, “potete scrivergli durante scuola, e vederlo a Natale”.
I suoi genitori tornarono su Harry, gli sguardi fra gli orgogliosi e i preoccupati.
“Sappiamo che è in buone mani” disse James, cercando di stare sereno.
“Sì” disse Lily “con te è al sicuro”.
Harry abbracciò tutti e due i genitori, e poi si staccò da loro e si unì a Silente.
“Non fare danni, d'accordo?” gli raccomandò Lily, senza riuscire a smettere di emozionarsi all'idea di vedere il suo bambino lasciarli per la prima volta.
“Ci proverò” rispose Harry, mentre Silente gli lanciava un'occhiata divertita.
Con un ultimo cenno di saluto, mago e ragazzo uscirono di casa.
Mentre s'allontanavano, Harry rivolse un ultimo sguardo nostalgico alla porta e al giardino, conscio che non sarebbe tornato prima delle vacanze di dicembre.
I due continuarono a camminare, finché Harry non s'accorse che stavano ancora percorrendo le strade di Godric's Hollow.
“Signore” chiese timidamente a un Silente che sembrava sicuro di sé, “signore, non dovremmo essere a Hogwarts?”
Silente parve riprendersi in quel momento, come se fosse stato concentrato su tutt'altro.
“Oh, sì, hai ragione, Harry, dovremmo” ammise, cadendo dalle nuvole.
“E allora dove sono le scope? Oppure, non ci dovremmo Smaterializzare nei pressi, come il villaggio di Hogsmeade?” chiese velocemente Harry, usando tutto quello che sapeva sulla sicurezza della scuola per suggerire vie alternative al preside.
“Sì, Harry” rispose calmo Silente, ” ma il fatto è che non stiamo andando a Hogwarts”.
Harry sbiancò velocemente, il cuore che gli batteva a mille.
“Come…come sarebbe a dire che non andiamo a Hogwarts?” chiese lentamente.
Silente gli sorrise. “Oh sì, Harry; stiamo andando, infatti, a casa mia”.
Harry strabuzzò gli occhi, sconcertato e sorpreso.
“A casa sua?” ripeté, sentendosi anche un po' stupido perché non faceva altro che ripetere le parole del preside.
Silente però non sembrò pensarla in questo modo, e annuì, come se stesse guidando Harry a un ragionamento. “Sì, pensavo fosse più comodo per entrambi. I tuoi bagagli sono già lì”.
Non si trovavano quindi, come Harry pensava, a Hogwarts, ma in questa casa, che doveva essere anche piuttosto vicina, dato che stavano percorrendo il villaggio a piedi.
“Signore” chiese di nuovo timidamente il ragazzo, “lei abita qui vicino?”
“Diciamo di sì” rispose il professore evasivo.
Dopo qualche metro, i due svoltarono in una stretta via dove vi erano molte case che all'epoca dovevano avere un certo prestigio, ma che ora erano abbandonate.
Harry si chiese per quale motivo Silente avesse voluto scegliere di vivere in un posto così antiquato, nel momento in cui si fermarono davanti al cancello di una di queste.
Silente spostò facilmente il cancelletto che dava sul giardino di casa e Harry lo seguì senza fiatare, curioso e spaventato al tempo stesso.
Come aveva aperto il cancello, Silente aprì la porta di casa con altrettanta facilità e presto mago e ragazzo furono dentro.
“Un po' di luce, eh, Harry?” disse Silente, allegro, mentre la punta della bacchetta illuminava fiocamente ciò che c'era davanti a loro.
Harry ebbe modo così di curiosare un tantino sulla vita del professore; si trovavano nell'ingresso, fatto di un lungo corridoio di specchi e di comodini.
Mentre Silente lo precedeva, Harry si avvicinò ad alcuni di essi e vide che sopra vi erano sparse diverse foto che raffiguravano un Silente più giovane con sua madre, una piccola bimba e un ragazzo che doveva essere suo fratello; in un altro, Harry vide il volto di un giovane dalla chioma bionda e il volto furbo, che Harry presumette dovesse essere un suo vecchio amico.
Tutte quelle foto gli diedero una sensazione strana, ma una cosa lo fece più di tutte:
un libro, Vita e menzogne di Albus Silente.
“Signore” chiese Harry, domandandosi perché conoscesse tutte quelle facce, e quel libro gli sembrasse così familiare, “chi sono queste persone nelle foto? E quel libro….”
Ma Silente sembrò non averlo sentito, e andò avanti senza dire una parola.
Confuso, Harry lo seguì fino alla fine del corridoio, dove il professore si fermò.
“Bene, Harry, dovremmo essere nel salone” ragionò Silente, illuminando con la bacchetta i divani del soggiorno.
“Ti faccio strada” gli disse, e Harry, trotterellò dietro di lui fino a una porta, che sembrava essere un armadietto delle scope, a cui il preside parve dare un immotivato interesse, secondo Harry.
“Professor Silente” lo riprese, sorpreso dallo strano comportamento del mago, “professore, perché stiamo guardando un ripostiglio?”
Silente sfiorò con la mano destra il perno della porta con aria seria e concentrata.
“Ah, Harry… Sai, certe semplici cose nascondono molti più misteri di quanto diano a vedere a occhio nudo…è per questo che sono il posto ideale per i segreti” sospirò questo, e con un solo clack la porta si aprì. Da essa uscì una curiosa luce bianca, che catturò sempre di più l'attenzione di Harry.
Silente gli sorrise. “Sei pronto?”
Harry, che sentiva l'adrenalina crescergli nel corpo per l'agitazione, annuì e, dopo che Silente ebbe oltrepassato la soglia per primo, fece lo stesso.
Si sarebbe aspettato di tutto, e per un primo momento credette di essere morto: ma non lo era, perché un'ondata di vento gli andò contro la faccia.
Davanti a lui, solo la luna illuminava il paesaggio, che era mozzafiato: era aperta campagna, e lui si trovava su una strada battuta che portava dritta a un grande cancello di una grande, maestosa villa nei pressi di un piccolo lago poco distante.
Harry sulle prime pensava che fosse Hogwarts, ma dovette sbagliarsi, poiché il castello dava sulla Foresta Proibita, e soprattutto non vi era quel giardino addomesticato di maestosi fiori giganti e siepi che si potevano intravedere oltre i cancelli neri della casa di Silente.
Harry si chiese quanto potesse essere famoso quel mago per permettersi una dimora del genere.
Il ragazzo si voltò indietro; sarebbe ancora valsa la pena di tornare in quella che sembrava essere la vecchia residenza del preside o, ora che ci pensava, il suo ripostiglio personale?
La porta del passaggio era ancora lì, aperta nell'oscurità.
“Hai intenzione di seguirmi, Harry?” chiese Silente di lontano.
Con uno sguardo, il ragazzo notò che il preside era già a metà della via, capendo di non avere molta scelta; ad essere sinceri, il posto dove era appena stato gli metteva i brividi.
Così annuì e s'avviò per la stretta stradina di campagna.
Ben presto i due raggiunsero i cancelli neri. Harry vide Silente allungare di nuovo la mano destra verso l'apertura, e con un clack i due entrarono nei giardini.
Come Harry li vide, ebbe l'impressione che fossero molto più grandi di quanto li avesse percepiti: vi erano grandi siepi, e stradine, e ponti di erba, e grandi, grandi fiori che arrivavano quasi all'altezza umana; e tutto questo si estendeva oltre gli occhi di Harry, propagandosi in un paesaggio mozzafiato che fece andare al ragazzo il cuore in gola.
“Dovresti vederli di giorno” disse Silente con tono estasiato, mentre passavano accanto a una siepe di fiori esotici, “sono un'esplosione di colori. Fanny si diverte molto a giocarci e a beccarli”.
Al nome Fanny il cuore di Harry batté all'impazzata, ricordandosi come lui, Neville e Ron gli dovessero la vita; era stato soprattutto merito suo se il Basilisco l'anno prima era morto, ed era lei che aveva portato il Cappello Parlante e la Spada di Grifondoro nella Camera dei Segreti.
Fu talmente immerso nei suoi ricordi che non si accorse di essere arrivato davanti alla porta di casa. “Ti mostro com'è dentro, Harry” gli disse Silente.
Harry si aspettava che il professore aprisse la porta come tutte le altre, invece il mago si limitò a spingerla verso l'interno, che sembrava essere accessibile.
Come i due entrarono nella stanza, tutte le luci si accesero: il lampadario nell'ingresso, le candele ai lati e anche quelle che illuminavano le scale che portavano ai piani superiori, il cui accesso era costituito da piccole porte ad arco. Al centro, vi era la scalinata principale.
Harry si chiese se avrebbe mai trovato la via d'uscita una volta arrivato in camera sua – e se sarebbe stato capace di ritrovarla una volta uscito da lì- perché ovviamente non vi erano solo le tre scale, ma c'erano altri due corridoi che precedevano i due muri ai lati della scala centrale, che portavano in due direzioni opposte ed ignote.
Harry capì che Silente aveva notato quanto la sua casa fosse grande oggetto d'interesse per lui, ma parve non volerlo assecondare.
“Vieni Harry” lo invitò “ti mostro dov'è la tua stanza”.
Harry lo seguì senza fiatare per la scala principale. La strada era molto più semplice di quanto pensasse: bastava solo salire un paio di gradini e, girato a destra, si trovò una stanza piuttosto grande (quasi un appartamento, doveva essere sincero) dove campeggiava un grande letto matrimoniale di seta rosso, con tende rosso e oro che risaltavano con le pareti degli stessi colori.
Vi erano grandi finestre che di giorno facevano passare grande luce, ma ora riflettevano soltanto le ombre; ai lati di queste vi erano due lumi con tre candele ciascuno che rendevano chiara la visione della stanza. Accanto alla finestra alla destra di Harry vi era una scrivania con penna, inchiostro, calamaio e Arnold in una gabbia posato proprio a terra accanto ad essa.
Harry trovò il baule ai piedi del letto, già aperto ma intonso.
L'effetto era assolutamente fantastico: non avrebbe desiderato di meglio.
“Ti piace?” chiese Silente, con il sorriso che gli si allargava sempre più.
Harry si voltò verso di lui, colmo di felicità. “E' magnifica, signore” disse.
“Sono contento che ti piaccia” gli disse sereno Silente; poi si guardo l'orologio e l'espressione divenne seria. “Si è fatto tardi” disse “ci incontriamo domani per colazione. Buonanotte, Harry”.
“Buonanotte, signore” disse Harry, buttandosi sul letto morbido.
Si rese conto in quel momento che non aveva concordato un orario per la mattina successiva, né sapeva dove accidenti si trovasse la sala da pranzo, ma poco importava; prima che se ne rendesse conto, era già immerso nel mondo dei sogni.
La mattina successiva, Harry si svegliò di soprassalto; si era addormentato sopra il letto, e si rese conto in quel momento di indossare ancora i vestiti della serata precedente.
Così ne tirò fuori un altro paio, chiedendosi dove si trovasse il bagno per lavarsi, e andò nel panico quando pensò che avrebbe dovuto girovagare per la villa – o meglio, labirinto, secondo il punto di vista di Harry- per trovarne uno.
Ma aveva appena finito di pensarlo che sentì un rumore venire dietro di lui e si voltò; proprio accanto alla finestra, era emerso un lavandino, un tazza da bagno e uno specchio, con tutte le lozioni e profumi che servivano a Harry per lavarsi.
La prima reazione del ragazzo fu di sorpresa: a quante cose aveva pensato Silente?
Poi si preparò, e solo quando fu pronto tutti gli accessori del bagno sparirono, risucchiati dalla parete.
Ora era pronto per la colazione, e questo secondo pensiero lo afflisse non meno del precedente; dove sarebbe andato? Doveva incontrarsi con Silente proprio lì, ma dove si trovava lui?
Credendo che probabilmente una qualche porta o camera segreta sarebbe uscita fuori come aveva fatto il bagno, decise di calmarsi e di tastare le pareti; tuttavia rimase deluso. Nessuna di queste portava a sale da pranzo o cucine segrete.
Così si rassegnò all'idea di doverla andare a cercare…ah, se solo Silente gli avesse dato le coordinate! Avrebbe potuto trovarla benissimo da solo, invece di risolvere ignoti rebus!
Andò alla porta, più scocciato che mai; ma non ebbe finito di pensarlo, che si trovò proprio sulla soglia di una elegantissima e raffinatissima sala da pranzo, con un bel tavolo in legno scuro allestito di tovaglia di pizzo e servizio color panna, circondata da mobili con libri e pergamene, illuminata a giorno da due grandi finestre velate solo da una tenda bianca.
A completare lo scenario, vi era il professor Silente che sorseggiava quella che doveva essere una tazza di tè.
Sul tavolo proprio accanto alla teiera, vi era piegato un giornale, che doveva essere la Gazzetta del Profeta di quel mattino.
Il preside sollevò gli occhi solo per fargli capire che l'aveva notato.
“Buongiorno, Harry. Dormito bene?” chiese, affabile, come se il ragazzo vivesse lì tutti i giorni e fosse abituato a quel trambusto.
Harry strabuzzò gli occhi, sconcertato; come poteva vivere in una casa del genere? Senza un minimo di ordine, bastava solo che si pensasse quello che si desiderava e quello…appariva semplicemente. Così come era spuntato il bagno e la sala da tè di Silente, Harry si chiese se allo stesso modo il preside avesse ordinato il caffè, il tè e i dolci in tavola.
“Io…sì” rispose Harry.
Silente gli sorrise. “Siediti. Qui c'è tutto quello che vuoi”.
Harry annuì e si sedette davanti al padrone di casa.
“A giudicare dal tuo viso, sembra che tu abbia già scoperto la bellezza di questa casa.
Voglio rassicurarti, Harry; è esattamente come tutte le altre…solo che non hai la scomodità di doverti allontanare troppo. Ad esempio, se desideri trovarti nel bancone al piano di sopra, sarai lì non appena avrai aperto la porta di questa stanza” e sorseggiò un po' del suo tè. Harry annuì, perché aveva avuto esperienza delle parole di Silente, e prese a versarsi del caffè nero in una tazza, e il succo di zucca nel bicchiere di vetro alla sua sinistra.
“Tuttavia, ” aggiunse il preside, “ci sono luoghi dove la casa non ti lascerà passare”.
Harry lasciò andare la brocca del suo latte un po' sulla tovaglia, mentre guardava sorpreso Silente.
“Come sarebbe a dire, professore?” chiese, quasi in un fil di voce.
“Beh, non so se hai presente quei due corridoi all'entrata” riferì tranquillo l'altro, rubando una delle ciambelle glassate da uno dei piatti al centro tavola, ” ho provato molte volte a entrare, ma è la casa che decide se è il momento di farti passare per certe vie. Ed evidentemente non vuole mostrarmela. Tante volte, non mi lascia neanche avvicinare a quei corridoi, se lo desidero”.
“Potrei provarci io, signore” si propose Harry, che a dire il vero era molto curioso.
“Non oggi, Harry” disse Silente, anche se sembrava contento che glielo avesse detto, “abbiamo molte cose da fare. Dobbiamo lavorare soprattutto su di te”.
“Che cosa abbiamo in programma, allora?” domandò di nuovo Harry, avvicinandosi una coppa di cornflakes e la teira del latte e servendosi. Non poteva negare di essere affamato, e tutto quello che mangiava era squisito, per quanta inquietante fosse l'idea di vivere in una casa che decideva per te.
“Prima di tutto, Harry, dobbiamo andare nei sotterranei” spiegò Silente, “lì ho tutta la mia attrezzatura. Una volta arrivati in laboratorio, ti spiegherò meglio”.
Improvvisamente, la finestra dietro Silente s'aprì con uno scatto, come spalancata dal vento, e fece il suo ingresso una lince fantasma. Harry sapeva cos'era: un Patronus.
Lo sapeva, perché i suoi genitori, così come Sirius e Remus e tutti quelli che avevano fatto parte dell'Ordine della Fenice ne avevano uno.
“Pericolo. Pericolo. Pericolo sulla strada di London Street. C'è un'attentato. Minaccia” parlò il Patronus con una voce maschile che Harry non conosceva.
Sia Harry che Silente guardarono poi la lince svanire come fumo, e fu allora che il ragazzo guardò il preside, che non gli era mai sembrato così serio.
Dopo un attimo di silenzio, il mago balzò dalla sedia con uno scatto, uscì dalla stanza e ritornò nella sala da pranzo con indosso un mantello da viaggio. Poi si fermò, e studiò Harry con aria preoccupata e delusa al tempo stesso.
“Signore, che succede?” chiese Harry, perché non gli erano piaciute per nulla le parole di quel Patronus.
“Nulla, Harry, ma è una chiamata urgente, e devo assolutamente andare” fece sbrigativo il professore. Harry non voleva contraddirlo, ma sentì un leggero fastidio nel sentire che non era successo nulla, perché a lui sembrava che ci fosse un pericolo, e anche piuttosto grave.
“Posso essere d'aiuto, professore?” chiese Harry, prima che il preside potesse lasciare la stanza.
Silente si voltò e lo guardò, un sorriso debole che gli compariva sul volto.
“No, Harry. Tranquillo. Solo, credo che la nostra lezione sia saltata per oggi…quindi divertiti per i giardini, tornerò presto” e uscì, senza dare altre spiegazioni.
Harry era deluso del fatto che il preside se ne fosse andato: primo, perché sarebbe stato per la prima volta veramente solo con la casa, e secondo perchè sentiva che sarebbe potuto tornare veramente utile al preside, in qualche modo.
Invece decise di passeggiare per i giardini, e scrivere lettere a tutti i suoi amici in mezzo a quei meravigliosi prati.
Avrebbe passato l'intera giornata a passeggiare per le vie di quella immensa tenuta floreale, che risaltava più verde e colorata che mai sotto la luce; qua e là, lungo il giardino domestico, composto anche di panche in pietra, laghetti di pesci dai colori fosforescenti e irreali, vi era anche qualche scultura di maghi dalla cui bacchetta o bocca uscivano getti d'acqua per bere o perché facenti parti di fontane.
Mentre Harry attraversava un ponte d'erba e passava sotto a una volta di rami, si chiese se quello fosse il paradiso, e fosse morto per davvero.
Smise di girare per i giardini solo quando fu piuttosto tardi, e il sole già calava a est, così rientrò.
Si ritrovò nell'ingresso, dove tentò di passare per entrambi i corridoi – inutile dire che non ci riuscì – e così salì stanco in camera sua. Mentre si infilava il pigiama, realizzò che Silente non era ancora rientrato in casa. Forse aveva avuto qualche inghippo, Harry non lo sapeva, e si rese conto in quel momento che neanche gli importava; sapeva che sarebbe tornato, perché Silente riusciva sempre a districarsi dai guai. Così si infilò fra le coperte e s'addormentò, stanchissimo.
Si svegliò quello che lui percepì essere poco dopo, e quando aprì gli occhi capì di non trovarsi più in camera sua, ma in qualche ambiente segreto e oscuro che ricordava tanto l'aula di Pozioni.
“Ben svegliato, Harry” lo salutò Silente, facendolo voltare nella sua direzione; il professore gli dava la schiena, e sembrava avere un gran daffare con fiale e fialette che prendeva da armadietti sopraelevati.
“Dove sono?” chiese il ragazzo, confuso.
“Nel mio laboratorio,” spiegò Silente, ” ti ho portato qui dalla tua stanza. Sembravi piuttosto assonnato, ma sapevo che prima o poi ti saresti svegliato”.
Harry guardò attentamente il preside; non sembrava che quello per cui era stato chiamato, così oscuro e pericoloso, lo avesse toccato particolarmente.
Decise di non pensarci. “Perchè mi ha portato qui? Che cosa dovremmo fare, esattamente?”
“Oh, niente Harry” lo rassicurò svelto l'altro, avvicinando uno sgabello al lettino dove giaceva lui, ” solo estrarti qualche immagine. Poi potrai tornare a dormire. In teoria, potresti farlo anche adesso, se lo desideri”.
Harry annuì, e lasciò che Silente poggiasse la bacchetta sulla sua fronte.
Mille volti cominciarono apparirgli nella mente, mille luoghi anche a lui sconosciuti; vedeva lui, Ron e Hermione parlare fitto nella sala comune; lui che combatteva un serpente gigante, lui e Sirius che aveva un aspetto terribile, la porta che non riusciva ad aprire, lui e Silente nel suo ufficio…ma cosa volevano dire? Da dove venivano? Dal futuro, forse?
Silente pigiò la bacchetta ancora più forte contro la sua fronte, e Harry sentì come se tutte le cose che vedeva fossero risucchiate da essa, e più lo faceva, più le vedeva, più non capiva…finché ad un certo punto la fronte non gli bruciò; era doloroso e irreparabile. L'unica volta che gli aveva fatto male a quel modo era stato quando, due anni prima, era in compagnia di Neville e tutti e due, nello stesso istante, avevano percepito il bruciore alla fronte.
Silente tolse la bacchetta di scatto. “Harry, vai subito in camera tua e riposati. Credo che per oggi sia sufficiente. Vai a letto…continueremo domani”
Si avvicinò la fialetta, dove immerse la bacchetta e da cui uscì un liquido trasparente.
Il professore tappò la boccetta.
“Ho detto vai a letto, Harry” insisté Silente.
Senza farselo ripetere un'altra volta, Harry aprì la porta dei sotterranei e si trovò in camera sua. Si gettò sul letto, stanchissimo, chiedendosi se anche il giorno dopo sarebbe stato così doloroso.
E il giorno successivo riprovarono, e Harry era sempre più stressato e stanco. Ogni volta che Silente gli puntava la bacchetta alla fronte con le immagini se ne andava, in qualche modo, anche un po' della sua energia, ma lui sapeva che era per il suo bene, e oltretutto era sempre più interessato alle boccette poste sul tavolo da laboratorio dove il mago inseriva le sue visioni.
In ogni caso, Harry ringraziò Silente per non averlo stressato quanto la prima volta; la fronte infatti gli faceva sempre meno dolore, come se il professore avesse trovato il modo di attutirlo.
Restarono a casa di Silente finché le tre boccette non furono piene, e il trentuno agosto furono costretti ad andarsene.
Quella sera, Harry raccattò tutto quello che aveva lasciato in camera sua e la chiuse nel baule.
Poi raggiunse Silente nell'ingresso e con un gesto della bacchetta il suo zaino e il suo baule svanirono come aveva fatto prima di partire.
“Stavolta sono davvero al castello” lo rassicurò Silente, porgendogli il braccio.
“Vieni qui, Harry” gli ordinò poi, e il ragazzo si avvicinò.
“Dove ci smaterializziamo, signore?” chiese Harry, circondando il suo braccio attorno a quello del professore.
“Da Madama Rosmerta” rispose il preside. “Sei pronto, Harry?”
“Sì, signore” disse Harry, stringendosi al professore.
Strinse gli occhi, e presto sentì come se un gancio l'avesse afferrato all'ombelico che lo trascinava giù, sempre più giù in un tubo di scarico, che gli dava la sensazione di nausea, perché si sentiva stringersi e accartocciarsi, sperando che prima o poi finisse. Proprio quando non se l'aspettava, si sentì i piedi ben piantati a terra, il fresco tepore di Hogsmeade che gli attraversava le ossa.
Era la prima volta che Harry andava al villaggio, perché era permesso solo dal terzo anno in poi. E lui aveva l'autorizzazione dei suoi genitori, perciò non si sentiva di trasgredire nessuna regola.
“Andiamo, Harry” gli disse Silente, entrando in un locale accanto a loro.
Harry lo seguì velocemente.
Era un locale piuttosto ampio e spazioso, che si chiamava i Tre Manici di Scopa.
Al bancone, Harry notò che serviva una bella donna bionda dall'aria indaffarata.
“Buongiorno, Rosmerta” salutò cordiale Silente, e la donna chiamata Rosmerta sobbalzò.
“Oh, Silente!” lo salutò. “Che piacevole sorpresa! E…cosa posso fare per te, e…”
Scoccò a Harry un'occhiata piuttosto curiosa.
Il professore battè una mano sulla sua spalla. “Rosmerta, questo è Harry Potter. Non sono venuto per una burrobirra” aggiunse, perchè lei stava già preparando i boccali.
“Vogliamo solo due scope, per volare dritti a Hogwarts”.
“Oh, ma certo, certo, ve le prendo subito” si riscosse lei, anche se sembrava dispiaciuta che non si fermassero, e trotterellò fino allo sgabuzzino.
I due rimasero da soli – i pochi clienti che occupavano il locale scoccarono loro degli sguardi stupiti, ma Silente non sembrò farci caso- e presto Rosmerta tornò con i due manici di scopa e ne porse uno a Harry e uno a Silente.
Harry si ricordò in quel momento che poteva avvalersi della Firebolt, ma Silente l'aveva spedita alla torre di Grifondoro, che era piuttosto irraggiungibile.
“Grazie” le disse Silente, uscendo dal locale. ” Presto mi farò perdonare con una burrobirra…”
“Ma si figuri, si figuri!” disse Madama Rosmerta, con un sorriso.
Silente montò sulla sua scopa, e Harry lo imitò.
Con uno sguardo, Harry si sollevò in aria nello stesso momento in cui lo fece Silente.
Fu solo quando sentì l'aria nei capelli che si sentì veramente al sicuro.
Sfrecciarono entrambi nella notte, sempre più in alto, verso quelle luci che risaltavano il castello di Hogwarts.
Ancora nessuna risposta. Inizi tu?