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L’Inizio ( 3a storia della saga Cicatrice)- parte 4
Capitolo 7
Il Cane Nero
La pioggia scrosciava oltre le finestre del castello, ma Harry non si preoccupava del semplice rumore dei lampi mentre si dirigeva a lezione di Divinazione: come poteva dimenticare tutto quello che era avvenuto soltanto due giorni prima? Cosa ancora più strana, il peso di quella vicenda gli dava la sensazione che fosse accaduta mesi, anni prima, forse per cacciare via quel senso di responsabilità che si era innestato in lui come una puntura. Sentiva che era colpa sua se Minus era scappato, e neanche Hermione aveva potuto negarlo, nonostante avesse cercato di calmarlo. Eppure Harry non ci riusciva, la collera montava dentro di lui tutte le volte che il ricordo di quella codina di topo faceva capolino nella sua testa come tra i fili d'erba della Foresta Proibita. Era sempre di cattivo umore, e non riusciva a dormire di notte: aveva sognato persino se stesso seduto stretto in un sidecar di una motocicletta volante accanto a un essere gigantesco, mentre intorno a loro esplodeva una battaglia in aria; l'emozione lo coinvolgeva, stringeva gli occhi….e la volta successiva si era visto vivere dai suoi zii, e ricevere la lettera di Hogwarts, in quella condizione così disagiata, isolata…eppure lui agiva come se non ci fosse stato nulla di anormale, nonostante avesse visto la donna bionda dal collo lungo, l'omone con i baffi neri e senza collo e loro figlio Dudley, una copia di suo padre con la testa bionda (doveva avere all'incirca la sua età ) solo in foto. Non aveva mai vissuto con loro, ma sentiva così familiare quel luogo, così vicino, così nostalgico…finché non si era svegliato nel suo letto a baldacchino, sudato, gli occhi di tutti i suoi compagni dall'aria stanca che puntavano su di lui, apprensivi.
“Tutto bene, Harry?” lo risvegliò una vocina soave nell'orecchio. Harry sobbalzò, e si trovò Luna accanto, sorridente e serena. Se solo avesse saputo tutto quello che gli era capitato…
“Io…ehm…sì” disse Harry aggiustandosi la veste nera. Luna però sembrava trovare molto più interessante quello che aveva in testa.
“Sei sicuro? Lo sai che hai metà del cappello fatta di piume di fagiano, vero?” chiese, con un tono che però, nonostante la domanda, lasciava intendere la curiosità .
Harry, imbarazzato, se lo tolse velocemente dal capo e la guardò giù di morale.
“Errore a Trasfigurazione. Dovevo trasformare un uccello in un cappello come questo, invece quello è uscito dalla gabbia e l'incantesimo ha rimbalzato. Ma credo che Hermione saprà rimettermelo a posto in fretta” spiegò, facendo spallucce.
Luna annuì, gli occhi più sporgenti che mai. “Beh, immagino di sì! Ho sentito dire che è una delle migliori del vostro anno!” osservò, colpita.
“Sì, lo è” ripose lui; poi vide che fra le braccia l'amica teneva dei libri dall'aria noiosissima e pesantissima.
“Dove ti stai dirigendo, con esattezza?” chiese poi, curioso.
“Oh…ad Artimanzia” rispose lei con semplicità .
Harry rimase quasi di stucco. “Ma non avevi Pozioni, a quest'ora?” domandò, mentre mille idee si affollavano nella sua testa; fu solo una delle sue peggiori conferme quando Luna scosse il capo, e Harry sentì il gelo infilarglisi fin dentro le ossa.
“No” disse lei sognante, “il professor Piton è di nuovo assente. In realtà , è da giovedì che non si fa vedere….alquanto insolito, non ti pare?”
“Sì…sì, molto” convenne lui, anche se non la stava ascoltando davvero.
Mente guardava Luna allontanarsi, Harry si rese conto di quante cose avesse definito 'strane' quell'anno; il solo pensiero di Piton gli faceva paura e allo stesso tempo lo faceva sentire in colpa ancora di più. Avrebbe scommesso la sua Firebolt che il professore stesse inseguendo Minus per la Foresta Proibita o per il villaggio vicino al castello.La materia che più detestava dopo Pozioni era, ovviamente, Divinazione: la professoressa Cooman, dall'inizio dell'anno, non aveva fatto altro che predire oscuri presagi per tutti, persino per Harry. Continuava a sostenere che il ragazzo avesse l'aria stralunata e non facesse parte di quel mondo davanti all'intera classe; lo guardava malissimo, con la coda dell'occhio, coprendosi tutta e borbottando parole fra sé e sé sia nelle sue ore sia quando Harry la incrociava per i corridoi. Nessuno si era mai preoccupato troppo di quel comportamento e tutti sostenevano che fosse un'impostora. Come se non bastasse, le sue lezioni facevano assopire chiunque: si svolgevano in un ambiente spazioso, arredato con bassi tavolini e pouf e poltrone molto comode, ma soprattutto aleggiava ovunque quell'odore inebriante d' incenso che rilassava i sensi.
“Ragazzi miei” disse la Cooman con tono arioso e sommo, “oggi affineremo la Vista esercitandoci ancora con le foglie di the. Ora passerò con la teiera e verserò un po' di the a tutti voi, in modo da potervi far vedere con l'Occhio cosa si cela oltre l'Apparenza!” e sembrò rivolgere la sua attenzione alla fronte di Harry, anche se lui non sapeva perché.
Poi la professoressa prese a fare il giro dei tavoli e, senza guardare Harry, versò anche a lui la bevanda. Harry insisté lo sguardo su di lei, aspettando che ricambiasse, e avrebbe anche voluto dire qualcosa; ma non gli uscì nulla da dire per attirare la sua attenzione e lei fuggì via alla sua postazione dietro la scrivania.
“Ora bevete, tutto d'un fiato!” li incitò.
La classe bevve in un sorso solo, e poi presero a esaminare i fondi delle proprie tazze.
Harry rimase incantato ancora a guardare la Cooman, chiedendosi perché mai ora gli importasse tanto che lo temesse, finché Dean, con cui divideva il tavolo, non lo richiamò all'attenzione.
Allora Harry si dedicò tutto alle foglie di the. Ma quello che vide non gli piacque: un volto di cane molto familiare sembrava esaminarlo con aria minacciosa. In seguito non seppe cosa accadde: aveva incrociato lo sguardo di Dean Thomas, poi quello della Cooman, ingrossato per via delle enormi lenti a insetto, poi gli parve di individuare il profilo di Ron, e mentre gli veniva quasi voglia d'abbracciarlo, la tazzina cadeva a pezzi…
Nella sua mente presero forma delle immagini molto veloci, ma chiarissime: si trovava in un salotto che non conosceva di una casa babbana- quella dei suoi zii babbani- e tantissime lettere di Hogwarts, gufi; una catapecchia, Hagrid il mezzo gigante che spalancava la porta, lui a Diagon Alley con quello che si rivelava essere sempre Hagrid, lui e la sua prima bacchetta, lui e Draco Malfoy da Madame McClan, e poi Hagrid lo lasciava da solo a Londra, e lui si ritrovava con uno strano respiro corto per l'emozione a essere aiutato da una famiglia con i capelli rossi, e il binario, e i gemelli Weasley che lo aiutavano a sistemare i bagagli, una strana tarantola nera sulle spalle di Lee Jordan, lui e Ron a parlare di Quidditch nello scompartimento del treno, Hermione con l'aria da saccente e i suoi dentoni, e di nuovo un litigio con Draco Malfoy, che gli tendeva insolitamente la mano…e poi gli si parò davanti una di quelle figure, e tutta la felicità se ne andò…
“Qualche problema caro?” chiese la Cooman, rivolto a lui, il viso enorme per via degli occhiali.
Lo sguardo evitava di incontrare il suo direttamente, andando da una parte all'altra dell'aula, ma lei era lì al suo tavolo, preoccupata come tutti gli altri.
Harry si domandò quanto fosse durata quella nuova visione, e si chiese se fosse stato il caso di raccontare quello che aveva visto se mai gliel'avessero chiesto.
“No io…sto benissimo, grazie” mentì, anche se non era vero, e a giudicare dai visi dei compagni anche loro lo sapevano benissimo.
“Sarai stato scioccato dalla visione di qualche oscura presenza !” sussultò la Cooman. “Qual era la figura della tazza, caro?”
“Io…un cane” rispose lui, smarrito.
Vide Ron, dietro la schiena della Cooman, aprire il libro e controllare, così come altri studenti, ma il grido spaventato della professoressa non lo rese necessario.
Fece numerosi passi indietro, la mano sul cuore. “Tu…hai visto il Gramo!”
“Il Gramo?” trasalì Harry, che anche se non aveva la più pallida idea di che cosa fosse avvertiva un alone di terrore.
“Il Gramo…detto anche 'cane nero'….chiunque lo veda morirà poco dopo istanti. È un presagio…di morte” lesse a voce alta e tremolante Seamus, e tutti rivolsero a Harry degli sguardi apprensivi, probabilmente aspettandosi che morisse da un momento all'altro.
Quando la campanella suonò, Harry si ritrovò seduto sul suo pouf, la tazzina rotta ai piedi, mentre la classe usciva di filato dall'aula senza neanche guardarlo in faccia.
Solo, si chinò a raccogliere i cocci, quando la professoressa Cooman lo fermò per un polso, guardandolo in modo piuttosto inquietante: aveva gli occhi divaricati in due direzioni opposte, e dalla bocca gli usciva un rivolo di bava.
Il battito del cuore accellerò nel corpo di Harry, ora bloccato.
“Hai visto? Hai visto anche tu, non è così? Ora lo sai? Ora lo sai?” chiese quella, quasi urlando; con orrore, Harry s'accorse che non era la voce della professoressa: era bassa e roca, innaturale.
“Cosa? Cosa devo sapere?” tremolò lui, cercando di liberarsi dalla presa della Cooman.
Tutta d'un tratto, quella sembrò riprendersi dalla trance.
“Oh, scusa, caro…hai detto qualcosa?” e, nonostante le labbra le tremassero dalla paura per averlo vicino a lei, sembrava di nuovo se stessa.
Il cuore del ragazzo però pulsava dalla paura e, senza rispondere, corse via.“Il Gramo, Harry?” esclamò Hermione; si trovavano in un'aula vuota, per avere un po' di tranquillità dato che non avevano una sala comune dove poter svolgere i loro compiti assieme.
Harry le aveva appena raccontato tutto quello che aveva visto durante la lezione della Cooman, e non le aveva neanche risparmiato quelli delle sere precedenti. Aveva bisogno del suo aiuto più che mai.
Hermione, dopo essersi ripresa dalla notizia del Gramo, lo guardò con cipiglio severo. “Harry, lo sai cosa significa, vero?” gli sussurrò quasi, parlando in fretta.
“Ma non ha senso con tutto il resto…insomma…basta che mi si rompa una tazzina e immagino un'intera vita che non è neanche la mia…” osservò lui , anche se delle ultime parole non ne era più di tanto sicuro.
“Già , ma tu mi hai detto che questi sogni ti tormentano soprattutto di notte, e non ci sono fattori scatenanti che riportino al problema, no?” constatò Hermione ragionevole, e scrollando le spalle.
“E che ne pensi del fatto della Cooman? Può darsi che lei sappia qualcosa al riguardo? È tutto l'anno che mi guarda in tralice , e proprio quando siamo da soli entra in una specie di possessione!” chiese ancora Harry, di nuovo alla carica.
Hermione strinse le labbra, imbarazzata. Harry sapeva che la ragazza non credeva nei poteri della professoressa: aveva abbandonato la classe proprio perché si era sentita chiamare secchiona e zitella davanti a tutti i suoi compagni di corso.
“Non frequento più quella materia da un mese” disse lei. “Non so cosa pensare. Da come me la descrivi, però, sembra interessante. Sei sicuro che non fingesse?”
Nei suoi occhi brillò quasi la speranza che gli dicesse di sì.
“Non ne ho idea, so solo che sembrava reale” riferì lui, “sembrava quasi che fosse a conoscenza di quello che avevo visto in quella specie di trance…”
“Non lo so, Harry” lo interruppe Hermione infastidita; evidentemente non voleva affrontare la possibilità di ricredersi. L'aveva sempre ascoltato, ma era decisamente scettica su questo tipo di cose.
Pensò automaticamente ai suoi compagni Grifondoro, al modo in cui l'avevano guardato in classe e come facevano al dormitorio, confrontandolo con l'atteggiamento di Hermione.
“La cosa che mi preoccupa ancora di più sono quelle strane figure” cambiò argomento lui. “Insomma, prima mi appaiono come Molliccio, poi nei sogni…continuano a perseguitarmi!”
L'amica sembrò riflettere di nuovo, osservandolo attentamente.
“Sì, in effetti non posso contraddirti su questo punto. Tutti abbiamo visto quanto fosse inquietante quella creatura, e in effetti devo ammettere che lo era davvero. Ma, Harry” aggiunse, e s'avvicinò ancora di più a lui, come se si trovassero in biblioteca, “ricordi il suo nome? Voglio dire, l'avrai sentita nominare almeno una volta!”
Ci dovette pensare: non era così semplice, ricordare i dettagli di quelle visioni.
Scavò nella memoria, ripercorrendo tutti gli ultimi sogni in cui aveva avuto la presenza dei…
“Dissennatori!” esclamò, come tornò alla mente la conversazione del Ministro su qualcuno rinchiuso in cella ad Azkaban.
Hermione si picchiettò il dito sul labbro inferiore, pensante.
“Mi dispiace, mai sentita” rispose, delusa, “però provvederò a prendere qualche libro in biblioteca, sicuramente c'è qualcosa scritta al riguardo! Intanto dovresti aggiornare il professor Silente sugli ultimi eventi!”
“Ci ho provato!” reagì Harry veemente all'espressione seria dell'altra, ed era vero: era arrivato più volte davanti al gargoyle, e aveva pronunciato la parola d'ordine, ma quello non si decideva a spostarsi, quindi il preside doveva essere ancora via.
Hermione si morse il labbro inferiore, gli occhi perduti altrove. Per un momento sembrò concentrarsi sul suo tema di Erbologia, ma poi ci ripensò e si rivolse di nuovo a lui, esitante.
“Sai…non so se hai letto la bacheca nell'Ingresso, ma c'è la prima gita a Hogsmeade questo sabato” disse lentamente, gli occhi che le brillavano d'insicurezza, mentre si metteva una ciocca dietro l'orecchio. “Mi stavo chiedendo se ci saremmo andati insieme”.
Harry ebbe un fremito; non sapeva perché quella proposta lo mettesse più paura del solito.
Del resto era sempre in compagnia di Hermione, giusto?
“Beh…credo che non ci siano problemi” parlò prima che pensasse davvero a quello che doveva dirle, ma troppo tardi: Hermione gli aveva regalato un enorme sorriso felice, con l'aria di chi si è levata un grossissimo peso.
“Benissimo, allora…è fatta” balbettò, un po' rossa.
Rimase con il sorriso stampato sulla faccia per tutto il resto dell'ora.
Harry si chiedeva cosa ci fosse di così difficile nell'invitare un amico alla gita al villaggio…o forse lei dava a Hogsmeade un significato che lui non capiva?
Quando si salutarono, Hermione gli diede un grosso bacio sulla guancia e scappò via nella direzione opposta alla sua. Harry si stava ancora strofinando la guancia quando nel corridoio fece capolino Remus.
“Re…professor Lupin!” esordì, cercando di non farsi notare dagli altri compagni, raggiungendolo . Poi, abbassando il tono della voce, gli chiese:
“Sei tornato?”
“Proprio ieri…devo ammettere che la Stamberga Strillante non è mai stata comoda” gli bisbigliò Remus in risposta, con un sorriso. L'amico dei suoi genitori era stato assente due giorni per via della luna piena. “A dire la verità , ti stavo proprio cercando” aggiunse.
“Davvero?” chiese Harry, curioso.
“Sì” rispose Remus, e si guardò le spalle con circospezione. “Ti dispiace se ti rubo cinque minuti?”
“No, figurati” rispose Harry allegramente.
“Bene…ci troviamo un'aula tutta nostra, eh?” disse l'amico, e quando s'affacciò alla prima libera la chiuse dietro di loro con un tonfo deciso.
Poi guardò Harry intensamente, e l'espressione mutò.
“Allora, non sono uno che perde tempo, quindi arriverò subito al punto” disse, serio.
“So che Piton ha perso Minus per causa tua”.
Harry non poté fare a meno di provare un leggero rimorso nell'averglielo ricordato.
“Sì” affermò, rancoroso.
Remus, nonostante avesse palesemente intuito i sentimenti di Harry, non s'addolci.
“Ti rendi conto che è gravissimo? Posso sapere cosa diavolo ti fosse saltato in quella testolina? Perché seguire Piton, eh? A cosa ti serviva? Sono molto, molto sorpreso dal tuo comportamento. Ero sicuro che fossi una persona equilibrata, visto che sei cresciuto con i tuoi genitori. E invece guarda” tirò fuori dalla cartella posata sul tavolo due rotoli di pergamena e li gettò davanti al ragazzo con un gesto brusco.
“Queste sono le lettere dei tuoi genitori, Harry. Pensavi che non lo sarebbero venuti a sapere?” aggiunse, notando l'espressione ferita del ragazzo.
“Sono dei vecchi membri dell'Ordine, per queste cose tutti ci teniamo in contatto. E indovina un po', mi hanno incaricato di tenerti d'occhio. Anche loro sono stupiti dal tuo comportamento”.
“Ma io volevo sapere…” tentò Harry, ma non funzionò.
“Cosa? Che cosa, precisamente? Cosa faceva Piton? Perché fuggiva di notte dal castello? Non ti è venuto in mente che poteva essere un'operazione segreta per Silente? Ma no, ovviamente no!” lo riproverò ancora Remus.
Harry si morse il labbro; stava per rispondere che aveva già parlato di questo con il preside, ma non lo fece.
“Dammela” esordì poi l'altro, sorprendendolo.
“Darti cosa?” chiese Harry, un po' brusco.
“Non fare lo stupido” lo incalzò Remus, “la Mappa del Malandrino. Lo so che ce l'hai. Te l'ha data Frank, non è così? È in questo modo che sei uscito dalla scuola. Ora consegnamela”.
Harry, riluttante, la tirò fuori e gliela ficcò in mano violentemente.
“Molto bene” fece Remus, arrabbiato, dando delle bottarelle alla tasca dove aveva messo la Mappa al sicuro. “Ora vai. E ricordati che ti tengo d'occhio”.
Post Unito in automatico!
Capitolo 8
LA GITA AD HOGSMEADE
Il sabato arrivò prima che Harry potesse aspettarselo. Si era svegliato presto e, dopo essersi lavato, vestito e aver fatto colazione, incontrò Hermione nel Salone d'Ingresso.
Si era vestita carina, i capelli cespugliosi legati in una treccia e un sorriso luminoso che si allargò ancora di più quando lo vide.
Harry deglutì: perché si sentiva così imbarazzato?
“Ciao Harry” fece lei, tentennante.
“Ehi là ” esordì lui, cercando di restare calmo.
Hermione si guardò intorno, poi si rivolse di nuovo all'amico. “Beh…allora andiamo?”
“Sicuro” disse Harry, e i due uscirono di filato dal Salone d'Ingresso e attraversarono i giardini.
La brezza fresca di ottobre gli scompigliò ancora di più i capelli e gli appannò leggermente gli occhiali: per la via, Harry vide che le foglie avevano preso un colorito dorato e rossiccio, decorando le chiome deli alberi e distendendosi sul prato dei confini di Hogwarts.
Lungo il sentiero che portava ai cancelli, tra i due amici regnò il silenzio; per la prima volta, Harry non riuscì a trovare qualcosa da dire. Non che non mancassero le argomentazioni: aveva provato per il resto della settimana a entrare nell'ufficio di Silente, senza successo; Piton non era tornato; e come se non bastasse, Harry continuava a sognare il suo primo anno a Hogwarts… forse avrebbe potuto dirle di Remus, ma si sentiva insicuro, perché questo sarebbe potuto sbucare da un momento all'altro perché lo teneva d'occhio.
Allora si disse che, se mai l'avesse fatto, sarebbe stato in luogo caldo e chiuso, lontano da occhi indiscreti.
Hermione si limitò per un pò a camminare accanto a lui. Sembrava in soggezione per qualche motivo.
I due oltrepassarono le porte di Hogwarts, percorrendo la strada che portava a Hogsmeade.
“Chissà com'è il villaggio” prese parola Hermione “non ho mai visto un'intera zona abitata dai maghi…solo a Diagon Alley”.
“Eppure sei stata anche in Francia” osservò Harry, contento che la ragazza avesse avuto l'iniziativa. “Non ci sono molto maghi, lì?”
Hermione fece un breve sorriso. “Oh, beh, sì” annuì lei, sciogliendosi un po' di più, “ma sono stata con i miei genitori, sai, nella parte babbana. E da quello che ho potuto vedere, i maghi si nascondono un po' meglio che qui”.
Sulle prime Hermione si era dimostrata più insicura del solito, forse perché non era abituata a trattare temi diversi dalla pietra filosofale o da un Basilisco che si agitava dentro il corpo di una ragazzina di undici anni.
E anche a Harry fece uno strano effetto: il fatto di parlare di altro lo faceva distrarre dalle sue preoccupazioni, e non pensò a Minus, Piton, e neanche alla possibilità di essere seguito nemmeno per un secondo, il che era un sollievo.
Presto girarono per i Tre Manici di Scopa. Harry aveva scelto quel pub perché era l'unico che in realtà conosceva; aveva appena allungato la mano sulla maniglia che Dean, Seamus e Colin Canon uscirono spalancando la porta.
Dopo un attimo di esitazione Harry e Hermione entrarono, e il ragazzo fu colpito come un fulmine.
Il locale non era grandissimo, ma era pienissimo, molto di più di quanto si fosse aspettato; notò che le persone che lo riempivano per la maggiore erano studenti che avevano unito più tavoli per stare vicini, così da stare tutti appiccicati e da mettere in difficoltà il resto della clientela che passava a fatica.
“Laggiù c'è un posto libero” disse Hermione e, afferratolo per mano, lo condusse a un tavolo tondo in fondo, si sedettero e ordinarono due burrobirre.
Per un lungo istante si guardarono, e Harry si rese conto solo allora di avere le palpitazioni. Non capiva il motivo per cui fosse così emozionato mentre si studiavano a vicenda, e sul viso dell'amica comparivano due chiazze rosse.
Poi la mano di lei prese la sua, e anche lui si sentì avvampare.
Harry era stato solo colto alla sprovvista, ma evidentemente Hermione aveva interpretato la sua resistenza in un altro modo, e la ritirò subito. Il suo volto divenne viola e abbassò lo sguardo dalla vergogna.
“Sai Harry stavo pensando” parlò in fretta, come se volesse cancellare quel momento d'imbarazzo, “che avrei una teoria per quelle nuove visioni”.
“Beh, spara” la invitò Harry, che si sentiva le guance bruciare.
“Credo che tu stia vedendo quelle cose per via dei ricordi che hai ingerito” rispose semplicemente lei.
Harry trasalì, e le lanciò uno sguardo tutto occhioni. “Vuoi dire che le cose sono strettamente collegate?”
“Sì” rispose Hermione, facendo spallucce. “Non c'è altra spiegazione. Onestamente, credo che Silente ti stia tormentando nel modo più fastidioso per fare in modo che tu capisca quello che vedi, come se… dovessi rimettere in ordine i pezzi. Anche se non capisco perché ti sogni all'età di undici anni”.
“Credo che tu abbia ragione” convenne Harry, e un moto di rabbia e delusione sorse di nuovo in lui; si costrinse a guardare altrove. “Silente non ha mai osato spiegarmi niente di quello che mi sta facendo; per giunta, con tutto quello che mi sta capitando, se n'è andato” e bevve un lungo sorso di burrobirra per cancellare l'astio di quel pensiero.
Vide con la coda dell'occhio Hermione fissarlo incantata, ma poi scosse il testone cespuglioso.
“Neanche a me piace quello che sta facendo Silente” commentò con un sospiro, “ma continuo a credere che se non sta ritornando, vuol dire che si sta occupando di qualcosa di veramente importante” .
“Lo spero proprio” sbottò lui, con un punta di sarcasmo “perché se non lo è altri….”
Harry si bloccò; aveva visto una cosa che avrebbe preferito passasse inosservata ai suoi occhi.
Ginny e Neville erano entrati nella locanda e si erano accoccolati proprio a un tavolo lì vicino, ben visibili dalla postazione di Harry. Lo stomaco prese a fargli le fusa, ma ignorò il richiamo, e spaziò lo sguardo da un'altra parte, accorgendosi che quel giorno non erano le uniche coppie in sala:poco distante, vi era una ragazza dai tratti orientali un po' più grande di lui che stava amoreggiando con un ragazzo del suo stesso anno.
Hermione seguì lo sguardo di Harry, ma al contrario di lui quando si girò di nuovo non sembrò così tanto a disagio.
Piuttosto, la sua mano si tese ancora su quella di Harry e questa volta lui non la rifiutò, e la strinse. Non sapeva bene quali fossero i suoi sentimenti, ma di certo guardare Ginny e Neville era uno spettacolo raccapricciante; continuava ad avvertire una nota stonata in quel tipo di rapporto, ma evitò di farlo presente a Hermione.
“Quanto meno non è come da Madama Piediburro” grugnì lei, lo sguardo basso, prima di sorseggiare un po' di burrobirra.
A Harry venne un sorriso spontaneo. “Allora non è vero che non sai com'è Hogsmeade” la rimbeccò, divertito.
Hermione gli rispose con un timido sorriso, e i suoi occhi incontrarono quelli di lui.
“Ho sfogliato solo qualche guida” protestò, con lo stesso tono di Harry.
Harry rise; sapeva ormai da tre anni che quel tipo di risposta valeva a dire che ne aveva lette almeno quindici.
“E comunque, quel posto è davvero orribile, con tanti tavolini tondi e dei coriandoli che ti sparano in faccia nel momento in cui si sta per…” cominciò a descrivere, ma prima che potesse terminare la frase Harry le aveva rubato un bacio, approfittando dell'attimo in cui Neville si era guardato le spalle.
Hermione lo fissò, gli occhi spalancati e tutta rossa in viso, colta di sorpresa; intanto, Neville tornò di nuovo su Ginny.
“Harry, ma…?” provò a dire, scioccata.
“Usciamo un po', ti va?” chiese l'altro, che non avrebbe saputo come giustifarsi di quel gesto.
“Oh, beh…d'accordo” assentì Hermione, presa alla sprovvista dal comportamento di Harry.
I due pagarono al bancone e uscirono dal locale, e fecero un giro per High Street: visitarono l'Emporio di scherzi di Zonko, dove incontrarono Ron con i due gemelli e Lee Jordan, e poi per volere di Hermione, al negozio di piume Scrivenshaft, dove si vendeva tutto il materiale possibile e inimmaginabile per scrivere: Harry studiò con curiosità una boccetta d'inchiostro multicolore, ma la ragazza lo trascinò via prima che potesse anche pensare d'acquistarla.
Harry però non riusciva a togliersi dalla testa quello che aveva visto ai Tre Manici di Scopa: quelle persone, che si guardavano così intensamente….e lui, come aveva baciato Hermione non appena Neville si era girato verso di loro, così impegnato con Ginny….quel modo di stringersi le mani, la vicinanza dei corpi, l'avevano fatto riflettere su cosa voleva veramente, e se baciare Hermione implicasse una qualche sorta d'impegno.
Camminarono per tutta la via, e mentre passavano davanti a Mondomago Harry vide con la coda dell'occhio che la ragazza lo scrutava ogni tanto, in silenzio, la solita parlantina messa a tacere: era evidente che quello che aveva fatto nella taverna l'aveva spiazzata.
Harry continuava a chiedersi cosa fosse adesso il loro rapporto; perché notava di più i suoi occhi, le sue labbra, le sue movenze, mentre prima non aveva mai fatto caso a questi dettagli?
Giunsero fino alla Stamberga Strillante, dove rimasero per qualche momento senza sapere cosa dire.
“Sai che si dice che sia il posto più infestato di fantasmi della Gran Bretagna?” chiese lei, prendendo l'iniziativa.
Harry notò come lo osservasse, aspettando che gli rispondesse.
“Lo so” disse lui. Avrebbe voluto raccontarle della licantropia di Remus, ma era un segreto, che aveva nascosto anche a lei.
E poi si sentiva esplodere, il dubbio che gli prudeva ferocemente, ma allo stesso tempo sentiva che non doveva chiederlo, per paura di ottenere un rifiuto, e perché si vergognava.
Ci voleva solo questo! Sentirsi in difficoltà davanti a Hermione, l'unica amica che aveva, ormai.
Hermione si strinse nella sua giacca leggera, come se stesse aspettando il quesito.
Harry attese, le gambe che gli tremavano. Non sapeva cosa fare, se aiutarsi prendendole la mano come aveva fatto al pub e domandarglielo, oppure se continuare a fissare la sbilenca struttura della Stamberga Strillante fingendo che gli interessasse davvero.
“Hermione, noi stiamo insieme?” le parole gli uscirono prima che potesse controllarle, esattamente come quando aveva accettato di andare a Hogsmeade insieme.
Era come se la ragazza non avesse aspettato altro: alzò gli occhi su di lui, e sul suo viso apparve un timido sorriso.
“Non ne ho idea….se tu lo desideri, sì” rispose, con tono sommesso.
Harry le sorrise, pieno di disagio. Non pensava che fosse così difficile: non aveva messo in conto quello che voleva realmente lui; se Hermione gli avesse semplicemente dato un responso positivo, non ci sarebbero stati problemi.
Ma lei era disponibile a fare coppia….cos'era quella che provava, allora, paura?
“Beh….va bene” deglutì, alla fine.
“Oh, d'accordo!” disse Hermione un po' più allegra e sollevata. “Vuoi andare verso la Stamberga Strillante?”
“No” rispose Harry. “Torniamo al castello? Sono stanco di girovagare”.
Hermione fu d'accordissimo, e insieme risalirono la strada principale.
Quando la ragazza gli prese la mano la intrecciò nella sua, cercando di imitare il più possibile quello che aveva visto fare ai Tre Manici di Scopa.
I due ripresero a chiacchierare serenamente, indicando qua e là questo o quel negozio, promettendosi l'un l'altra che ci sarebbero tornati insieme il mese successivo.
E poi Harry sentì un pop venire dall'angolo, e le risate si frenarono.
“Harry, che succede?” gli bisbigliò Hermione, vedendolo in difficoltà .
“Io…nulla” mentì, anche se un'orribile sensazione gli si era insinuata nello stomaco. “Andiamo avanti”.
I ragazzi continuarono a camminare, quando mancarono per poco un incantesimo.
A Hermione sfuggì un grido, guardandosi intorno, spaesata.
“No ti prego! Ci lasci in pace…noi siamo solo maghi, non possiamo aiutarvi…non possiamo, vi dico! Aargh!” gridò una voce da dentro i Tre Manici di Scopa.
“Vieni, allontaniamoci da qui” gli disse lei, trascinandolo per un vicolo.
Il cuore di Harry prese a battere forte mentre si sporgeva per vedere quello che succedeva nella strada: c'era una vera e propria ribellione dentro i negozi. Harry poteva sentire le urla e intravedere i vari stralci di incantesimi che si riflettevano sul vetro dei locali; stava per andare in loro soccorso, quando la ragazza lo afferrò per la veste.
“No, Harry! Rimaniamo qui, è più sicuro!” gli gridò, allarmata.
Il panico prese in pochissimo tempo possesso dell'intero villaggio: molti studenti uscivano gridando e strappandosi i capelli diretti verso Hogwarts, così come molti maghi e streghe correvano nascondendosi nelle proprie case.
Uno dei negozi all'angolo parallelo a loro prese fuoco, le vetrate si ruppero.
Harry era sicuro di aver intravisto un piede di qualcuno che stava per scappare dalla finestra, e che invece era stato portato di nuovo all'intero, mentre grida e risa malate si udivano nettamente sulla strada. Con il fiato mozzato, vide che la porta di uno dei locali – una grigia taverna in cui Harry non era entrato, chiamata Testa di Porco- si spalancò di botto e cadde a terra con un tonfo sommesso. Sulla soglia apparvero delle persone in maschera che tenevano per i capelli un uomo dalla barba lunga e bianca, alto e slanciato: assomigliava moltissimo a…
“Silente?” mormorò Hermione a Harry, trattenendo il respiro. Anche lui dovette sbattere le palpebre un paio di volte prima di accorgersi che non era possibile, anche se ci somigliava moltissimo. Aveva anche un'insolita aria familiare…
“Che sta succedendo?” aggiunse poi, rivolto a nessuno in particolare. Stavano avanzando, lungo High Street, un altro gruppo di persone mascherate che, con un solo gesto della bacchetta, faceva saltare in aria chiunque fosse nei paraggi.
Harry si stava giusto chiedendo chi fossero, quando Hermione si tappò la bocca, gli occhi sbarrati dall'orrore.
“No…non può essere….” Esclamò, alzando un po' il tono di voce. Gli rivolse uno sguardo terrorizzato. “Harry….sono i Mangiamorte! I servi di Tu-sai-chi!”
Harry sussultò. “Ma come è possibile? Loro….”
Hermione trattenne un respiro, e poi Harry avvertì qualcosa pungergli la schiena.
“Eccovi qui, ragazzi! Vi stavate nascondendo, eh? Ma adesso abbiamo finito di giocare….”
Ringhiò una voce dietro di loro. “Ora camminate, lentamente, e non cercate di ribellarvi: chissà quali altre cose potrebbero accadere…”
Certamente aveva visto Harry tastarsi per tirare fuori la bacchetta, ma quella non c'era. Così guardò Hermione, e lesse riflessi negli occhi i suoi stessi pensieri: suppose che il Mangiamorte le avesse sfilate ad entrambi per poi attaccarli di soppiatto.
Harry e Hermione sbucarono sulla strada; c'era puzza di fumo e una nebbia fitta che rendeva i contorni degli altri adepti di Voldemort molto sfocati.
Una cosa però fu chiara ad Harry, e subito i peli gli si rizzarono lungo le braccia quando la vide: il simbolo del Marchio Nero era stato invocato sopra il castello di Hogwarts. Quanti altri danni avevano arrecato alla scuola?
Lungo la strada principale, tenuti bloccati dalle braccia dei Mangiamorte, oltre all'uomo simile a Silente, Harry notò con terrore crescente i capelli rosso fiamma di Ron, la figura esile di Luna e Ginny, oltre agli altri corpi svenuti o morti inutilmente, stesi ai piedi dei negozi.
Spaziò lo sguardo, ma con suo grande orrore si accorse di come i Mangiamorte avessero trasformato il villaggio: Hogsmeade sembrava l'inferno, e nessuno era stato in grado di porgli fine.
Harry, spinto dal Mangiamorte dietro la schiena, cadde a terra sulle ginocchia, così fece Hermione.
Incrociò gli sguardi pieni di paura di Ron, di Luna, per la prima volta realmente presente, e Ginny, tutti e tre senza capire quello che stava succedendo.
Uno dei Mangiamorte dietro i ragazzi avanzò verso Harry e Hermione, chinandosi e esaminandoli come se fossero topini da laboratorio.
“Ben fatto, Greyback” si complimentò quello che Harry riconobbe per Lucius Malfoy.
“Dove li hai trovati?”
“Oh, è stato facile, signor Malfoy” rispose l'altro, ridendo divertito in modo animalesco. “Si trovavano dietro il muretto a origliare….ma io li ho scovati, eh già ….Sono piuttosto giovani, e…”
“Basta Greyback, dai freno alla tua fame!” lo interruppe qualcuno degli altri Mangiamorte.
“Loro ci servono, per il momento….se mai però diventassero un peso, allora potrai soddisfarti….”
Il cuore di Harry pulsava di sangue, mentre vedeva riflesse negli occhi degli amici puro terrore: nessuno di loro aveva l'intenzione di essere mangiato.
“Devo ammettere che Minus ha fatto un buon lavoro, indicandoci esattamente l'identità delle persone da prendere…peccato che Bellatrix abbia voluto distruggere mezza Hogsmeade e Hogwarts prima di rapirli!” beccò una voce fastidiosa e stridula, che Harry intuì provenire da una donna bassa e tozza non molto distante da Lucius Malfoy.
“Come osi? Il Signore Oscuro avrebbe voluto questo! Creare confusione affinché noi potessimo rapire il ragazzo!” ribatté una donna isterica, che era sicuramente Bellatrix.
“Non importa” mediò Lucius Malfoy, “nonostante alcuni…fuori programma, abbiamo raggiunto il nostro obiettivo: rapire le persone più vicine a Paciock. Sono sicuro che Silente abbia architettato un piano di protezione, e ovviamente sono stati coinvolti anche i suoi stupidi amichetti”.
Prima che potesse continuare, fu spintonato da Bellatrix, che in modo folle puntò la bacchetta contro Ron, Luna, Ginny e infine su Hermione e su Harry.
“Ora faremo a modo mio!” decise questa, prima di ridere senza motivo.
“Il Signore Oscuro sarà così fiero di me! Dove è Paciock, dov'è?” gridò, abbassando e alzando istericamente il tono di voce, mentre la bacchetta finiva contro il collo di Harry.
“Parla!” urlò lei, rivolta adesso direttamente al ragazzo. “Parla, o lo dirai direttamente al Signore Oscuro!”
Harry rimase immobile. Aveva paura e non aveva la bacchetta con lui, quindi non avrebbe potuto attaccarla.
Poi la donna scoccò la bacchetta, e lunghi serpenti fuoriuscirono, legandolo stretto alle braccia, le mani e il collo, così forte che Harry non riuscì a trattenere gemiti di dolore. “Dimmelo, ho detto!” insistè lei.
Harry sentì Hermione piangere, e non poteva sopportare anche i suoi singhiozzi.
Non vedeva l'espressione dietro la maschera di Bellatrix, ma era certo che avesse gli occhi fuori dalle orbite; poi la strega alzò la bacchetta, furiosa, mormorando:
“Avada…”
“Va bene, va bene, glielo diremo!” singhiozzò Hermione. “Ma vi prego, dopo ci lascerà in pace? Noi vogliamo solo tornare a casa!”
Tutti la guardarono, Harry compreso; aveva tentato un gesto disperato, ma sapeva che avrebbe mentito: nessuno di loro sapeva dove fosse scappato Neville, figuriamoci lei.
“Ragazzina!” gridò con forza Bellatrix, puntandole la bacchetta contro, e l'incantesimo che tratteneva le braccia di Harry si sciolse. Per compensare alla rottura del sortilegio, la Mangiamorte afferrò il collo del ragazzo come se fosse un pollo da sgozzare, probabilmente presupponendo che fosse una minaccia migliore.
A quella vista, Hermione pianse ancora di più, e non fu in grado di parlare.
“E' nella Stamberga Strillante” l'aiutò Ron, e subito fu lasciato andare dal Mangiamorte.
Bellatrix sembrò confusa solo per un secondo, il suo sguardo che andava da Hermione a Ron.
In quel preciso momento sembrò perdere ogni interesse per Harry e lo fece cadere a terra come se fosse una bambola di pezza.
“Bene” dichiarò, ora rivolgendosi a Ron con un sogghigno. “Un Weasley, non è così? Eri il padroncino di Minus, non è vero? Chissà quante volte gli hai fatto le coccole” La voce scimmiottava follemente un tono dolce e pieno di compassione, scatenando l'ilarità fra i Mangiamorte. “Conducici lì. Adesso!”
“D'accordo” deglutì Ron, e si vedeva benissimo che cercava di mantenere il controllo: la bugia era fin troppo grande, e Harry sapeva che sarebbe finito presto nei guai.
“Allora…vi faccio strada…”
Nel buio, la bacchetta di Bellatrix volò via dalle mani della padrona. “Chi è che ha osato Disarmarmi? Si faccia avanti!” invitò minacciosamente lei, muovendo di scatto la testa a destra e a sinistra.
“Noi” gridò una voce che Harry ben conosceva: era Silente e, quando si girò per controllare, vide che non era solo: era sbucato esattamente dall'angolo dove lui e Hermione erano stati scoperti; il preside era venuto con metà dell'Ordine della Fenice, i suoi genitori, Remus e Sirius in prima fila.
Bellatrix rise follemente. “Voi? E come pensate di fermarci? Come pensate solo di ostacolare il Signore Oscuro….?”
“Taci!” gridò Silente stendendo a terra Bellatrix con un solo colpo di bacchetta, in modo autoritario e temibile. In quel momento Harry gli fu così grato che tutta l'ira che aveva provato in quei giorni sparì in un lampo.
“Lasciate in pace quei ragazzi!” intimò poi, determinato. “Fino a prova contraria, sono sotto la mia stretta sorveglianza!”
Lucius Malfoy rise, avanzando verso Silente. “Oh, beh, davvero? Peccato che tu non sappia controllarli a dovere, dato che ora sono qui!”
“Credo che abbiate preso un granchio” commentò il professore, tornando ai suoi modi gentili.
“Vedete, l'unico che sa dove si nasconde Paciock in questo momento, sono io”.
“Allora non c'è più bisogno che rimangano in vita!” disse uno dei Mangiamorte, quello grosso che teneva fermo Ron, riprendendo il prigioniero e puntandogli la bacchetta alla nuca.
“Non toccare mio figlio, imbecille!” si fece avanti una donna dal gruppo dell'Ordine, che doveva essere la madre dei Weasley. Prima che Harry potesse notare la sua figura grassoccia, l'incantesimo colpì il Mangiamorte che teneva fermo Ron, e cadde stecchito sulla strada.
Fu un attimo: quando Harry aveva afferrato il braccio di Hermione, le due fazioni cominciarono a duellare, confondendosi l'una con l'altra, e lui si trovò da solo.
Dalla gran confusione uscì Sirius, seguito da Ron e Hermione e, preso per le spalle Harry, lo mise da parte in un vicolo cieco.
“Prendi i tuoi amici e vattene” ordinò, senza tanti preamboli.
“No” rispose risoluto Harry, che stava osservando la situazione oltre la spalla del padrino: la battaglia infuriava fino all'ultimo sangue, e quando vide i suoi genitori e gli altri membri dell'Ordine della Fenice in difficoltà , aveva sempre meno voglia d'abbandonarli. “Io rimango qui”.
“Harry ti prego!” insisté Sirius. “Fallo per me. Per noi. Per tua madre e tuo padre. Loro desiderano quanto me che tu sia al sicuro.”
Harry posò gli occhi su di lui: il volto di Sirius era già segnato e stanco.
“Va bene” acconsentì, senza alternative. “Che devo fare?”
“C'è uno stivale alla fine della strada principale. È una passaporta, usala. Ti porterà al sicuro!” rispose Sirius, e dopo avergli fatto un cenno di saluto s'unì agli altri.
“Dove?” gridò Harry, disperato.
“Fidati di me” gli urlò Sirius, e poi fu irriconoscibile nella folla.
Ron e Hermione si scambiarono un'occhiata, esattamente come quella che vedeva nei sogni. “Harry, dobbiamo farlo. Cerchiamo Luna e Ginny” disse lei, nervosa.
Il ragazzo tastò la tasca, e poi s'illuminò.
I tre, coperti dal Mantello dell'Invisibilità , si fecero largo fra i Mangiamorte, e proprio quando sembrava che Ginny e Luna fossero sparite nel nulla, le trovarono che combattevano contro un Mangiamorte biondo.
Non appena passarono loro accanto, le trascinarono sotto il Mantello, mentre Ron le difendeva tirando all'assalitore un bel pugno sul naso.
Il gruppo allora fuggì dalla zuffa, e corsero a per di fiato lungo la via, sempre più lontani dalle grida.
Quando giunsero nel punto indicato, però, Harry s'accorse che lo stivale non c'era.
“Oh no!” si disperò Hermione. “E adesso che facciamo? L'avranno usato i Mangiamorte…”
“Io non credo” la corresse Luna, che si era affacciata su un tombino poco distante. “E' quello laggiù, o sbaglio?”
Harry e gli altri si avvicinarono, e seguirono lo sguardo dell'amica: sotto il tombino, c'era proprio la passaporta che cercavano.
Ancora nessuna risposta. Inizi tu?
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