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Elaborati di Novembre
Ciao ragazze
Solito post dove copio gli elaborati arrivati a Madama Pince 😀
Herm :*GinevraLovegood
Ho scelto tutte e 3 le opzioni C.
Nota da leggere alla fine:
Il protagonista è chiaramente George Weasley. Quindi il racconto rispetta le varie opzioni perché Fred è stato ucciso, anche se non ho descritto il momento, George è un personaggio originale della Rowling, e lo specchio ha un ruolo centrale nella storia.
A presto!
Prima era facile guardarsi allo specchio.
Prima era facile vedere due riflessi sorridere.
Darlo per scontato.
Semplice. Normale.
Giorno dopo giorno.
Anno dopo anno.
I nostri vestiti simili, i nostri volti contratti in risate segrete.
I nostri tentativi di spacciarci l’uno per l’altro. Indivisibili, parte di un una sola entità non separabile.
Ora c’è un solo riflesso e non sorride.
Ora ogni cosa di me non sono più io.
Ti vedo e non sorridi più. Mi guardi smunto, disilluso.
Prima era facile guardarsi allo specchio. Ma ora sei morto odio essere uguale a te. Ed è la prima volta.
Odio vedere i miei capelli, così simili ai tuoi.
E le mie gambe lunghe, così simili alle tue.
E i miei vestiti, e le mie espressioni, e le mie idee, e tutto quello credevo di aver fatto, niente esiste più ora che tu non esisti più. Niente ha più significato.
Ti chiedo scusa, Fred, ma questo specchio non può più stare qui con me.
Ti chiedo scusa, ma non posso permettermi di vederti ogni giorno e poi di realizzare che sto semplicemente vedendo me stesso.DeaDelTempo
Ecco le categorie. 1 A 2C 3BL'attesa
In quel giorno lo vidi. E lui mi vide.
E, probabilmente, quello fu amore a prima vista.
Io, che non mi ero mai fidata di nessuno di loro. E che pensavo di poter essere totalmente indipendente.
I suoi occhi azzurro cielo mi guardarono e mi scelsero.
Non ci misi molto a capire che ogni giorno lo avrei voluto aspettare sul ciglio della strada dopo l'uscita da quella porta di vetro scorrevole e scricchiolante.
Avevo visto molte persone uscire da quel edificio, ma lui aveva un che di particolare.
Aveva un'espressione totalmente pura. Ma c'era dell'altro. Volevo conoscerlo e sapere
Dopo una settimana lui si avvicinò, mi abbracciò, e con calde parole, mi portò a casa sua. Noon era molto lontana, e tra le sue braccia mi sentivo calda e al sicuro, come mai ero stata nella mia vita di stenti e pura sopravvivenza.
Lui era forte.
Davvero? Forse no, o forse troppo. La vita a volte dà sberle che non possono essere mai guarite.
La sua casa era accogliente. Grande, luminosa. Amavo il suo caminetto, il sorriso di lui che sembrava contagiare l'intero ambiente.
Ma gli ambienti in cui passavamo più tempo assieme erano due.
Una camera. E una sala con un grosso specchio.
Così lui lo chiamava. Specchio, con quel suo vocione profondo.
La camera era triste, e al suo interno c'era una persona che per lui doveva essere importante.
“Mamma”. Io non sapevo come fosse averla, l'avevo persa da molto giovane. MA suppongo che l'amore materno sia insostituibile. Non esiste niente al di sopra di un legame mamma-figlio. Io non lo avevo mai avuto.
La “Mamma” non si alzava più dalla posizione sdraiata, sapevo che era molto anziana. e lui passava ore al suo fianco. Io su di lui.Il suo sguardo si rabbuiava ogni volta non appena stava con lei. Fino a quando non andava fuori casa, di nuovo, alla stessa ora, ogni giorno.
E io aspettavo lui, il suo passo pesante. E la sera.
Alla sera, infatti, passavamo il tempo nella sala.
Lui si guardava costantemente allo specchio.
“Lo sai Azusa” Mi diceva “perchè c'è questo specchio in questa stanza vuota?” Un giorno mi disse.
Lo guardai e mi guardai.
“Mia mamma lo mise qui perchè diceva che mi avrebbe insegnato una lezione. Solo dopo 50 anni credo di averla capita”
Silenzio. Lo guardavo attraverso la lastra lucente.
“Azusa, questa stanza rappresenta l'essere umano. La sua vera intimità. E la sua solitudine. In uomo non c'è niente, se non sè stesso e i suoi pensieri, anche quando è in compagnia. Mia mamma mi ha insegnato a stare da solo. Come te, Azusa.”
Dopo qualche girata di pagine di un libretto chiamato calendario, la “Mamma” passò a miglior vita.
Lui non sembrò più lo stesso, e si richiuse come un riccio in se stesso.
Non mangiava, non dormiva, non usciva più di casa. Non premeva il tasto dell'aggeggio che suonava e non lo usava contro l'orecchio per parlare. Non rispondeva al suono sopra la porta di casa. In casa non c'era più nessuno se non io e lui.
Ma una mattina rimasi solo io, in quella casa.
Lui se ne era andato. Pensai che fosse per un po'.
Non tornò mai. Mi parve di vedere una volta una suo ritratto su un fascicolo di carta scritto che mettevano sotto la porta ogni gioro. Ma non ci vedevo bene da vicino, e non sapevo leggere come loro.
Continuavo a passare molto tempo davanti allo specchio a guardarmi.
Lui aveva ragione, o quasi.
Non sono solo gli uomini ad essere soli. Sono tutti gli esseri viventi.
I miei occhi verdi si spengono sempre di più. Sono sola.
Forse significa questo la morte. Contare su qualcuno e non averlo più con te.
Pensare di camminare sempre al suo fianco, ma dopo poco il suo fianco non c'è più.
La morte non ha conseguenze personali. Le ha su tutti gli altri che circondano l'essere morto.
Accoccolai il mio muso sulle zampe anteriori. Il mio naso non era più bagnato.
Mi guardai allo specchio. Non c'era niente da guardare. Che speranze? La “Mamma” era andata, e lui con lei.
A me non restava altro che aspettarli.
Null'altro che la mia immagine nello specchio mi avrebbe tenuto compagnia.
Anche a me lo specchio aveva insegnato cosa significa essere da sola con me stessa. Ero grata allo specchio.
Chiusi gli occhi, aspettando che la mano di lui mi grattasse presto un orecchio.
Ma non successe mai nulla.SARAH
CATEGORIA 1
Opzione C
CATEGORIA 2
Opzione C
CATEGORIA 3
Opzione AEra morto. Stava osservando dal cielo i parenti che disperati guardavano il suo corpo inerte steso sul letto.
– “che cosa stupida” pensò lui “piangere un corpo privo di vita…”
Lui non avrebbe pianto se fosse morto qualcuno, no per niente: si sarebbe dispiaciuto, questo si; ma piangere era assurdo, muore un sacco di gente al giorno d'oggi…
Si ricordava di quando erano morti i genitori: lui non aveva versato nemmeno una lacrima, mentre i fratelli avevano pianto a dirotto per una settimana di fila.
– “quanto ci metteranno a capire che sono stato assassinato?” chiese sbuffando irritato tra se e se. Ed era vero, non poteva essere morto così, all'età di 31 anni.
Non sapeva chi era stato, ma quella notte, quella fatidica notte, era stato ucciso, ed era sicuro che lo avevano finito con una bacchetta magica. Già, lui era un mago, ma quei Babbani laggiù non potevano capirlo. Rammentava alla perfezione quel momento…..
– «buonanotte Dave» gli aveva detto sorridendo la moglie Katrina, posando la consueta tazza di camomilla sul comodino.
– «grazie» aveva risposto lui stiracchiandosi sul letto, mentre la moglie si allontanava. Aveva bevuto la tazza e si era gettato con un sospiro sul cuscino, addormentandosi all'istante.
Ricordava il dolore lancinante che lo aveva svegliato nel cuore della notte mentre tutti dormivano. Aveva cercato di urlare ma gli mancava la voce. Poi… Il nero, il buio totale.
Aveva volato, lasciando il suo corpo sul letto, era passato per tutta la Via Lattea, e si era fermato su Nettuno, dove rimanevano tutte le anime morte. Era una leggenda che gli raccontava il nonno prima di dormire avanti al camino. Anche lui era un mago… Lui lo avrebbe capito…– «ancora nonno» diceva Dave prendendo l'anziano signore per la manica.
– «d'accordo» diceva lui sorridendo e schiarendosi la voce «tanto tempo fa, esisteva un gigante immortale, che era innamorato di una ragazza, che però non era immortale. Si conobbero, lei si innamorò di lui, e vissero una bella vita. Quando lei cominciò a invecchiare, il gigante si rese conto che non essendo immortale sarebbe morta prima o poi, così chiese ai maghi di aiutarlo, e loro prepararono una pozione che permetteva di dare la vita eterna. Il gigante la diede all'innamorata che la bevve, rivelando il suo spirito malvagio e lo lasciò su Nettuno dove lui, tutt'ora, controlla i morti…– “Che nostalgia…..” Pensava Dave su Nettuno.
Ora stavano cercando le prove. Come si chiamavano? I pazzilotti? O puliziotti?
Che stupidi, la maledizione Avada Kedavra non lasciava tracce, nemmeno i suoi parenti erano maghi, perciò non sapevano nulla. Non gli aveva mai rivelato la sua vera natura…
Ecco, lo sapeva, sarebbe rimasto un mistero irrisolto…. I pazzilotti avevano rinunciato….
Nessuno avrebbe mai saputo la verità…
La verità…
Lo poteva ammettere ora… Era un criminale, si… Aveva ucciso anche lui con l'Avada Kedavra, se l'avessero saputo quelli laggiù la sua morte non gli sarebbe dispiaciuta più di tanto…..
Ma per scoprire qualcosa avrebbero dovuto guardare nello specchio…
Si girò ad osservarlo dall'alto: sembrava un normale specchio ma nascondeva qualcosa. L'aveva comprato da Magie Sinister molti anni prima, per capire se qualcuno mentiva, per spiare le persone. Molte sue malefatte mai scoperte erano state fatte in particolar modo grazie a quello specchio, con il quale scopriva tutto sulle persone… Bastava dire una parola: “svelare” e si attivava. Era ovvio che non l'avrebbero detta, si disse Dave, nessuno era così intelligente….Ma aveva torto….
SCOPERTO UNO STRANO OGGETTO
L'altro giorno come tutti sappiamo, c'è stata una morte improvvisa, di un nostro concittadino, Dave Taylor. I parenti avevano dato per scontato il fatto che fosse stato ucciso, data la sua età, ma non erano stati trovati segni di un assassinio, come se era stato ucciso senza armi, cosa impossibile ovviamente.
Ma assumendo un detective i Taylor hanno scoperto uno specchio molto strano che non rifletteva l'immagine ma mostrava molte cose, appena tu dicevi cosa volevi vedere. Hanno chiesto di vedere la morte di Dave ed è apparso lui che dormiva quando è venuto un uomo con una stecchetta in mano creare una luce verde ed andarsene. Gli studiosi stanno ancora cercando di capire come ha fatto quella luce ad uccidere una persona, ma ora noi ci chiediamo come mai Dave aveva uno strumento del genere in casa, e come esso funzioni…
“L'hanno scoperto che sono un assassino” disse tra se e se Dave irritato. Infatti i parenti avevano visto altre immagini nello specchio dove lui uccideva gente “ora non mi resta più niente” pensò. Cominciava a pentirsi di come aveva gestito la sua vita. “Proprio niente”…U.N.Owen
UNA GIORNATA D’ESTATE
Era una calda giornata d’estate quando Simus, non appena era arrivato davanti alla casa del suo amico Dean, capì che c’era qualcosa che non andava. Innanzi tutto il cancello era aperto, e questo non era affatto da D, lui era un tipo ordinatissimo e se l’ospite non lo chiudeva guai per lui…! E poi il suo amico non era fuori in giardino a crogiolarsi al sole, visto che adorava entrare in simbiosi con la sdraio da quante ore passava seduto.
Quindi il ragazzo si precipitò in casa con la bacchetta in mano e spalancò la porta, e quello che vide gli fece tirare un urlo. Dean era legato ad una sedia con polsi sanguinanti, il volto tumefatto e mezzo morto. Davanti a lui c’era una persona che non avrebbe mai più pensato di dover ricordare il nome. Scabior.
“Ma com’è possibile?!” pensò Simus e poi disse -Ma tu sei morto!-.
L’uomo sogghignò e replicò con tono beffardo -Beh, questa non è una delle migliori accoglienze che io abbia ricevuto…-
Ma non fece in tempo a finire la frase che il ragazzo aveva già scagliato un incantesimo, bombarda maxima. L’altro però si spostò velocemente e così andò in mille pezzi uno specchio che si trovava sulla parete dietro di lui.-Ehi, ragazzino, vacci piano, puoi farti male-
-Non chiamarmi ragazzino!! E poi tu che ci fai qui?!- sbraitò Finnigan
-Sai, devi sapere che quella sera sul ponte, la sera della battaglia, non sono caduto. O per lo meno, sono caduto, ma un mangiamorte mi ha preso durante la caduta e mi ha materializzato nella Foresta proibita. Non so neanche chi sia stato. Per un periodo ho gironzolato in giro, nutrendomi di selvaggina, poi sono andato in Norvegia, così da perdere le tracce, e adesso sono venuto a saldare il conto con il nostro amico Thomas- e alzò la bacchetta. Ma Simus lo precedette e urlò -EXPELLIARMUS!- e la bacchetta del mago oscuro volò via.
-Cosa credi? Di fermarmi con uno stupido incantesimo?- e fin che diceva questo si chinò, e raccolse un grosso pezzo di specchio.
-Simus, abbi coraggio-. Un sussurro. Una frase appena udibile. Il ragazzo si girò all’improvviso verso il suo amico tramortito e lo vide con il viso sollevato, gli occhi stanchi e le labbra sanguinanti. –Simus, sei il mio migliore amico- e poi niente. Scabior gli aveva piantato quella sua arma rudimentale nello stomaco.
-DEAN! NOO!!- Finnigan si gettò sull’amico e con il viso rigato dalle lacrime lo strinse forte a sé –No, no, no, no… Non abbandonarmi amico mio, ti prego. Non abbandonarmi…-. Ma ormai era troppo tardi. Il cuore del ragazzo si era fermato. Il suo spirito l’aveva abbandonato, insieme ad un pezzo di Simus che non sarebbe mai più tornato indietro.
E in quel momento di tristezza infinita, sentì qualcuno che si smaterializzava nella stanza e subito dopo un lampo di luce verde invase la stanza. Poi un tonfo a terra. Erano arrivati gli Auror, e avevano ucciso il ghermidore. Il ragazzo li aveva chiamati non appena aveva notato che c’era qualcosa che non andava. Ma era troppo tardi. Troppo tardi. Il suo migliore amico lo aveva lasciato, Scabior aveva vinto.
UNA SETTIMANA DOPO.
Simus continuava a piangere. Pianse quando portarono via il corpo dell’amico sotto un telo bianco, pianse quando tornò a casa, pianse fino a quando non si addormentò, e lo stesso fece per giorni e giorni. Si alzava, e piangeva. Non mangiava, anzi, si nutriva delle proprie lacrime salate. Andava a letto piangendo. Piangeva a tutti i bei momenti vissuti e a quelli che avrebbero dovuto vivere.
Anche adesso che era davanti alla bara di Dean piangeva. Era dalla mattina che era là davanti e nessuno era riuscito a farlo muovere. C’aveva provato sua madre, i suoi amici d’infanzia Harry e Ron, ma niente. Lui fissava il bellissimo viso dell’amico, e voleva imprimersi nella mente ogni minimo dettaglio, anche se non ce n’era bisogno. Quando il prete arrivò, seguì la bara fino a quando non la seppellirono. E le lacrime non avevano smesso di scendere.
Tornò a casa. Non nella sua, ma in quella dove si era consumato l’omicidio. A terra c’erano ancora dei frammenti di specchio. Ne raccolse uno, lo fissò, se lo rigirò tra le mani, e poi, con un taglio veloce ma profondo, si recise le vene del polso. Per lui, ormai, non aveva più senso vivere. Il suo unico grande amore se ne era andato, ed era arrivato il momento per lui di raggiungerlo.
Ancora nessuna risposta. Inizi tu?
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