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  • L’Inizio ( 3a storia della saga Cicatrice)- parte 3

    Posted by Anonymous on Aprile 13, 2016 at 7:26 am

    Capitolo 5

    Il RITORNO DI PITON

    “Di qua” mormorò loro Harry, mentre lui, Neville e Luna s'avvicinavano all'arazzo che li avrebbe fatti accedere al terzo piano.
    L'idea che Neville fosse con loro dava parecchio fastidio a Harry – che, in effetti, avrebbe preferito rimanessero lui e Luna- ma cercò di non pensarci, perché quel pensiero portava automaticamente a Ginny.
    I tre ragazzi, tutti stretti sotto al mantello dell'Invisibilità e Mappa del Malandrino a fare loro da guida, giunsero senza problemi al terzo piano.
    Questa volta, Harry non aspettò che Piton comparisse, e li guidò direttamente alla statua della strega gobba.
    I minuti passarono, ma Piton non sembrava farsi vivo. Eppure Harry era deciso a restare: sapeva che sarebbe venuto, doveva farlo!
    Il solo rumore che percepiva attorno a lui, però, era il ritmo dei respiri nervosi di Luna e Neville e il battito del suo cuore, che pulsava forte come un tamburo.
    “Harry… Sei sicuro che il professore venga ancora qui? O che, perlomeno, questo sia il giorno buono?” gli sussurrò Neville a un orecchio. Harry decise di non ascoltarlo, e continuarono ad aspettare.
    Dopo parecchi minuti, Luna si schiarì la voce. “Harry…credo che Neville abbia ragione” convenne, con un tono insolitamente pratico, “forse dovremmo andare nei sotterranei”.
    Harry attese ancora, finché non si rese conto che effettivamente Piton non sarebbe comparso, e non l'avrebbe fatto neanche quando se ne sarebbero andati.
    “D'accordo” si arrese, “andiamo nei sotterranei. Se lo incrociamo venire qua su, allora lo seguiremo. Altrimenti…beh, ce ne torneremo al dormitorio”.
    Così, senza fare fracasso, i ragazzi scesero la scalinata di marmo fino ad arrivare ai sotterranei.
    Harry doveva ammettere che non era stato poi così difficile; sul percorso non avevano incrociato nessuno.
    “L'ufficio di Piton è da questa parte” fece loro strada Neville, che, con grande sollievo di Harry, almeno si rendeva utile in qualcosa!
    Lui, Luna e Neville si accoccolarono accanto alla porta di Piton..
    I tre giacquero in silenzio, ma a Harry bastava la sua testa, che faceva anche troppo rumore: il ragazzo continuava a ritenere che fosse stato un errore aspettare il professore uscire di lì;molto probabilmente aveva già preso la scorciatoia per Hogsmeade, e loro avevano perso l'unica possibilità di pedinarlo.
    Si stava quasi per addormentare, quando Luna con una spallata lo risvegliò; Piton stava uscendo dal suo ufficio. Forse si era assicurato che Hogwarts cadesse nel sonno pirma di agire.
    Con un cenno, i compagni si alzarono e, facendo attenzione a non scoprirsi, gli andarono dietro passo passo, fino al Salone d'Ingresso.
    Una volta arrivati lì, però, Harry vide che Piton non girava verso la scalinata di marmo, ma usciva dalla porta principale di Hogwarts.
    Senza indugiare, i ragazzi fecero lo stesso.
    Harry non riusciva quasi a respirare per l'emozione. Come si trovaò nei giardini della scuola,Harry sentì il profumo di fresco di campagna e la leggera brezza notturna che gli penetrava fino alle ossa.
    La figura nera di Piton si stagliava netta nella notte, mentre correva verso quello che Harry notò essere il Platano Picchiatore.
    Ricordava che suo padre gli aveva raccontato qualcosa riguardo quell'albero, e subito consultò la mappa.
    Piton non aveva scelto il Platano Picchiatore per caso: quello era il passaggio che portava alla Stamberga Strillante, lo stesso posto dove suo padre James, Sirius e Peter Minus si nascondevano per fare compagnia a Remus nelle sue notti di luna piena, quando erano studenti.
    Fu allora che a Harry venne un dubbio, e guardò il cielo; s'accorse però che non era una di quelle sere.
    Allora, se Piton non stava andando ad aiutare Remus, dove si stava dirigendo? E soprattutto, perché proprio alla Stamberga Strillante?
    Toccava scoprirlo. Vedendo che non c'era più bisogno di utilizzare la Mappa, pronunciò le parole “fatto il misfatto” e quella ritornò una pergamena normale, che Harry nascose prontamente in tasca. Poi si guardò intorno, ma non vide nessuno dietro di loro.
    “Togliete il mantello dell'invisibilità” disse agli amici, “non siamo inseguiti”.
    Sia Luna che Neville gli rivolsero delle occhiate dubbiose, ma Harry avrebbe dimostrato loro di avere ragione; infatti arrivarono piuttosto velocemente davanti al Platano Picchiatore.
    “Fate piano” fece loro Harry, chinandosi a terra per grattare il ramo che avrebbe lasciato libero l'accesso.
    Ma aveva appena allungato la mano, che sentì degli urli soffocati dietro di lui.
    Con il cuore a mille, tirò fuori la bacchetta; si voltò, e stava per puntarla contro il nemico, quando qualcuno alle sue spalle assalì anche lui, gli tappò la bocca e lo trascinò via, mentre perdeva sempre più conoscenza.
    Si ritrovò, non sapeva come, da Olivander, il fabbricatore di bacchette. Eppure lui ne aveva già comprata una, non aveva bisogno di acquistarne altre!
    Il metro nastro gli stava misurando la distanza delle narici, quando Olivander disse: “può bastare così” e quello s'afflosciò sul pavimento. Il ragazzo si guardò intorno, credendo fosse un sogno mentre il mastro s'avvicinava e gli porgeva una bacchetta.
    “Allora signor Potter, provi questa. Legno di faggio e corde di cuore di drago. Nove pollici. Bella flessibile. La prenda e la agiti in aria”.
    Harry la prese e, sentendosi un po' sciocco, la agitò debolmente, ma Olivander gliela strappò quasi subito dalle mani.
    “No, assolutamente no! Ecco, questa: acero e piume di fenice. Sette pollici, molto flessibile. La provi”.
    Harry provò e riprovò, ma nessuna sembrava adatta a lui; inoltre, si chiedeva il motivo della sua presenza lì se era già in possesso di una bacchetta….ah, già, ricordò, era solo un sogno.
    Le bacchette si stavano ammucchiando sempre più sulla sedia, e sembrava che Olivander gioisse nel tirarne fuori nuove dagli scaffali.
    “Cliente difficile, eh? No, niente paura, troveremo quella adatta…ora mi chiedo…sì, perché no…combinazione insolita…agrifoglio e piume di fenice, undici pollici, bella flessibile”.
    Se stava rivivendo il momento in cui aveva comprato la sua bacchetta, quella non era proprio la sua. Si chiese anche dove fossero i suoi genitori, che quel giorno erano con lui nel negozio.
    Harry prese in mano quella che Olivander gli teneva. Avvertì un calore improvviso alle dita. La alzò sopra la testa, la abbassò sferzando l'aria polverosa e una scia di scintille rosse e d'oro si sprigionò dall'estremità come un fuoco d'artificio, proiettando sulle pareti riflessi danzanti di luce.
    Qualcuno accanto a lui applaudì entusiasta, e Harry si voltò di scatto, accorgendosi che era Hagrid, il guardiacaccia. Ma che ci faceva lui lì? E ancora, dove erano i suoi genitori?
    Olivander si avvicinò a lui, esclamando: “Bravo! Sì, proprio così, molto bene. Bene, bene, bene….che strano…ma che cosa davvero strana….”
    Rimise la bacchetta di Harry in una scatola e la avvolse in carta da pacchi sempre borbottando: “Ma che strano…che cosa davvero insolita…”
    Beh, sì, in effetti era davvero strano possedere due bacchette, e probabilmente Olivander se n'era appena ricordato. Tuttavia, Harry non era sicuro che si riferissero alla stessa cosa.
    “Mi scusi,” fece, “ma che cosa c'è di strano?”
    Olivander lo fissò con i suoi occhi sbiaditi.
    “Ricordo una per una tutte le bacchette che ho venduto, signor Potter. Una per una. Si da il caso che la fenice dalla cui coda proviene la piuma della sua bacchetta abbia prodotto un'altra piuma, una sola. È veramente insolito che lei sia destinato a questa bacchetta, visto che la sua gemella….sì, la sua gemella le ha procurato quella ferita”.
    Quale ferita? Per quanto ne sapeva, Harry non ne aveva, mai avute. Eppure, Olivander fissava quel punto con insistenza, come se fosse lì; ma non poteva esserci.
    Harry fu però spinto a controllare, e come si girò il suo sguardo andò su una delle vetrine del negozio; prese ad avvicinarsi lentamente, mentre la paura era sempre crescente.
    Anche se l'ombra di Hagrid occupava metà del riflesso, Harry vide benissimo quello che non poteva e non doveva esserci: la cicatrice a forma di saetta era lì, sottile e scintillante, come una ferita saldata nel tempo, in mezzo alla sua fronte. Il ragazzo fece una serie di passi indietro, andò a sbattere contro una sedia del negozio, e mente inciampava urlava, perché non poteva avere la cicatrice, non era lui il prescelto….

    “Bene, signor Gazza, grazie per aver fatto come ho chiesto. Non c'è bisogno che porti via Harry, rimarrà con me per un po'” disse la voce lontana di Silente, determinata ma allo stesso tempo calma.
    Harry lo udì sedersi placidamente al solito posto, aspettando che si svegliasse. Ma lui era già tornato in sè, e aprì gli occhi lentamente; la prima cosa che vide fu il soffitto ovale sopra di lui e poi notò i quadri dei presidi passati, che lo osservavano preoccupati. In quello stesso momento, sentì quanto fosse fredda la superficie del pavimento su cui era sdraiato.
    “Ben svegliato, Harry” lo accolse Silente con un sorriso, non appena gli occhi del ragazzo trovarono i suoi.
    Harry si alzò e si tolse la polvere dai vestiti, senza guardare in faccia Silente.
    A quanto pareva, il preside capì i suoi sentimenti, la vergogna mista a paura di essere ripreso da lui, però continuò a guardarlo, come in attesa che Harry si decidesse a fare lo stesso.
    “Prima di tutto” cominciò, “sono molto deluso da te. Pensavo che di me ti fidassi”.
    Harry s'accigliò, non riuscendo proprio a capire dove volesse arrivare.
    “Ma io mi fido di lei professore” affermò, perplesso.
    “Non abbastanza” rispose Silente, “vedi, se ti fossi fidato veramente di me” e sottolineò la parola veramente con un certo peso, “probabilmente non ti saresti avventurato con i tuoi amici, stanotte, fuori dalla scuola”.
    “Ma signore, io….” Cominciò lui, ma fu interrotto ancora dal preside.
    “Credevi che non fossi al corrente della situazione? Che lasciassi uscire dalla scuola i miei colleghi così, senza il minimo controllo o sorveglianza?”
    Fu allora che Harry ricordò: aveva visto Piton uscire dall'ufficio di Silente proprio lo stesso giorno che aveva incontrato Luna, e una nuova ondata di vergogna lo sovrastò, molto più forte della prima.
    “Mi dispiace signore” disse Harry, rammaricato. “Ma sappia che, se avessi scoperto qualcosa di losco, gliel'avrei subito riferito” aggiunse.
    “Non lo metto in dubbio” rispose Silente, e i suoi occhi scintillarono, “e so anche che probabilmente avresti delle altre cose da dirmi, ma me le riferirai tutte quando ci aggiorneremo al nostro prossimo incontro. Solo una cosa, Harry: mi prometti che non proverai più a seguire il professor Piton, in futuro?”
    Harry esitò rendendosi conto che no, in fondo non poteva prometterlo veramente. E che se l'avesse fatto, probabilmente non avrebbe rispettato l'accordo, come gli era capitato spesso di fare.
    “Sì signore” si sentì costretto a dire, e con un cenno del capo uscì di filato dall'aula, senza dire nient'altro.
    Fece dei sogni piuttosto tormentati, quella notte: Piton entrava nel passaggio del Platano Picchiatore, che poi si rivelava essere della strega Orba. Harry pedinava Piton, per poi scoprire che era Albus Silente; inutile dire che si svegliò e non riuscì più a riprendere sonno.
    La mattina seguente, Harry ascoltò a malapena i commenti dei suoi amici sull'orario scolastico, cui Louise partecipò, unendosi al loro tavolo, per via della presenza di Hermione vicino a lei.
    Harry semplicemente si limitava a girare il suo porridge con aria annoiata, ripensando a quello che era successo la sera precedente. Mai, come quella volta, si era sentito più turbato.
    Ora aveva fatto una promessa, e non sapeva se sarebbe riuscito a rispettarla.
    “Uh-oh!” commentò Frank, con il capo rivolto verso il fondo della Sala Grande, “guarda chi arriva!”
    L'attenzione di Harry si risvegliò d'un tratto, e quando seguì lo sguardo dell'amico, lo stomaco gli si strinse per il dolore, e un senso di nausea lo invase: Ginny e Neville stavano avanzando verso il tavolo dei Grifondoro, tenendosi per mano.
    La rabbia di Harry raggiunse il suo culmine solo nel momento in cui, però, li vide baciarsi; non solo Neville si era ripreso dall'avventura della sera precedente – cosa che, per quanto ne sapeva, né lui né Luna avevano fatto, dato che la povera ragazza si trovava in infermeria- ma aveva anche il coraggio di…di baciarla lì, davanti a lui, come se non gli importasse.
    Con suo grande sollievo, notò che anche Ron non aveva preso bene la cosa; lo vide impallidire sempre di più mentre i due si sedevano l'uno accanto all'altra, in quel modo così fastidiosamente appiccicoso, come se non esistesse nient'altro.
    Louise doveva aver notato il suo malumore, perché la vide con la coda dell'occhio aprire la bocca e dargli fiato; ma lui non aveva bisogno dei suoi lagnosi consigli in quel momento.
    “No” l'anticipò, “voglio che tu non dica nulla, soprattutto se viene da te, che non esisti”.
    Non riuscì a capire esattamente la reazione dell'amica, perché fu veloce, molto più di lui, che si rese conto troppo tardi di aver detto qualcosa che non andava.
    Avrebbe voluto fermarla, ma non trovò il coraggio quando questa si alzò e si allontanò frettolosamente per la prima lezione, i boccoli biondi che volteggiavano con lei.
    Harry si voltò e vide che i suoi amici lo fissavano insistentemente, come se aspettassero che prendesse fuoco; Frank era il più arrabbiato di tutti.
    “Ma che ti passa per la testa, eh?” gli gridò e, borsa in spalla, uscì dalla Sala Grande correndo dietro Louise.
    Harry non aveva ancora fatto in tempo a capire cosa fosse successo che Oliver Baston si accomodò nel posto vuoto di Louise.
    “Ehi Harry” disse allegro, come suo solito quando stava per parlare di Quidditch; lui era il capitano della squadra, ed era davvero ossessionato con quel gioco. Anche ad Harry piaceva, ma in quel momento avrebbe pagato oro per stare un po' da solo.
    “Ehi Oliver” fece, giù di tono. Come provò a incrociare gli occhi di John e Richard, questi allontanarono i loro dai suoi, l'uno immergendosi in un ripasso veloce di Incantesimi e l'altro avvicinando i gemelli Weasley, qualche posto avanti a lui.
    “Senti, Harry” lo richiamò all'attenzione Baston, gioviale, apparentemente senza notare quanto fosse di cattivo umore, “Angelina ti ha parlato?”
    “Cosa?” chiese Harry, cadendo dalle nuvole, “perché avrebbe dovuto?”
    Baston allargò il suo sorriso. “Per gli allenamenti di Quidditch, ovviamente! Ho programmato una nuova strategia, tutta fatta per te e la tua meravigliosa scopa, così avremo la possibilità di vincere!”
    Harry non era convintissimo delle parole di Baston, ma annuì senza dire nulla.
    “Bene, allora, ci incontriamo giovedì pomeriggio dopo le lezioni” lo salutò cordiale, e lo lasciò appena in tempo per il suono della campana.
    Harry si diresse a lezione senza i suoi amici, che sembravano svaniti nel nulla.
    Avrebbe voluto spiegare loro che non voleva veramente dire quelle cose, gli era semplicemente sfuggito, così come era accaduto quando era tornato dall'ufficio di Silente, parlando di Crosta, così come quel sogno assurdo in cui aveva si era visto essere il prescelto.
    Ora che ci pensava, non era la prima volta che gli succedeva: poteva contare il suo primo anno, in cui aveva visto un altro se stesso con la cicatrice, lui parlare con Hermione al sesto anno….e ora Olivander, con il guardiacaccia per giunta!
    Doveva esserci una ragione per tutto questo. Forse era invidioso di Neville, e quel desiderio era così intrinseco da volerlo sfogare in questo modo? Era anche per questo che era geloso di lui e Ginny, perché avrebbe voluto la sua vita? E allora perché Silente gli aveva fatto bere quella pozione? C'era….c'era un motivo, collegato a questo?
    Harry non poteva e non sapeva rispondersi a queste domande, né seppe farlo nelle ore successive, dove non ascoltò una parola dei professori; una cosa era certa, doveva parlarne con qualcuno…e l'unica persona con cui poteva farlo, ora che sembrava non avere più nessuno, era Hermione.
    Aveva abbandonato i suoi amici a ricreazione, che ridevano e scherzavano senza degnarlo neanche di uno sguardo. Eppure lui aveva provato a infilarsi nella discussione, chiedere scusa a Louise, ma non aveva funzionato, così aveva rinunciato ed era andato nel cortile di pietra, dove sapeva che avrebbe trovato Hermione immersa in qualche pesante lettura.
    “Oh, ciao Harry” lo salutò lei, cordiale, mentre lui s'avvicinava e si sedeva sulla panca di pietra. Il cortile era stranamente più vuoto del solito; generalmente, era pieno di studenti, ma Harry si disse che, in fondo, era meglio così.
    “Che stai leggendo?” chiese, cercando di interessarsi all'attività della ragazza.
    Lei sorrise, e poi sfiorò con la mano la copertina del grosso libro, poggiato sulle sue ginocchia. “Vecchi manoscritti, sai…su incantesimi segreti, magia avanzata…potrebbe tornare utile anche a te, sai?”
    Nonostante sembrasse persa nei suoi pensieri, notò quanto Harry fosse giù di morale, e il leggero sorriso comparso sul suo viso scomparve immediatamente. “Hai visto Ginny e Neville, vero?”
    Harry abbassò gli occhi. Non aveva il coraggio di guardarla, e l'unica cosa che sentiva in quel momento era il battito che aumentava e le guance che si scaldavano sempre più.
    “Mi dispiace tanto, è tutto quello che posso dirti. So che ci tenevi molto a lei” gli disse, compassionevole.
    “Come facevi a saperlo?” riuscì a chiederle Harry, la voce rotta.
    Hermione lo guardò intensamente. “Beh, non ci vuole un genio, a giudicare da come si trasforma la tua faccia quando Ginny mette piede in una stanza o attraversa un corridoio”.
    Harry non rispose. Le sue parole erano vere, purtroppo.
    “Ha abbondato anche te, a quanto vedo” disse, lanciandole un'occhiata veloce.
    “Non è che non siamo più amici ” spiegò Hermione con un sospiro, “ma da quando passa il suo tempo con Ginny, sta meno con me, ecco tutto. E' solo un periodo, vedrai”.
    Harry non la contraddisse, anche se non la pensava come lei: da come Neville si comportava, non credeva che l'avrebbe frequentata come prima.
    “Beh, ad ogni modo non sono venuto qui con l'intenzione di parlare di Neville” cambiò argomento lui, “ma per aggiornarti sulle novità. Senti quello che è successo l'altra notte…”
    Le raccontò tutto e lei ascoltò partecipando, questa volta, con una serie di “oooh”, “oddio” e “quindi cosa è successo?”
    “Beh, per quanto mi riguarda, sai cosa ne penso” disse alla fine. “Non sono mai stata d'accordo sul seguire Piton, lo sai benissimo”.
    “E del resto? Sui miei sogni?” chiese Harry, nervoso.
    Dopo qualche momento di riflessione, Hermione disse: “Non lo so. Sono…strani. Eri da Olivander solo dopo aver ingerito la pozione, non è così?” chiese, con l'aria da investigatore.
    “Sì” rispose Harry, annuendo vigorosamente, “è esattamente quello che è successo. E, come ti ho detto, il mio molliccio è proprio la boccetta che lui mi ha dato!”
    “Uhmmm…” fece Hermione, pensando intensamente. “Non so, Harry…potrebbe essere che, magari, fai premonizioni anche sulle tue paure? Forse è talmente inconscia,” aggiunse lei, perché Harry era sempre più confuso, “che il tuo molliccio ha scelto una forma a caso per impersonare quella paura, e casualmente Silente ti ha dato proprio la boccetta”.
    “Casualmente?” ribatté Harry, scettico. “Forse non hai inteso bene quello che ti ho detto! Tu non ci sei quando parlo con lui….come mi guarda…in certi momenti è come se leggesse i miei pensieri… anche al nostro ultimo incontro, proprio ieri, ha indovinato che avrei avuto altre cose da comunicargli”.
    Hermione si morse un labbro, dubbiosa. “Già, ma tu hai sempre qualcosa da dirgli, no? E comunque, non possiamo esserne certi! Io glielo direi lo stesso, Harry. Che lui riesca a leggere la mente o meno, sapere il suo parere ad alta voce ti chiarirà indubbiamente le idee” rispose lei, parlando in fretta come se inseguisse le sue parole.
    Harry la guardò. “Forse hai ragione. Lo farò, quando…”
    “Guarda chi c'è qui, il duo delle meraviglie” li interruppe una voce malevola, alle loro spalle.
    Harry si guardò intorno, e con una spintarella di Hermione capì che Draco Malfoy e i suoi gorilla Tiger e Goyle erano apparsi proprio di fronte a loro; il viso di Malfoy, pallido e appuntito, li guardava con fare superiore e sbeffeggiante.
    “Malfoy!” scattò Harry; si rese conto che l'aveva fatto per proteggere Hermione.
    Malfoy rise in modo insopportabile. “Granger, possibile che sei così incapace da farti proteggere da uno di basso livello come lui? E poi, Paciock, dov'è andato? Ah già,” nei suoi occhi passò una strana luce sinistra, ” vi ha mollato per la Weasley, giusto? Certo che sta proprio precipitando, non credete? Ma del resto, non può di certo migliorare, se come amici aveva voi…il club degli Sfigati si sta proprio riducendo! Credo che presto dovrete unirvi alla comitiva di quei poveri idioti di Weasley, per stare dietro al vostro idolo…ma non so se avranno soldi per mantenervi, del resto mio padre crede che…”
    Harry aveva tirato fuori la bacchetta, e sarebbe iniziato un duello se Hermione non fosse stata più abile di lui, puntando la bacchetta al collo di quello per cui aveva avuto una cotta per tre anni.
    “Taci!” gridò lei, quasi squittendo, inferocita. Anche Malfoy sembrava sorpreso di quel capovolgimento di eventi, e alzò le mani, spaventato. “Non hai il diritto di parlare così di Neville e dei Weasley, perché tu non vali metà del loro valore e del loro coraggio! Mi sono spiegata?” Continuava a urlare, il viso sempre più rosso; ma la sua espressione era irremovibile.
    Malfoy continuò a indietreggiare fino a che non sbatté la schiena contro il muro, e Hermione tenne saldamente la presa della bacchetta sulla gola, pronta a scagliargli una fattura da un momento all'altro. Tiger e Goyle continuavano a scrocchiare le nocche delle dita, ma sembravano più presi alla sprovvista che inferociti.
    Harry, che continuava a stringere la bacchetta in mano, era curioso di vedere cosa sarebbe successo.
    “Granger…” provò a dire Malfoy, tornando all'attacco, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa, Hermione abbassò la bacchetta e, fuori di sé, la sostituì velocemente con uno schiaffo.
    Confuso e intimidito, Malfoy prese a correre via dall'interno della scuola, controllando di tanto in tanto che lei non gli scagliasse qualche altro incantesimo.
    Harry ebbe un'improvvisa immagine di lei, che schiaffeggiava Malfoy, ma stavolta erano nel corridoio che portava all'uscita per i giardini di Hogwarts, e c'era anche Ron con lui.
    “Ben fatto” commentò, colpito, “così Fierobecco avrà giustizia!”
    Ancora una volta, Hermione gli lanciò un'occhiata sorpresa.
    “Fierobecco, Harry?” chiese, confusa.
    “Io…non importa” disse lui, ricordandosi di aver avuto di nuovo un'immersione nelle sue visioni. “Volevo dire…sono contento che tu abbia protetto Neville e i Weasley…”
    “Oh, beh, Harry, devo dire che lo sono anche io” commentò lei, fissando ancora il punto dove era scomparso Malfoy, “mi sento…libera. Voglio dire, non che lui non mi piaccia più,” aggiunse, mentre rientravano anche loro dal cortile, “ma ci vuole mano ferma, e…beh, sembra impossibile andare dietro a qualcuno che ti odia”.
    Harry avrebbe veramente voluto dire qualcosa per confortarla, ma non gli venne in mente niente.
    “Sei stata molto coraggiosa” commentò poi, dopo una breve pausa. “Saresti stata bene in Grifondoro”.
    Hermione gli donò un sorriso orgoglioso. “Oh, sì, beh, sai…in effetti, il Cappello Parlante ha perso molto tempo a decidere. Mi ha tenuto quello che sembravano ore, solo perché non sapeva se fosse meglio Corvonero o Grifondoro…e poi, beh, eccomi qui” confessò, con un'alzata di spalle.
    I due amici presto arrivarono fino all'aula dove si sarebbero separati per la lezione successiva.
    “Ah, Harry, comunque” disse lei, “io chiederei scusa a Louise. Inventati qualsiasi cosa. Te lo dico proprio io che non la sopporto, ma… non è bello sentirsi dire cose del genere…”.
    “Se solo sapessi come” sospirò Harry.
    Hermione ammiccò. “Troverai un modo. Alla prossima, Harry” ed entrò.
    Harry vide la porta di Incantesimi chiudersi, e poi si diresse lentamente a lezione di Divinazione.
    Per via del malinteso con i suoi amici, Harry si ritrovò a pranzare per la prima vera volta da solo; si sarebbe unito a Ron, Seamus e Dean, ma si sentiva così depresso che preferì non contagiare nessuno con il suo umore. Mentre si serviva una buona fetta di torta glassata, realizzò che Hermione aveva ragione, e che avrebbe sfruttato il pomeriggio dopo le lezioni per andare all'ufficio del professor Silente per informarlo su tutto.
    Harry aveva immaginato che le ore di Pozioni fossero saltate come al solito, e invece sentì dire da Draco Malfoy al suo gruppo di amici serpeverde che Piton era tornato attivo nella scuola.
    Fu così che, tornato nel dormitorio, riprese il suo materiale inutilizzato da ben due settimane e scese nei sotterranei del castello con gli altri grifondoro.
    Era strano come si sentisse stranamente isolato e fuori dal mondo. Vedeva in lontananza i suoi amici, che chiacchieravano animatamente e si divertivano.
    Harry provò ad attirare la loro attenzione,ma come passò loro accanto, sembrò che non l'avessero proprio notato.
    “Harry” lo chiamò qualcuno, e si voltò verso la voce. Con suo grande dispiacere, vide che era Neville, e andò verso di lui per capire cosa volesse.
    “Hermione mi ha detto come ti senti” disse amichevolmente. “Come stai?”
    A Harry diede un grande fastidio questo interesse nei suoi confronti, nonostante lo facesse con delle buone intenzioni. E poi, come si era permessa Hermione di riferire a Neville le sue confidenze?
    “Bene” rispose, duro. “Ora, scusa, devo andare…”
    “C'entra Ginny?” lo fermò con un braccio l'altro, guardandolo negli occhi.
    “Cosa?” chiese Harry, vago.
    “Non fare lo stupido” disse Neville, tenendo ben salda la presa, perché Harry aveva tentato di liberarsene, “è da quando sto con lei che non mi parli più. Anche un gufo capirebbe che ti piace, sai?”
    Harry avvampò, ma fece di tutto per nasconderlo. “Non capisco di cosa tu stia parlando…ma se è per quello, beh, tutti sanno che non passi più il tuo tempo con nessun altro. Anche i tuoi amici si lamentano…”
    “Per Hermione non è un problema, con lei ho chiarito” ribatté Neville, determinato, “vorrei che non lo fosse anche per te. E soprattutto, desidererei non mi tenessi il broncio a quel modo. Potremmo essere tutti amici, sai?”
    Harry riuscì a liberarsi dal suo braccio e lo guardò a lungo. Non disse nulla e, ad ogni modo, non ne ebbe neanche il tempo: Piton aprì la porta dell'aula e dopo un gelido: “Entrate” tutti gli studenti fecero il loro ingresso nella classe.
    Harry si ritrovò, con suo grande sollievo, a condividere il tavolo con Ron, Dean e Seamus.
    Per quanto fosse meno in imbarazzo di quanto potesse sentirsi con Frank, John e Richard, sapeva che quella che si prospettava non sarebbe stata una bella lezione: anche se gli dava le spalle mentre scriveva gli ingredienti alla lavagna per la Pozione Restringente, Piton lo osservava.
    “Bene, avete all'incirca mezz'ora per preparare questa” spiegò fermo e severo l'insegnante, indicando con un gesto distratto la lista degli ingredienti, sedendosi alla scrivania. Ancora una volta, non lo guardava, ma Harry sentiva i suoi occhi puntati dritti su di lui.
    “Poi, come sempre, riempirete una delle fiale posate su questo tavolo accanto a me” continuò Piton, e indicò un piccolo banco posto proprio davanti alla lavagna, ” quando avrete concluso, me lo consegnerete. Al lavoro!”
    Per Harry non fu facile concentrarsi; sperava di star facendo un buon lavoro con la pozione, ma non ne era certo. Inoltre, la presenza di Piton lo agitava più di quanto pensasse.
    Non si rese conto di essersi incantato, e fu solo quando Ron lo fece tornare alla realtà che si accorse che Piton stava passando fra i paioli. Harry guardò la sua pozione, e vide che era ancora a metà. Così si sbrigò a sbucciare il Grinzafico, cercando di non farsi vedere dal professore, e affettò il bruco….poi buttò insieme la milza di gatto e le radici di margherita, e versò il succo di sanguisuga nel calderone, pregando disperatamente che funzionasse.
    Veloce come un fulmine, Piton si materializzò proprio al loro tavolo. Diede una mescolata alla pozione di Dean e Seamus senza commentare, per poi lanciare uno sguardo disgustato a quella di Ron. Harry capì in cosa aveva sbagliato il compagno: aveva tagliato male il bruco, e la pozione aveva raggiunto un verde smeraldino invece della tonalità acida originaria della pozione.
    Ma nulla, nulla era comparabile all'espressione che fece quando vide quella di Harry.
    “Di', Potter” disse, con una punta di sarcasmo, “hai problemi di comprendonio, forse?”
    “No signore” rispose Harry, allo stesso tono.
    “Allora non sai leggere” disse ancora Piton.
    “Certo che so leggere, signore” ribatté Harry infervorandosi, e incrociò lo sguardo fermo del professore.
    “Dimmi allora cosa c'è scritto all'ultima riga sulla lavagna. Ad alta voce” aggiunse l'insegnante, e le sue labbra s'incurvarono in un sorriso maligno.
    “Tagliare le radici di margherita, affettare il bruco, sbucciare il Grinzafico, aggiungere una milza di gatto, un litro di succo di sanguisuga…” lesse Harry, prima che il suo sangue si gelasse: non aveva mescolato la pozione.
    “Ora hai capito, Potter?” sibilò Piton. “O forse dovrei cercare di fartelo apprendere meglio con quattro rotoli di pergamena sulla Pozione Restringente da consegnarmi per giovedì pomeriggio, solo per te…?”
    “Ma non può farlo!” sbraitò Harry impulsivamente, e si rizzò di scatto sul posto; fu solo un attimo dopo che capì di aver commesso un errore, perché Piton sembrava non aspettare altro.
    “Oh, molto bene, Potter, contesti le mie decisioni! Beh, ora saprai che posso. Punizione. Giovedì pomeriggio alle quattro. Niente scuse” Poi si chinò su di lui, il sorriso soddisfatto sulle labbra, facendo in modo che solo Harry potesse sentirlo mentre diceva: “Questo vale soprattutto per la tua piccola avventura di ieri notte. Complimenti per avermi seguito, Potter. La lezione è finita!” disse poi a tutta la classe, e la campanella in quell'esatto momento suonò.
    Harry avrebbe voluto dirgli qualcosa, lanciargli un incantesimo; e invece si limitò a lavare mani e mestoli nell'acquaio di pietra nell'angolo. Era arrabbiato con lui più che mai: ora non avrebbe potuto più partecipare al primo incontro di Quidditch, e come avrebbe fatto a dirlo a Baston?
    Rimandando quei brutti pensieri a quando sarebbe tornato su nel dormitorio, Harry si diresse all'ufficio del professor Silente, pronto a informarlo su tutto e, soprattutto, per avere lucidazioni su quello che gli stava capitando.
    Ma quando pronunciò la parola d'ordine presso il gargoyle, quello non si animò.
    Harry, già di cattivo umore per la brutta giornata, non si sentì sollevato; tutt'altro, ci volle poco che non imprecasse anche contro il preside.
    Perché Silente non gli aveva detto che aveva sostituito 'torta allo zenzero' con un altro dolce?
    Prima che potesse urlare a vuoto, la McGranntt uscì dall'aula accanto all'ufficio.
    Immediatamente, Harry corse verso di lei. “Professoressa” la chiamò, con una certa fretta.
    “Potter” lo salutò cordiale lei, stupita dell'ansia di Harry.
    “Volevo incontrare il professor Silente, ma il gargoyle non risponde alla parola d'ordine! Forse il professor Silente si è dimenticato di passarmela, saprebbe dirmela lei?” chiese il ragazzo.
    La professoressa strinse le labbra, prima di scoccare un'occhiata veloce alla statua.
    “Hai fissato un appuntamento?” chiese poi a Harry.
    “No” rispose lui, “ma ho bisogno di parlargli con una certa urgenza!”
    La McGrannitt lo guardò intensamente, poi si aggiustò la veste e mosse qualche passo lungo il corridoio.
    “Mi dispiace, Potter, ma il professore è assente” lo informò, e Harry non aveva dubbi che dicesse la verità.
    “Non c'è?” esclamò stupefatto, dopo che ebbe metabolizzato la cosa.
    “Esatto” assentì lei, “se n'è andato ieri sera. Ha ricevuto un gufo per un'urgenza, ed è partito immediatamente”.
    Harry si sgonfiò; l'idea che Silente non fosse presente lo tirava sempre più giù di morale.
    “Sa quando tornerà?” provò ancora, ma con sua delusione la McGrannitt scosse la testa.
    “Purtroppo no, Potter” rispose la vicepreside.
    “Oh, beh, non importa” scrollò le spalle lui. “Grazie comunque, professoressa” e detto questo si diresse al suo dormitorio, chiedendosi cos'altro sarebbe riuscito a farlo sentire peggio di così.


    Post Unito in automatico!

    Capitolo 6

    La Foresta Proibita

    “E' vero che è pazzo, Ministro?” chiese Madama Rosmerta, dopo un lungo sospiro.
    Harry aprì gli occhi e si guardò intorno. Se non avesse riconosciuto la voce della cameriera, probabilmente non avrebbe mai capito di trovarsi ai Tre Manici di Scopa; di fatti, si era risvegliato in una posizione assai bizzarra: era seduto sotto il tavolo, e aveva davanti a sé i rami di un albero di Natale che gli s'infilavano dritti nel naso.
    Nel tavolo proprio di fronte al suo si stava svolgendo una conversazione assai interessante, e Harry intuì in qualche modo di dover rimanere dov'era ancora per un po'.
    “Vorrei poterlo dire” esclamò quello che doveva essere il Ministro, lentamente. “Credo che certamente la sconfitta del suo maestro lo abbia messo fuori gioco per un po'. L'assassinio di Minus e di tutti quei Babbani fu l'atto di un uomo disperato, senza via di scampo; crudele e inutile. Ho incontrato Black nella sua ultima ispezione ad Azkaban. Sapete, gran parte dei prigionieri stanno seduti e borbottano tra sé nel buio, privi di senno…ma vedere come Black sembrava normale mi ha lasciato di stucco. M ha parlato come un essere ragionevole. È stato snervante. Sembrava solo annoiato; mi ha detto che gli mancavano i cruciverba. Sì, mi ha stupito lo scarso effetto che i Dissennatori sembrano avere su di lui…ed era uno dei prigionieri più sorvegliati, sapete. Dissennatori fuori dalla cella giorno e notte”.
    Non appena venne pronunciato il nome dei Dissennatori, a Harry girò improvvisamente la testa; veloci immagini correvano nella sua mente, di qualcosa che usciva dall'armadio, da uno scompartimento, come se qualcuno avesse mandato avanti il rullino della sua vita…e poi tutto tornò normale.
    “Ma perché crede che sia fuggito?” chiese ancora Madama Rosmerta. “Santo cielo, Ministro, non starà cercando di riunirsi a Lei-Sa- Chi, vero?”

    “Harry, ma che fai, dormi?” Qualcuno lo scosse, e Harry si svegliò di soprassalto. Si trovava nella sala comune: si era appisolato sulla poltrona accanto al fuoco.
    A svegliarlo era stato Oliver Baston, che aveva tutta l'aria ansiosa.
    “Io…” rispose Harry, sentendosi in imbarazzo. “Scusami…che giorno è, oggi?”
    Baston scosse il capo, mentre sollevava da terra Quidditch attraverso i secoli che era caduto a Harry nel momento in cui s'era addormentato.
    “Giovedì, naturalmente” rispose, porgendogli il libro.
    Harry sussultò sul posto. “Che cosa?”
    “Giovedì” ripeté Baston, un po' spazientito. “Ma per quanto hai dormito? Beh, in ogni caso, cerca di riprenderti in fretta: ti aspetto tra dieci minuti davanti al passaggio per scendere al campo”.
    “Al campo? Oliver, che ore sono? Non posso scendere al campo!” gridò quasi l'altro, sobbalzando.
    Vide Baston sbiancare ogni secondo di più. “Come…come sarebbe a dire…non puoi venire?” balbettò.
    “Proprio così” spiegò Harry, sentendosi mortificato. Si lasciò andare contro il soffice schienale, e si massaggiò il viso per rilassarsi. “Non posso venire, perché Piton mi ha dato una punizione”.
    Baston sembrò registrare in ritardo le sue parole. “Come…cosa…? Ma tu non puoi non venire! Il Quidditch è fondamentale! Che cosa hai fatto per prenderti…. Ah, non importa: parlerò al professor Piton, Harry, ti farò rimandare la punizione! Non è possibile che si possa annullare una cosa come il Quidditch, Harry! Dobbiamo vincere questo campionato! L'ho promesso alla McGrannitt!” e detto ciò uscì dal passaggio della Signora Grassa.
    Harry sapeva che anche se Baston si fosse presentato con il cane a tre teste del primo anno non sarebbe riuscito a convincere Piton e anzi, il ragazzo credeva quasi che il professore sapesse del suo impegno: perché scegliere proprio il giovedì, altrimenti?
    Dieci minuti prima che potesse alzarsi e andare personalmente a scontare la punizione, Baston si presentò di nuovo nella sala comune, l'aria afflitta.
    “Non sono riuscito a risolvere niente, ma…credi di riuscire a raggiungermi, dopo che avrai fatto?” tentò, le sopracciglia che gli si muovevano incontrollate.
    Harry non era sicuro di fare in tempo, ma annuì, e ripromise a se stesso di provarci. D
    Dopodiché, scese in fretta e furia per arrivare il prima possibile ai sotterranei.
    “Ah, Potter” lo accolse Piton, quando Harry ebbe fatto finalmente il suo ingresso nell'ufficio. Era la prima volta che vi entrava, ma non rimase stupito dalla tetra atmosfera che aleggiava : l'intera stanza era illuminata fiocamente da solo due candelabri ai lati, il che dava all'ufficio una profonda oscurità che doveva essere molto cara a Piton; dietro la scrivania, vi erano sospesi viscidi oggetti morti in posizioni colorate lungo le pareti.
    Davanti alla scrivania dell'insegnante vi era un tavolo che Harry intuì essere destinato a lui, cui sopra vi erano accatastate grosse scatole piene di ragnatele, emanando l'alone di un lavoro lungo, tedioso e inutile.
    “Il signor Gazza cercava qualcuno che rimettesse in ordine questi vecchi archivi” spiegò Piton, divertito. “Sono registri di vecchi malfattori di Hogwarts e le loro punizioni…a te il compito di classificarli in ordine alfabetico e ricalcare quelle parti che ormai stanno sbiadendo con il tempo. Non devi usare la magia”.
    “Certamente professore” rispose Harry, con un nodo alla gola, e sperando che tutto il disprezzo che provava arrivasse tangibile al professore.
    “Comincia dagli archivi millecinquantasei e millecinquantadodici. Troverai dei nomi familiari, che dovrebbero risvegliare in te l'interesse per il lavoro che ti spetta” disse Piton, soave.
    Harry si sedette e si mise all'opera. Più i minuti passavano, più l'idea di rimanere in compagnia di Piton, che era certo lo sorvegliasse con la coda dell'occhio, lo metteva a disagio. Oltretutto, era un lavoro veramente inutile e, sicuramente per volere del professore, Harry s'accorse ben presto che le punizioni che stava ricalcando rispondevano ai nomi di James Potter e Sirius Black, per la gran parte. Remus non compariva quasi mai…ogni tanto quel Peter Minus, di cui Harry aveva sentito parlare molto poco. O meglio, non l'aveva mai visto, non che lui ricordasse, almeno. Sentì una stretta allo stomaco; non era bello da parte di Piton fargli ricordare tutto quello che avevano fatto, come se si stesse vendicando delle malefatte di trent'anni prima o gli stesse dicendo che anche lui era un essere spregevole.
    Le mani gli tremavano sempre più e non era sicuro di poter continuare.
    Cominciò a credere ch Piton si fosse inventato la storia di Gazza e li avesse presi lui dall'archivio, giusto per fargli perdere un po' di tempo.
    “Bene Potter” disse Piton con un sorriso maligno, “credo che tu abbia fatto abbastanza per oggi. Potrai proseguire giovedì prossimo…”
    “Giovedì prossimo?” trasalì Harry, cercando poi di mantenere un tono di sottomissione per non peggiorare le cose.
    Piton lo guardò con soddisfazione; in quel momento Harry ebbe una gran voglia di saltargli addosso e strangolarlo. Per ovviare a questa tremenda tentazione, posò gli occhi sul suo orologio da polso, e si accorse che erano le sette; ancora più rabbia gli ribollì dentro. Quanto l'aveva tenuto Piton per spolverare le birichinate di suo padre?

    Prima che fosse cacciato via dal professore, Harry uscì di filato dall'ufficio e salì i grandini della scala a chiocciola, deciso ad unirsi agli altri al campo di Quidditch. Sapeva che era tardi, ma d'altro canto Baston li teneva sotto allenamento anche per tre ore. Si stava appunto chiedendo se avesse trattenuto la squadra per aspettarlo, o fossero rimasti a provare qualche nuovo schema di gioco, quando qualcosa lo fermò, e improvvisamente non ebbe più voglia di raggiungere Baston.
    Scese invece gli scalini a ritroso e si appostò accanto alla porta di Piton, il cuore che gli batteva a mille e la testa che sembrava esplodergli. Un'ondata di caloresi propagò per tutto il corpo mentre sfilava dalla tasca il Mantello dell'Invisibilità e se lo gettava addosso.
    Avevi promesso che non avresti più seguito Piton, lo rimproverò una vocina molto simile a quella di Hermione dentro la sua testa. Lo so, le rispose Harry, mentre il senso di colpa lo invadeva. Era vero, aveva promesso al professor Silente che non avrebbe più pedinato Piton, ma qualcosa più forte di lui gli diceva di aspettare. Non sapeva quanto rimase accoccolato lì accanto allo stipite della porta. Stava di fatto che cominciava a sentire freddo, e percepiva sempre più buio attorno a lui, nonostante i sotterranei fossero sempre avvolti nell'oscurità. Doveva essere già notte, e mentre un brontolio allo stomaco gli segnalava la gran fame, si chiedeva se qualcuno si fosse domandato in Sala Grande il motivo della sua assenza.
    In quel preciso istante gli vennero in mente i visi dei suoi amici, che ridevano e scherzavano senza di lui, e quella visione gli fece male al cuore per quanto vera non fosse, ma purtroppo strettamente simile alla realtà. A pensarci forse se lo sarebbe chiesto Hermione, ma potevano essere mille le ragioni per cui non era presente a cena, come ad esempio un semplice malanno.
    L'unica cosa che lo consolava era il motivo per cui era lì: neanche Piton era uscito.
    Dopo un po' di tempo (quello che a Harry parvero ore, ma ne era passata solo una dato che erano le nove di sera) vide gli studenti di serpeverde scendere nei sotterranei del loro dormitorio, tra cui la faccia pallida e appuntita di Draco Malfoy che, dall'ultima volta che l'aveva visto umiliato, sembrava aver riacquistato tutta la sua arroganza.
    Ignorando tutti i visi antipatici, tenne duro e attese ancora.
    Si stava giusto chiedendo se stesse facendo la cosa giusta nel silenzio ritrovato del corridoio, che la porta dell'ufficio di Piton scricchiolò, e il naso adunco del professore si sporse guardingo a destra e a sinistra, per controllare che non ci fosse nessuno. Poi, avvolto dal solito mantello nero, chiuso furtivo la porta di legno e scappò frettolosamente su per le scale a chiocciola.
    Era quello il momento adatto: non c'era nessuno a correre rischi per Harry. Era lui da solo con le sue scelte. Così, sopprimendo il senso di colpa che lo attanagliava riguardo a quello che aveva detto a Silente, decise di seguire Piton, a debita distanza e facendo sì che non si mettesse in pericolo.
    Aveva, come suo solito, tutto con lui: per fortuna Gazza non gli aveva confiscato la Mappa del Malandrino l'ultima volta, e quindi fu facile capire quali erano le intenzioni di Piton.
    Senza essere visto, e cercando di evitare qualche gruppo di studenti che si avviavano ritardatari verso i loro dormitori – a uno di questi volò il cappello nero dal capo, ma non era certo questo il momento di fare i gentili e raccoglierglielo- uscì dal Salone d'Ingresso e poi dritto, verso il Platano Picchiatore. Piton era quasi davanti all'albero, quando all'improvviso scomparì.
    Harry rimase di sasso: dove era andato? L'aveva fatto per qualche precauzione?
    Sapeva che sarebbe stato capace di pedinarlo ancora?

    Prendendo un respiro profondo, e sempre cercando di ridurre al minimo il rumore dei suoi passi, Harry s'avvicinò al Platano Picchiatore, sempre mantenendo una debita distanza.
    Si accorse che il professore non poteva essere entrato nel Platano, e la spiegazione era molto semplice: il ramo si sarebbe abbassato nello stesso momento in cui Harry gli era arrivato davanti, e questo li spaventava e allo stesso tempo lo entusiasmava. Dove era andato, quindi?
    Ora il ragazzo era davvero solo….e se gli fosse capitato qualcosa?
    Fece il giro dell'albero, quando udì qualcuno bisbigliare poco distante un controincantesimo, e un'ombra scura apparve nella notte, distinta dagli alberi della Foresta Proibita.
    Harry non ebbe dubbi che quello fosse Piton, e senza esitare lo inseguì.
    Era evidente che l'insegnante avesse intuito che qualcuno era dietro di lui; o quanto meno ci faceva più attenzione, dato che l'ultima volta aveva trovato addirittura tre ragazzi a pedinarlo.
    Harry però non si fece scoraggiare e, quando lo ebbe raggiunto quanto bastava per controllarlo ma non per essere visto, fece un po' di luce con la bacchetta, giusto per consultare di tanto in tanto la mappa e guardare dove metteva i piedi.
    Notò come il professore avesse scelto percorsi ripidi, che avrebbero fatto svelare Harry in un batter d'occhio se solo si fosse fermato e girato verso di lui, mentre s'inoltravano sempre più dentro la Foresta.
    Cos'era che Piton voleva nascondere? Dove si stava dirigendo?
    Il cuore di Harry andava all'impazzata, accompagnato da quella sensazione di panico mista ad adrenalina che gli percorreva il corpo come acqua gassata.
    Aveva molta paura, doveva ammetterlo, e puntava la bacchetta in modo agitato da una parte all'altra,  perché sapeva che la Foresta era proibita proprio per la presenza di mostri.
    Harry sapeva che quella era la prima volta che ci si addentrava, e quindi era più attento che mai; eppure via via che Piton avanzava, riconosceva certi punti, come se ci fosse già stato…con la coda dell'occhio vide qualcosa di bianco e bellissimo steso da qualche parte, che aveva tutta l'aria di essere un unicorno; ma quando si voltò per guardare meglio, notò che non c'era più. Pensò che probabilmente era suggestione.
    Mentre continuava la sua avventura, notò come l'insegnante si muovesse abile ed esperto tra un fiumiciattolo e l'altro, un sasso e una zona d'erba, come se avesse tracciato un sentiero.
    Gli alberi aumentavano, sempre più fitti, la cappa d'oscurità con loro.
    Harry si chiese se sarebbe uscito vivo da quella foresta, o se qualche creatura l'avesse catturato prima.
    Nonostante avesse intravisto qualche movimento fra gli alberi, non gli accadde proprio nulla; Piton avanzava incolume, e così anche lui, anche se era molto meno rilassato del professore.
    E poi l'insegnante proseguì dritto fra due montarozzi d'erba, e da lì si aprì una zona piana da cui si scorgeva una piccola catapecchia. Harry notò che c'era solo una luce interna, visibile da una finestra. La casa era di legno, e sembrava alquanto instabile: se avesse spirato solo una ventata, probabilmente l'intera struttura sarebbe stata spazzata via come un castello di carta.
    Tuttavia Piton non aveva nulla da temere: Harry lo vide avanzare con passo sicuro e deciso, così fece lui, sempre silenziosissimo.
    Era incredibile come neanche i grilli cantassero fra l'erba, e quanto freddo sentisse il ragazzo via via che si avvicinavano al rifugio, proprio al centro della Foresta Proibita.
    Harry si accostò dietro a un cespuglio, lasciando che il professore entrasse nella casa. Quando avrebbe visto la sua testa fare capolino dentro la stanza, si sarebbe rannicchiato sotto la finestra per sentire quello che stava progettando. Ma stava proprio per scattare che…
    “Ahia!” qualcuno andò a finire proprio contro di lui. Con orrore, Harry vide il mantello dell'invisibilità volare via qualche metro più in là, oltre il cespuglio. A malincuore si rese conto che avrebbe dovuto strisciare per recuperarlo.
    “Te l'avevo detto che sarebbe stato pericoloso” lo riprese proprio la persona che era gli era venuto addosso, e scoprì che era Hermione, una ciocca dei capelli cespugliosi incastrati a un ramo. “Aiutami!” imprecò, coinvolta in un' impossibile battaglia con i suoi capelli.
    “Che ci fai qui?” chiese Harry, senza capire se era felice o meno di trovarla lì.
    “Torna a Hogwarts! Non sai neanche in che guaio ti stai cacciando!”
    Hermione grugnì, mentre Harry cercava di liberarla dal cespuglio.
    “Senti chi parla!” si irritò lei, agitata. “E comunque, Harry, non potevo lasciarti da solo…insomma, ti ho visto avventurarti nel seguire Piton al Salone d'Ingresso, e ho visto molti sguardi che puntavano proprio nella tua direzione, dopo che ti sei scontrato con quel ragazzo …Non potevo permettere che ti scoprissero di nuovo, capisci, e quindi ho scagliato loro un incantesimo di memoria e li ho convinti tutti ad andare a letto e poi….Oh, Harry, ero così in pena per te!”
    Alla luce della bacchetta, Harry vide che la ragazza sorrideva timidamente, come se avesse commesso una marachella e se ne vergognasse. Harry si sentì uno stupido; e se li avessero scoperti e Hermione fosse finita nei guai con lui? Ancora una volta, non sapeva se era triste o felice che fosse con lui.
    “Io…beh, grazie…ma come hanno fatto ad accorgersi di me?” chiese, senza riuscire a sostenere gli occhi di Hermione.
    “Beh, le tue scarpe Harry. il mantello si è sollevato leggermente, e le ha mostrate…nessun altro che conosca ha un Mantello dell'Invisibilità, e una voglia matta di scoprire i progetti di Piton e quindi…beh, ho dovuto provvedere” riferì Hermione con tono pratico, anche se la voce un po' le tremava.
    Le sue mani sfiorarono per un attimo le sue, e Harry sentì il soffio di un brivido, notando come anche lui tremasse in modo così insolito, così….i loro sguardi s'incrociarono, e prima che potesse prevederlo, prima che potesse rendersi conto delle sue azioni, la baciò.
    O forse avevano avuto l'iniziativa tutti e due nello stesso momento, non sapeva neanche questo. L'unica cosa che aveva visto un attimo prima che ci fosse quello strano, umido, appiccicoso e dipendente gioco di labbra e lingua (che faceva piuttosto strano a Harry, dato che era il suo primo bacio), era che i loro occhi si erano trovati, e…era successo.
    Non sapeva se, a dire la verità, quello che stavano condividendo poteva definirsi bello, piuttosto, nuovo. Ma non gli dispiacque e, veloce come un battito di ciglia – anche se Harry aveva l'impressione che fosse durato molto di più – i due si era ritrovati a studiarsi, come se non avessero davvero mai capito chi fosse l'altro veramente.
    Il sorriso di Hermione, dapprima così timido, si allargò sulle sue labbra con soddisfazione.
    Harry invece rimase imbambolato a fissarla, perché non aveva mai preso in considerazione che potesse accadere. Lei era sempre stata una sua amica…
    “Ma a te non piaceva Malfoy?” chiese, confuso.
    Hermione annuì, gli occhi che le brillavano, ma non sembrava un granché imbarazzata.
    “Sì, beh….troppo dispendioso, non trovi?” esitò.
    Spontaneamente, anche su Harry si formò un sorriso, liberatorio e rilassato, come se si fosse sfogato.
    “Sì” fu tutto quello che disse, e pensò automaticamente a Ginny. Non poteva evitare di sentirsi male quando pensava a lei, ma allo stesso tempo baciare Hermione era stata la cosa giusta da fare, perché le sofferenze per Ginny sembravano essersi attenuate….forse baciare la compagna un'altra volta avrebbe eliminato tutto il dolore per sempre?
    I due si stavano lentamente riavvicinando, quando si sentirono dei rumori venire dalla catapecchia.
    Hermione stava per urlare, ma Harry le tappò la bocca con la mano.
    “Torna a Hogwarts” le ripeté, convinto. “Ormai io sono arrivato fin qui, devo finire questa storia una volta per tutte….”
    Hermione allontanò la mano di Harry con violenza, per poi scoccargli uno sguardo combattivo.
    “No” reagì, risoluta, “anche io sono qui. Non ti lascerò andare!”
    Altre grida. Harry doveva decidere in fretta. “Va bene” acconsentì velocemente, “ma andiamoci piano, d'accordo?”
    Harry e Hermione si avvicinarono lentamente alla catapecchia e s'affacciarono alla finestra sporca.
    Era abbastanza appannata, ma fu sufficiente ai ragazzi per vedere chi c'era dentro: Piton puntava la bacchetta contro qualcuno, che sembrava legato a una sedia. Era un omino, basso e pelaticcio, e dei grandi denti davanti gli davano l'aria di un topo.
    “Dimmi dov'è lui” ordinò Piton minaccioso all'omino spelacchiato. Questo emise un verso simile proprio a quello di un topo.
    ” Severus….ti prego…siamo stati amici una volta….tutti dalla stessa parte, eh?” fece debolmente.
    Piton grugnì, e puntò ancora più intensamente la bacchetta alla gola del prigioniero.
    “Come al solito, Minus, ti dimostri peggio di quanto ti descrivano” commentò tagliente il professore. “Non mi stupisce che ti sia infilato sotto le sottane del Signore Oscuro…ora, dimmi lui dov'è?”
    “Ma…S-Severus…” balbettò Minus. “Anche tu eri dalla mia parte, una volta…farò il bravo, Severus….ma tu devi aiutarmi…”
    Harry sentì l'odio e la sorpresa colpire nello stesso momento nel petto come tante frecce: dunque era lui il vecchio amico di suo padre, Peter Minus!
    Era lui che aveva giurato fedeltà all'intero Ordine della Fenicie, e poi li aveva traditi, rivelando il luogo segreto dove l'Ordine teneva le proprie riunioni. E poi era sgattaiolato via, così vigliaccamente….
    “Aiutarti? Non appena il Signore Oscuro è caduto, ti sei trasformato in un topo e te la sei svignata dai Weasley! E tu saresti una persona degna di coraggio e di essere aiutato? Non sei neanche in grado di tenere testa alle tue scelte” urlò quasi Piton.
    Harry detestava il professore con tutto se stesso, ma quando scoprì che il topo Crosta era in realtà proprio il vecchio amico dei suoi genitori, i sentimenti contrastanti dentro di lui presero possesso, guidati dalla rabbia. I conti tornavano: Peter Minus era un animagus, e si trasformava in un topo…proprio come Crosta, sopravvissuto anche troppo a lungo per essere un semplice roditore: infatti, Ron l'aveva ereditato da Percy….
    Subito si rizzò in piedi, bacchetta in pugno; si sarebbe vendicato, avrebbe…
    Hermione lo tirò per un braccio freneticamente. “Harry no! E' una follia! Non devono vederti!” continuava a bisbigliargli, parlando in fretta.
    “Ma io non avevo scelta!” pianse Peter, in quel modo così fastidioso e viscido che diede a Harry la sensazione di scontrarsi con una coda di topo.
    “Non mentire!” gridò Piton, facendo indietreggiare Peter sullo schienale. “So benissimo che appena il Signore Oscuro è tornato da te, tu hai avuto paura e sei tornato ad aiutarlo! Non stavi progettando questo a Hogsmeade? Non è per questo che sei fuggito da Hogwarts? Volevi andargli a riferire le notizie su Paciock su sua richiesta! È vero? E' vero?”
    “Severus…I-io sono stato costretto…” pianse di nuovo Peter Minus.
    “Non ti ho inseguito per tutta Hogsmeade per farmi sentire questo! Non- mentire- a- me!”
    tuonò il professore.
    “Tu sei cambiato, Severus….” continuò Minus, “Fai quello che vuoi…portami da Silente…sarò bravo, diventerò di nuovo un bravo topino…”
    “Per poi fuggire di nuovo? Mai!” s'impuntò deciso il professore.
    “Silente…” esitò Minus. “Non capisco proprio….”
    “Non dire quel nome come se gli avessi sempre mostrato lealtà! I motivi per cui ho deciso di stare sotto la sua ala sono affari che non ti riguardano. E ora, rispondi! Dove si trova Lord Voldemort? E quando ha intenzione di catturare il ragazzo?” tuonò il professore, ma prima che potesse dire qualcos'altro l'insegnate si voltò verso Harry, che non fece in tempo ad abbassarsi: li aveva visti.
    “Voi!” gridò la sua voce, fredda e impetuosa, come usciva dalla porta.
    “Corri!” gridò Harry a Hermione con il cuore in gola e, presala per mano, si allontanarono svelti tra gli alberi, sicuri di avere Piton alle calcagna.
    Harry e Hermione attraversarono la Foresta a ritroso a perdifiato, fino a che non giunsero quasi alla soglia degli alberi da cui si intravedeva il castello di Hogwarts.
    “E' dietro di noi?” chiese Harry, riprendendo fiato.
    “Non più” rispose lei, guardandosi le spalle con attenzione.
    Poi sembrò fissare un punto della foresta e alzò l'indice contro una parte ignota, scandalizzata.
    “Harry, guarda!” disse con un filo di voce.
    Harry seguì il suo sguardo, e vide chiaramente una sottile coda di topo che si muoveva nel prato.
    “E' fuggito!” balzò. Se quello era Minus, Piton non poteva essere tanto lontano.
    Spinto da un impeto di rabbia e vendetta, stava per seguirlo.
    Si sentiva responsabile della fuga di Minus…se solo non si fosse sporto dalla finestra, quell'essere non sarebbe fuggito….
    “No Harry! No!” gridò Hermione, fermandolo per il petto e sbattendolo contro un tronco.
    “E' vero, Minus è riuscito a scappare, è colpa nostra…. Sopratttutto tua” ammise, perché Harry la guardava abbastanza eloquentemente, “però avrebbe potuto farlo lo stesso, prima o poi. Potrebbe anche essere che sia riuscito a liberarsi prima, e abbia approfittato della distrazione di Piton per darsela a gambe!”
    “Ma non capisci?” disse Harry, sentendosi pieno di rabbia, “se non gli avessimo dato un motivo per distarlo, lui…”
    “Già, ma ora se n'è andato, Harry, e inseguendo ancora qualcuno non riparerai le cose…oltretutto lui è un topo, adesso, e questo vuol dire che può nascondersi e correre molto più facilmente e velocemente di un essere umano” osservò ragionevole Hermione.
    “Sì, ma se io….”
    “Sai cosa dobbiamo fare adesso, Harry? Avvertire Neville, subito. Se ho capito il tipo, Minus tenterà di riunirsi a Tu-Sai-Chi…ovunque sia. In ogni caso, Neville è in pericolo sempre. Dobbiamo metterlo in guardia” insisté lei, cercando di coprire le imprecazioni piene di rancore che stavano uscendo dalla bocca di Harry.
    “Sì” si arrese alla fine questo, mentre cominciava a scendere una pioggerella leggera.
    “Andiamo” disse Hermione e Harry , che le circondava le spalle con un braccio, si voltò indietro, notando come la codina di Minus s'allontanasse sempre più.

    Anonymous ha risposto 8 anni, 10 mesi fa 0 Mago · 0 Risposte
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