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  • Elaborati di Dicembre

    Posted by Anonymous on Dicembre 15, 2018 at 2:39 pm

    SARAH
    Categoria 1: C
    Categoria 2: A
    Categoria 3: B
    – «aggiungi qualche lucina su» disse Clara alla sorella Cecilia.
    – «non mi seccare» sbuffò quest'ultima che come al solito aveva un carattere acido. Poi continuò a leggere un libro che aveva in mano.
    Clara fece spallucce e aggiustò le lucine da sola: voleva che tutto sarebbe stato fantastico in quel Natale che era tra un paio di giorni. Aveva addobbato praticamente tutta la casa e riempito l'albero di palline colorate, il tutto senza magia dato che era ancora minorenne e non poteva usare la bacchetta magica fuori da Hogwarts. Si mise a contemplare la sua opera soddisfatta quando si aprì la porta di casa.
    – «ciao mamma» disse con voce annoiata Cecilia continuando a leggere il suo libro. Clara fece un po' di contorzionismo con la testa per leggere il titolo del libro ma Cecilia con un gesto brusco lo spostò dall'altro lato.
    – «ma che brave, avete sistemato proprio tutto» esclamò la madre che si chiamava Alessandra.
    – «veramente ho fatto tutto io» obiettò Clara «Cecilia ha letto tutto il tempo quel suo libro»
    – «ah che leggi di bello?» chiese Alessandra a Cecilia che non rispose, e se ne andò in camera senza dire nulla.
    – «bah, chi la capisce è bravo…» disse Adam il padre che era entrato in quel momento.
    Clara corse dietro alla sorella ma lei le sbatté la porta in faccia.
    “Vorrei tanto sapere cosa stava leggendo” pensò Clara tornando in salotto.
    Quella sera Cecilia era più scontrosa del solito e si alzò da tavola da sola per rifiondarsi in camera sua. Quando Clara guardò dallo spioncino vide che la sorella leggeva. Lei amava molto i libri e sapeva che la sorella odiava leggere così decise di scoprire qual'era il libro che era riuscito ad appassionare anche a lei.

    Quella notte si alzò e camminando in punta dei piedi arrivò alla soglia della camera della sorella. Respirò profondamente e abbassò la maniglia che scricchiolò, poi entrò nella stanza. Guardò nel letto e…. Non vide nessuno. Dove si era cacciata Cecilia?
    Uscì in silenzio e vide un ombra vicino all'albero di Natale! Piena di paura andò in camera e si nascose sotto le coperte, poi per la stanchezza si addormentò.
    Il giorno dopo aveva capito che l'ombra sotto l'albero era Cecilia: era troppo ovvio. Piuttosto si chiedeva cosa ci faceva la sorella di notte fonda vicino all'abete decorato. Si era messa ad osservarlo durante il giorno ma era completamente normale. Così quella notte si alzò di nuovo per vedere cosa faceva la sorella. Come la notte prima non la trovò nel letto così zitta zitta andò in salone e la vide vicino all'albero. Faceva dei rumori strani come “squirk-squork” e Clara non ce la fece a non ridere.
    Cecilia si alzò di scatto e sussurrò con rabbia: «cosa ci fai alzata a quest'ora della notte??»
    – «senti chi parla» esclamò a bassa voce Clara «da quanto tempo che stai vicino a quest'albero di notte?»
    – «un mese» ammise Cecilia «ma ti posso spiegare… Siediti ti dirò tutto»
    Clara si accomodò e stette ad ascoltare.
    – «un mese fa, a Hogwarts, stavo nella Foresta Proibita, lo so che è vietato ma nessuno ci fa più caso ormai…» cominciò Cecilia.
    Clara si mise a ridere sottovoce. Intanto Cecilia continuò.
    – «la ho trovato un cucciolo di Porlock. Era ferito, e l'ho curato dopo le lezioni, nascondendolo nel dormitorio. Solo che per le vacanze non potevo lasciarlo la così me lo sono portato a casa. Mamma e papà odiano gli animali, l'ho dovuto fare di nascosto. L'ho messo nel vaso dell'albero, stava buono e lo nutrivo. Quel libro che leggevo era su come nutrirlo e curarlo»
    – «bello» esclamò Clara «ti posso aiutare?»
    – «prometti di non dirlo a nessuno?» chiese preoccupata Cecilia.
    – «si» disse solennemente Clara «lo prometto…»

    GinevraLovegood
    Categoria 1: Opzione A
    Categoria 2: Opzione C
    Categoria 3: Opzione B
    Un lieve rumore di campanelle.
    “Neville! Alzati, Neville!” la voce della nonna lo chiama dalla cucina.
    Passi, passi, passi, scalpiccio di piedini da cucciolo sul pavimento di marmo.
    “Nonna, ma anche Merlino festeggia il Natale?”
    Uno sbuffo malcelato unito a una risatina.
    “Sì, Neville, sì anche Merlino. Finisci il tuo succo, dobbiamo andare”
    Il rumore fastidioso del risucchio della cannuccia.
    “A vedere mammapapà?”
    Il viso diventa un po’ più rugoso, sembra quasi un sorriso.
    “Mamma E papà, Neville” corregge la nonna.
    Neville finisce il succo e, obbediente, prende per mano la sua nonna. Camminano: alti edifici, ponti, il Tamigi sullo sfondo. Neville beve con gli occhi ogni cosa: per lui, quello è il giorno più importante dell’anno.
    “Nonna, ma perché la tua borsetta è rossa?” domanda, dondolandosi.
    Le domande dei bambini sono sempre strane. La nonna non sa bene cosa rispondere. Se risponde “mi piace il rosso”, allora il bambino le chiederà perché non ha borsette di tutti i colori che le piacciono.
    “Perché…” esita, cercando una ragione plausibile. Perché diamine si è comprata una borsetta rossa?
    “Vediamo… Perché il rosso è il colore del Natale” dice alla fine. Il bambino sorride, poi si ferma a pensare.
    “Quindi tutte le cose rosse sono rosse perché il rosso è il colore del Natale?” domanda Neville. La nonna si stupisce di non esserselo aspettato. Non capisce bene dove quel bimbo paffuto e malinconico voglia andare a parare. Ancora una volta, Augusta non sa cosa rispondere.
    “Sì. Tutte le cose rosse sono rosse perché il rosso è il colore del Natale” risponde alla fine, rassegnata alle prossime duemila domande.
    Ma Neville ora tace. Camminano ancora un po’ mano nella mano, e poi arrivano a un magazzino abbandonato. La nonna guarda il nipote, ma non c’è neanche una piccola traccia di paura nel suo sguardo.
    Augusta Paciock si guarda intorno: non c’è nessuno.
    “Entra dalla finestra, vai” sussurra, prendendo Neville in braccio e facendolo attraversare la barriera magica. Lo segue subito dopo, lanciando un’ultima occhiata alla strada deserta.
    L’atrio è ordinato e grande. Neville cammina vivace, ormai la mano della nonna non gli serve più. Augusta non è sicura di aver mai voluto un nipote che si sentisse così a suo agio in un ospedale. Sospira. Non dovrebbe essere così.
    Al bancone, l’infermiera sorride a entrambi: “Buon Natale!” trilla, contenta di vedere Neville. “Come stai, ometto? Oggi ho una cosa speciale per te” dice abbassando la voce, poi si volta e scompare.
    Neville e la nonna attendono.
    “Nonna, ma quindi la mamma ha il vestito rosso perché il rosso è il colore del Natale?” riprende lui, come se non fosse passata una buona mezzora dalla fine del discorso.
    “Sì, tesoro, la mamma ha una vestaglia rossa perché il rosso è il colore del Natale. E il papà ha una vestaglia verde, lo sai perché?”
    Silenzio. Neville riflette.
    “No” dice alla fine.
    “Perché anche il verde è il colore del Natale. Guarda” e indica le ghirlande che adornano il bancone. Hanno foglie verdi e bacche rosse. Sono belle. “La tua mamma e il tuo papà, così come i colori delle loro vestaglie, non possono stare bene l’uno senza l’altro” dice Augusta.
    Neville osserva le ghirlande.
    L’infermiera torna indietro con un cesto regalo. Dentro ci sono tante cose carine. Neville nota dei bastoncini di zucchero.
    “Cosa sono quelli, nonna?”
    “Sono dei bastoncini di zucchero”
    “Sono belli”
    “Lo so. E sono anche buoni. La mamma li adorava”.
    Si accorge di aver fatto un errore.
    “Adora”. Si corregge. “Li adora. E piacciono molto anche al papà”.
    Neville prende il cesto con le manine rosa. Ringrazia l’infermiera.
    Sale le scale con la nonna.
    Arrivato nella stanza, si siede in mezzo ai due letti.
    “Buon Natale, mamma” dice timidamente. “Buon Natale, papà”.
    Mamma e papà non rispondono. Neville non è troppo triste perché ci è abituato. Vuole bene alla sua mamma ed al suo papà, anche se non parlano tanto.
    In poco tempo, è già ora di andare. Augusta sta parlando con un uomo alto in camice verde lime. Neville si avvicina ai genitori e posa sui loro letti tutti i suoi bastoncini di zucchero.
    I suoi genitori non fanno niente. Neville non è ancora troppo triste.  
    Si avvicina a sua mamma e le mette un bastoncino in mano. “Buon Natale, mamma” ripete. Lei lo guarda.
    Si fruga nelle tasche. Tira fuori una carta di caramella. E’ la primissima volta che succede.
    Porge l’involucro stropicciato al suo bambino, e sorride.
    Augusta smette di parlare col medico e osserva in silenzio. Anche il papà di Neville si sta frugando le tasche. La plastica fruscia nelle sue mani, e poi in quelle di Neville.
    Augusta piange in silenzio. Neville sorride.

    Opaleye
    Opzioni scelte: 1c, 2b, 3a (ma volendo anche b)

    La leggenda di Nicolas

    Nicolas (per gli amici Nick) stava diventando vecchio. E non “vecchio dentro” come alcuni giratempini, lui era vecchio per davvero, dentro e fuori. Lo vedeva la mattina quando lo specchio gli restituiva l’immagine di un volto pieno di rughe e contornato da lunghi capelli bianchi. Lo sentiva quando doveva alzarsi dalla sedia e la schiena gli doleva o quando faticava persino a salire le scale senza magia.  
    Ma con l’avanzare dell’età, si sa, si diventa anche più esperti e lui, in effetti, era un mago coi fiocchi. La sua bacchetta di abete gli era sempre rimasta fedele fin da quando, da ragazzino, l’aveva acquistata per 4 galeoni  (i prezzi lievitano); ma ormai erano tre anni che non lavorava, per la precisione tre anni e quattro mesi, da quando aveva lasciato il suo lavoro più amato anche se non il più redditizio, quello di commerciante di gelati a Diagon Alley . In particolare aveva sempre aspettato con trepidazione il periodo di fine estate, in cui metà Hogwarts lo veniva a cercare per rinfrescarsi con la dolce pausa regalata da quelle sue speciali palline colorate.
    Ma torniamo a noi. Ebbene, Nicolas si annoiava. Qualcosa doveva pur fare della sua vita. E fu così che decise di viaggiare. Ma non essendo abbastanza agile per la scopa (anche se da studente era un asso del Quidditch, come ci tiene a precisare), acquistò un tappeto volante.
    Era un tappeto di lana multicolore con funzione invisibilità incorporata, che faceva davvero un gran figurone. E poi era il modello con la picchiata più veloce di tutti, particolare che maggiormente contribuì a farlo sentire il mago più in di tutti i tempi.
    A bordo del suo tappeto ebbe occasione di vedere i luoghi più disparati e quando uno di essi  lo intrigava particolarmente scendeva a terra per visitarlo.
    Un giorno vide dall’alto qualcosa che lo meravigliò non poco, un villaggio di babbani completamente devastato. Da terra si alzavano fumo e polvere e molte case erano distrutte. Nick scese lentamente con il tappeto per guardare più da vicino e non tardò ad accorgersi che gli abitanti del villaggio erano disperati, avevano evidentemente perso tutto. Parcheggiò il tappeto accanto a un muro e fece un giro per le strade, tutto intorno a lui c’erano persone che chiedevano aiuto. Nick era esterrefatto, e si guardava in giro senza credere ai suoi occhi, non aveva mai visto niente del genere.
    Dopo pochi passi vide una bambina, avrà avuto sì e no quattro anni, tenuta per mano da un signore anziano. La bimba piangeva disperata e si stringeva forte al nonno. Nicolas si avvicinò e le chiese se poteva essere d’aiuto. Lei lo guardò ma seguitò a piangere senza sosta. Nick apprese dal signore anziano che entrambi i genitori della piccola erano morti. Non fece altre domande, ormai non gli importava più sapere cosa fosse accaduto al villaggio, non vedeva altro che gli occhi di quella bimba, gonfi di lacrime e non sentiva altro che le sue urla sconsolate. Se solo fosse stato possibile, se solo avesse potuto riportarle i suoi genitori, se solo non fossero esistite eccezioni alla legge di Gamp.
    Nick era profondamente scosso, doveva fare qualcosa… si guardò attorno e vide dei rametti. Tirò fuori la bacchetta e improvvisò: sistemò un paio di rametti conferendo loro la forma più consona e li legò insieme, poi evocò un foglio di carta colorata molto sottile, qualche altro piccolo ritocco e dopo meno di un minuto aveva creato il primo aquilone. Lo diede alla bambina dicendo “posso fare poco per te, ma spero tu possa presto tornare felice e volare con la fantasia come questo mio piccolo dono”. La bambina non smise di piangere, ma gli indirizzò un debole sorriso. La luce che vide nei suoi occhi non la dimenticò mai.
    Subito dopo Nicolas lavorò per ricostruire le case di quella gente. Quando ebbe finito fece apparire delle lucine colorate che appese per le strade del villaggio sperando di aver contribuito a riportare la luce nelle vite di quei babbani. Infine, in tarda serata, tornò al suo tappeto e si rimise in viaggio. Mentre si alzava in volo il villaggio aveva un aspetto completamente diverso, con tutti quei colori che brillavano nella notte.
    Nick ripensò per tutto il giorno seguente alla sua esperienza e in particolare a quella bambina e al regalo che le aveva fatto. Pensò che solo facendo regali si sarebbe potuto sentire veramente realizzato.
    Penso che già avrete capito dove questa storia andrà a parare. Nick si trasferì al Polo Nord (aveva sempre mal sopportato il caldo) e fondò un’immensa fabbrica di regali per bambini. Lavorava alacremente per tutto l’anno, sempre con la sua fedele bacchetta di abete e grazie all’aiuto di diversi elfi domestici (ai quali comunque pagava un discreto salario), in modo che la sera del ventiquattro di Dicembre tutto fosse pronto. Faceva questo senza guadagnarci nulla se non un grande senso di realizzazione. E ogni Vigilia di Natale offriva uno zuccotto di zucca alle sue renne chiamandole per nome e accarezzando loro il muso in mezzo alle corna. “Siete pronte per stanotte?” diceva “sarà molto faticoso ma ne varrà la pena”

    CloakJinx159
    Opzioni: a, a, a


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    Anonymous ha risposto 5 anni, 9 mesi fa 0 Mago · 0 Risposte
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